Omelia 1° Pontificale Salve

Pontificale della Salve
At 2, 14.22-28; 1Pt 1, 17-21; Lc 24, 13-35
Carissimi fratelli e sorelle, abbiamo ascoltato, nella prima lettura, la prima omelia della storia della Chiesa; San Pietro, nel giorno di Pentecoste, si rivolge alla folla che si era radunata di fronte al Cenacolo; tutti avevano sentito questo “fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso”, un rumore oggettivo tanto che molte persone erano accorse. Di fronte a tutta questa gente, Pietro e gli apostoli, usciti fuori dal cenacolo, parlano in tutte le lingue alle persone radunate; erano giunte da paesi molto lontani per la festa a Gerusalemme, e tutti capivano nella propria lingua. Era necessaria una spiegazione e Pietro così parla: “Cristo non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione; questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio, dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso come voi stessi potete vedere e udire”. San Pietro dice che Gesù è risuscitato dai morti ed è vivo; e nella sua lettera, che noi abbiamo ascoltato come seconda lettura, dice: “Voi, per opera di Gesù, credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio”: per Pietro è centrale che crediamo in Dio che ha risuscitato dai morti Gesù. Purtroppo la nostra vita cristiana, a volte, è delusa. Ieri il Papa ha parlato delle “parrocchie stanche, delle parrocchie che non evangelizzavano”. Perché sono stanche le parrocchie? Perché dormono poco, o perché dormono troppo? Noi solitamente ci stanchiamo quando dormiamo poco, ma le nostre parrocchie si stancano perché dormono troppo. In realtà non è un vero sonno, ma una roba da sonnambuli, una specie di dormiveglia. Anche noi, come i due discepoli di Emmaus, viviamo la stessa esperienza. I discepoli di Emmaus se ne tornavano a casa tristi; avevano sentito parlare di Gesù risorto, avevano sentito delle persone che lo avevano visto, e che cosa hanno pensato? Vaneggiamenti di donne! Beati loro che hanno avuto il coraggio di dirlo, perché noi non ce lo diciamo e non abbiamo il coraggio di pensarci seriamente. È questo quello che ci ammazza cari fratelli e sorelle: la fede, il punto centrale del cristianesimo è che Gesù è risorto, Gesù è vivo oggi, Gesù adesso è qua anche se non lo vediamo; il Signore Gesù, colui che ha fatto tutti i miracoli, colui che ha risuscitato i morti, colui che ha ridato la vista ai ciechi, colui che ha sanato i lebbrosi, colui che ha guarito gli storpi, colui che ha fatto camminare i paralitici, quel medesimo Gesù è vivo oggi, è qui tra noi adesso, in questa celebrazione, anche se non lo possiamo vedere. Questo è il punto centrale della nostra fede. Quando noi, per bontà non per cattiveria, diciamo: “Sento proprio che questa fede cristiana mi corrisponde; sento che è qualcosa che predica il bene, che dice di non uccidere mai, che dice di porgere l’altra guancia; quando capisco che un mondo così costruito è un mondo che funziona, allora voglio credere perché ho delle buone ragioni per credere”. Mi si è sempre accapponata la pelle quando sentivo certe affermazioni di persone che dicevano: “Io credo in Dio perché così si vive meglio, a prescindere dal fatto che Gesù sia risorto o meno; visto che così si vive meglio scelgo di essere cristiano”. Cari fratelli e sorelle, se abbiamo bisogno di questi sussidi psicologici tipo training autogeno, autosuggestioni e altro, lasciate perdere il cristianesimo, perché il Signore abbandona le persone che prendono il cristianesimo come una specie di training autogeno per vivere; il Signore non può fare grazie a queste persone, e queste non possono sperimentare la bellezza di essere cristiani. Dobbiamo avere il