Omelia funerali don Giacomo Pasero

Funerale di Don Giacomo Pasero
Rom 14, 7-9; Mt 5, 1-11
La liturgia della parola di quest’oggi ci ha ricordato che nessuno di noi vive per se stesso. Non viviamo da soli e non moriamo da soli, viviamo per gli altri e per il Signore, moriamo per gli altri e per il Signore. E il Signore ci farà rivivere, risorgere: questo è il senso della nostra liturgia, questa nostra strana liturgia cristiana per la quale le cose non sono esattamente come sembrano andare umanamente. Mi stavo domandando, come Vescovo, se dovevo considerare il fatto che ho un sacerdote in meno oppure no. Umanamente devo dire di sì; facciamo le statistiche: nella Diocesi di Alessandria c’è un sacerdote di meno. Uno potrebbe dire: “Ma era malato”. La domanda che mi ha attanagliato, quando ho saputo della morte di don Giacomo, riguarda il mistero che è la vita: chissà che significato ha avuto questa malattia per lui che era sacerdote. Perché, vedete, noi agiamo su un piano soprannaturale che è diverso da quello visibile, e nel quale le cose assumono un’altra colorazione, un’altra connotazione e quasi si capovolgono. Mi ricordo come rimasi stupito quando sentii un missionario africano, tornato a casa per malattia, dirmi: “Sai, ci ho pensato molto e sono convinto di aver fatto di più, per i miei africani, in quest’anno di malattia, che in quarant’anni di missione”. Non potrò mai dimenticare questa frase del missionario che si era speso con generosità lasciando tutto, andando in Africa, servendo gente povera, bisognosa di tutto e, in primis, dell’annuncio cristiano. La morte e la vita non sono un affare privato, e credo che un sacerdote, con la sua presenza e con il fatto che un giorno ha scelto di dedicare la vita al Signore, ci richiami costantemente a questo. Nel Vangelo abbiamo ascoltato le beatitudini; quante volte don Giacomo le avrà lette e le avrà commentate! Questa pagina, oggi, chiude nella liturgia delle esequie la sua vita terrena; questa pagina che, con le sue contraddizioni fatichiamo a comprendere. Le abbiamo ascoltate, il diacono non ha detto: “Poveretti quelli che piangono, saranno consolati”. Ha detto: “Beati quelli che piangono”. Non ha detto: “Poveretti se siete perseguitati a causa del vangelo, abbiate pazienza e sopportate, poi avrete una grande ricompensa nei cieli”. Non so perché psicologicamente abbiamo ridotto il Vangelo e questa pagina delle beatitudini a un processo mentale che non c’entra nulla con il testo e che è scandalosamente provocante; Gesù infatti dice: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi ed esultate – al presente – perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. Questo è lo scandalo del Vangelo, e quanta fatica facciamo a capirlo, soprattutto oggi. Ecco cari fratelli e sorelle, pensavo alla liturgia del cielo che nella colletta ci è stata richiamata: “Adesso ammettilo a celebrare la liturgia del cielo”. Noi non siamo sacerdoti solo su questa terra, poiché il sacerdozio travalica il confine di questa vita e il nostro fratello don Giacomo è sacerdote anche in cielo e partecipa a questa liturgia celeste, una liturgia che esprime la gioia nei confronti di Dio, la gratuità della lode, l’esultanza, la bellezza, la pienezza di felicità, quella felicità che noi andiamo inseguendo e mendicando a brandelli nel corso di questa vita; questa felicità così grande che non si riesce ad esprimere né con un salto, né con una capriola, né con un grido di esultanza, ma solo in un modo pieno nella liturgia celeste; una esultanza allo stato grande e massimo. Chiediamo al Signore che questo nostro fratello possa essere accolto a celebrare la liturgia del cielo; e, visto che crediamo in questa continuità del sacerdozio, gli chiediamo anche che interceda per noi, perché questa pagina del vangelo che abbiamo ascoltato nel giorno del suo funerale, diventi viva alle nostre orecchie, alle nostre menti e ai nostri cuori e possiamo capire questo scandaloso annunzio di Cristo dato nel vangelo delle beatitudini. Vogliamo perciò continuare nella nostra liturgia presentando al Signore il nostro fratello don Giacomo con tutti i difetti e le colpe di cui vuole e deve chiedere perdono; vogliamo intercedere per lui perché purificato in pienezza possa godere della vita eterna nel cielo. La Vergine Maria, nostra Madre e Signora, interceda per tutti noi perché viviamo questa liturgia in piena comunione con la gioia e la bellezza della liturgia del cielo.
Sia lodato Gesù Cristo.