coraggio di chiederci seriamente se Gesù è vivo oggi. Ieri mi sono divertito a mettere un po’ di dubbi nei bambini della cresima. Ho detto loro: “Cari ragazzi, questa vicenda dei discepoli di Emmaus che non riconoscono Gesù, non vi sembra un po’ strana? Se il vostro parroco morisse e poi risuscitasse, siccome l’abbiamo visto centinaia di volte, vedendolo camminare al vostro fianco, lo riconoscereste immediatamente”. Gesù parla ai due discepoli, fanno tutto un viaggio insieme, lo invitano a cena e, solo durante questa, si accorgono che è lui. Prima ancora Maria di Magdala non lo riconosce e crede che sia il custode del giardino. Ma come ha trascorso tanto tempo con Gesù, e crede che sia il custode del giardino? Anche gli apostoli, quando lo vedono, pensano che sia un fantasma. Allora la domanda: “Ma Gesù è resuscitato sul serio oppure c’era uno che gli somigliava e l’hanno scambiato per Gesù?”. Gesù in riva al lago chiede ai discepoli: “Figlioli avete qualcosa da mangiare?”. “No non abbiamo preso nulla”. “Gettate la rete dalla parte destra della barca”. Hanno trascorso insieme tre anni, hanno vissuto insieme per tanto tempo e non l’hanno riconosciuto? Se viviamo con una persona per tre anni, non abbiamo problemi a riconoscerla. E allora, è tutto falso? Potrebbe sembrare così. Dobbiamo avere il coraggio di porci questa domanda. Ma c’è una risposta. Immaginiamo che sia tutto finto; occorre reclutare un sosia che si presenti agli apostoli, li inganni e gli faccia credere che è risuscitato dai morti mentre non è vero. Ma nasce un problema: questo sosia aveva i buchi, era sforacchiato nelle mani, nei piedi e nel costato. Come facciamo a sforacchiare una persona, con un buco nel quale ci si infila un dito, con una ferita nel costato dove si può introdurre una mano, senza che sanguini e senza farla morire? È possibile preparare un simile sosia in tre giorni? Non ce la faremmo mai. Gesù non si fa riconoscere perché vuole essere riconosciuto, non più come si faceva prima dall’aspetto fisico, ma attraverso la vista della fede, e si tiene nascosto a chi non lo guarda con gli occhi della fede. Se Gesù si mostrasse vivo oggi, qua in questa celebrazione liturgica, tutti saremmo costretti a credere; non sarebbe più fede ma constatazione: lo tocchiamo e lo vediamo. Dove finisce la nostra libertà? Il nostro non sarebbe più un rapporto da figli, ma da schiavi, perché alla fine saremmo costretti ad ammettere che se non lo seguiamo finiamo all’inferno. Il rapporto con Dio non sarebbe più una storia d’amore. Vedete fratelli e sorelle, il Signore ci aiuta ad andare nella direzione giusta, cioè ad instaurare un rapporto d’amore con lui. La Chiesa stanca, le parrocchie stanche appartengono a quelle persone che hanno solo sentito parlare della risurrezione di Gesù. Se i due discepoli di Emmaus avessero creduto nella risurrezione, non sarebbero andati via da Gerusalemme, tant’è vero che, come scoprono che Gesù è vivo, ritornano velocemente a Gerusalemme; si fanno sei chilometri di corsa dopo averli percorsi al contrario. La direzione di marcia è indicativa: questi vanno via da Gerusalemme, la città santa, e quando Gesù chiede loro: “Come mai?”, si fermarono con il volto triste. Sono cristiani tristi, credono in Gesù ma sono tristi, di fatto non credono nella sua risurrezione. Se si stanno allontanando dalla città santa, stanno camminando lontani da Dio, pur avendo seguito Gesù. Siamo noi, fratelli e sorelle, siamo noi tutte le volte in cui la presenza viva di Gesù non è esplicita e chiara in tutte le cose della nostra vita. Tante volte diciamo che crediamo nel Signore, e poi ci comportiamo come se non ci fosse e, con nonchalance e tranquillità, smentiamo la nostra fede. Ecco il punto: se incontriamo Gesù vivo, la nostra vita svolta completamente e andiamo nella direzione opposta. Questo è quello che dobbiamo fare, cari fratelli e sorelle: incontrare Gesù vivo perché c’è, è risorto. E dove lo incontriamo? Dove si dice che si incontra Gesù nel Nuovo Testamento? Prima di tutto nella celebrazione eucaristica, la presenza più forte di Gesù nella Chiesa. Gesù ci dice: “Questo è il mio corpo; questo è il calice del mio sangue versato per voi”. Poi lo dice dell’assemblea dei fratelli riuniti insieme: “Se due o tre sono riuniti nel mio nome, sono in mezzo a loro”; nella misura in cui ci riuniamo nel nome di Gesù, Gesù è in mezzo a noi, ma dobbiamo essere una comunità. In questi giorni abbiamo sentito, leggendo gli Atti degli Apostoli, che la comunità è formata da coloro che si riuniscono “concordi nell’insegnamento degli apostoli, nella preghiera, nella frazione del pane”; si vogliono bene mentre noi a volte non ci salutiamo nemmeno. Come possiamo essere una comunità se nemmeno ci salutiamo? Troppe volte ho sentito persone che dicevano: “Non andiamo in chiesa perché c’è gente che si veste bene per apparire migliore degli altri”. Non andate in chiesa perché giudicate, questa è la verità; non andate in chiesa perché non sapete amare, diversamente che vi importa? C’è Gesù, quindi non pensate ai difetti degli altri, non ne avete abbastanza dei vostri? Gesù ci chiede questa svolta: la presenza nei sacramenti, in modo particolare eucaristia e riconciliazione; presenza nella comunità, ma non una comunità semplicemente di persone che si incontrano nello stesso luogo; e infine accanto ai poveri, “ogni volta che avete fatto queste cose a questi fratelli più piccoli l’avete fatto a me”. Mi raccomando i poveri. Non scaricatevi la coscienza con una banale elemosina, cercate di seguire i poveri seriamente, parlate loro, guardate dove sono sul territorio; oggi c’è anche il business dell’accattonaggio, questi fanno la raccolta dei soldi, mentre i poveri veri stanno zitti, perché si vergognano. Cerchiamo di seguire i poveri che hanno bisogno e oggi, ad Alessandria, ci sono persone che nel silenzio stanno patendo. Sacramenti, comunità, poveri, preghiera. Credo che la Madonna, che in questi giorni preghiamo in modo particolare, ci aiuti grandemente ad incontrare Gesù; noi sentiamo vicina la Madonna perché è la nostra mamma. I primi giorni di pontificato di Papa Francesco ho chiesto a Mons. Guido Marini, il cerimoniere del Santo Padre: “Don Guido, com’è questo Papa, che mi dici?”. “È una persona straordinaria; sabato sera – ci eravamo incontrati dopo la pentecoste dell’anno scorso – c’è stata la veglia con tutti i movimenti e le associazioni; quando hanno portato in processione la Madonna Salus populi romani, il Papa si è girato verso di me dicendomi: Monsignore mi segua. Andiamo incontro alla Madonna. Il Papa cammina verso la Madonna, e quando arriva nel punto dove ha deciso di aspettare la Madonna, mi dice: È la mamma; con una tenerezza e semplicità grande”. Anche noi siamo qua perché c’è la mamma, è la nostra mamma e la mamma di Gesù; e la mamma di Gesù non manca di presentarci Gesù. Cari fratelli e sorelle, se seguiamo questa mamma, ne vedremo cose grandi, Maria non ha mai deluso; è straordinaria, fa delle cose in credibili, ci vuole bene, seguite Maria e troverete Gesù. È l’augurio che vi faccio con tutto il cuore, perché siate cristiani che sentono Gesù vivo, che sanno intimamente che Gesù è vivo, e non sono tristi, ma gioiosi. E con questo spirito incontriamo Gesù vivo nell’eucaristia; chiediamo a Maria che ci aiuti ad assaporare questa grande grazia in pienezza.
Sia lodato Gesù Cristo.