Omelia S. Messa festa Chiesa locale e ordin. fra Daniele

Festa della Chiesa locale
Ordinazione diaconale di fra’ Daniele
Sap 6, 12-16; 1Ts 4, 13-18; Mt 25, 1-13
Carissimi la festa della Chiesa locale ci vuol far riflettere e meditare sul mistero della Chiesa, un mistero grandissimo; un mistero che è anche divertente perché dal mondo è visto in modo stranissimo. Mi rendo conto, infatti, che agli occhi del mondo siamo strani, perché su si valuta la Chiesa dal visibile, a parte che siamo rovinati, ma sarebbe come valutare la spiritualità di una persona dalla forma del taglio delle unghie: un po’ arduo. La Chiesa è un mistero articolato; è già un mistero il nostro corpo fisico, come è articolato in maniera armoniosa, intelligente e geniale, e non riusciamo ancora a sapere come funziona tutto in noi. Così anche la Chiesa è articolata in un modo splendido dal punto di vista spirituale e noi siamo membra vive di questo corpo che è il corpo di Cristo. È un mistero grandissimo e bellissimo il punto centrale della Chiesa che definisce la spiritualità, l’appartenenza celeste a Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo; ed ecco perché proprio nel momento in cui celebriamo la liturgia, insieme manifestiamo la natura genuina della vera Chiesa. Proprio nella celebrazione liturgica, poiché essa non è semplicemente un insieme di cose che si fanno esteriormente, ma qualcosa di profondo, che si esprime questo legame misterioso, totalizzante ed efficace che ci unisce a Cristo. E attraverso la liturgia, Cristo opera nella Chiesa e agisce nei nostri cuori proprio perché siamo Chiesa. A volte lo dimentichiamo e recitiamo le nostre preghiere per conto nostro, – non che non vadano fatte – ma dimentichiamo che l’azione di Cristo è innanzitutto e primariamente nella Chiesa. E la Chiesa è un mistero, ma un mistero ben definito; ci sfugge ma, nello stesso tempo, ha una struttura chiara. Oggi vengo dalla consacrazione episcopale del nuovo vescovo di Mondovì, mons. Miragoli avvenuta a Lodi; eravamo in dodici vescovi del Piemonte, e dodici di altre diocesi, una bella esperienza di Chiesa, e ho avuto modo di riflettere – oggi è anche il mio quinto anniversario della consacrazione episcopale – su questo mistero della Chiesa: la Chiesa che è scompaginata attraverso la carità, che ne è l’anima essenziale. La carità è la fiamma che deve risplendere dentro la Chiesa, la fiamma che dobbiamo tenere accesa per non trovarci un giorno a non essere riconosciuti dal Signore, a credere di essere suoi amici e trovare lui che ci dice: “Non ti conosco” come abbiamo ascoltato nel vangelo. Gesù infatti ha detto: “Da questo sapranno che siete miei amici, se avrete amore gli uni per gli altri”. Il mistero della Chiesa vive la profonda dimensione dell’amore, un amore forte, radicale. Oggi riflettevo su quanto sia stato strano umanamente il comportamento di Gesù quando ha fondato la Chiesa su Pietro, colui che lo aveva rinnegato. Oggi a Pietro non permetteremmo neppure di diventare vescovo! Gesù lo ha scelto come capo della Chiesa e roccia su cui fondarla. Grazie Signore, che bella la tua misericordia! Quando sceglie Pietro non gli chiede: “Sai ho bisogno di qualcuno che si dedichi al un ministero pastorale”, oppure “Hai attitudine per la relazione con i fratelli”, “Vuoi annunciare il mio vangelo?”. Nulla di tutto questo: “Simone, figlio di Giona, mi ami tu?”. Brutale, strano; non è la prima cosa che penseremmo. Questa settimana nel discernimento comunitario abbiamo proprio meditato la dimensione affettiva della Chiesa, e abbiamo constatato quanto sia forte il comandamento dell’amore, il comandamento principe che Gesù ci ha dato, ed è questo il criterio con cui ha scelto Pietro per essere il fondamento della Chiesa: “Mi ami tu?”. Che mistero la Chiesa, che bel mistero la Chiesa, che bello essere membra vive della Chiesa; che bello capire che siamo chiamati ad amare e siamo chiamati ad avere un corpo che è ben articolato grazie al vincolo dell’amore! Noi non abbiamo tendini, legamenti e muscoli, ma abbiamo l’amore che tiene unito il corpo. È un mistero grande questo! Nella liturgia, nella quale abbiamo uniti la nostra Chiesa terrena con quella celeste, lo sguardo è rivolto all’incontro con il Signore Gesù che è il centro della nostra comunità quaggiù; egli ha promesso di essere in mezzo a noi quando siamo riuniti nel suo nome, e, in modo particolare, nella celebrazione eucaristica si rende presente in corpo, sangue, anima e divinità. Lo stesso Gesù è al centro della liturgia celeste ed è il collegamento tra cielo e terra; è verso di lui che tendiamo perché in lui tutto sarà ricapitolato. Abbiamo ascoltato quello che succederà, con la risurrezione, alla fine dei tempi, quando tutto verrà ricapitolato in Cristo; noi andiamo verso quel punto culminante. La nostra Chiesa, quindi, è chiamata a questo sguardo verso la fine dei tempi, ben sapendo che non conosciamo assolutamente quando verrà, ce lo dice Gesù, lo abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Nessuno sa né il giorno né l’ora”, dobbiamo solo vegliare; ma sappiamo qual è il punto di arrivo da traguardare, oggi, come se fosse l’ultimo giorno della nostra vita: Gesù il centro. La Chiesa si articola mediante l’amore, l’amore del Padre verso il Figlio e del Figlio verso il Padre, lo Spirito Santo che è l’amore donato agli uomini in virtù della redenzione; la Chiesa si articola, quindi, mediante l’amore per essere corpo di Cristo a gloria del Padre. Siamo dentro a questo mistero e per poter fare ciò che il Signore ci chiama a fare dobbiamo amarci, amarci tutti diversi, senza pretendere che l’altro diventi come piacerebbe che fosse, amarci con i nostri limiti, senza paura dei nostri difetti. Amarci. Ecco fra’ Daniele, sei chiamato a entrare in una configurazione ben particolare questa sera, quella del diacono, cioè del servo, ministro ordinato della Chiesa. È un ministero bellissimo. Che cosa dovrai fare? Amare: è il compito più bello di tutti, ricordando che Gesù ci ha amati facendo il servo di tutti. La diaconia è il servizio. Noi che abbiamo ricevuto il sacramento dell’ordine anche nel secondo grado, come presbiteri, sappiamo che questo stile del servizio non termina con il diaconato ma ci viene richiesto continuamente. Ricordati che dovrai servire gli altri per amore, è la modalità a cui sei chiamato da questo sacramento; in modo particolare sarai, come ministro della Chiesa, servitore del Vescovo, servitore dei poveri, evangelizzatore, uomo che amministra alcuni sacramenti. Ti pregherei di vivere queste dimensioni non come dei compiti nuovi o come se io fossi un datore di lavoro che ti dice: “Adesso, fra’ Daniele, devi fare questo e quest’altro”. In virtù di un ministero, il ministero del sacramento dell’ordine nel quale il Signore tra poco metterà mano al tuo cuore, avrai una grazia particolare perché tu possa svolgere un compito per il quale ti ha chiamato. Ricordiamo gli Atti degli Appostoli: “Riservate per me – dice lo Spirito – Barnaba e Saulo per la missione alla quale li ho chiamati”. Il Signore ha una missione per te che non conosco, e nemmeno tu. Ha una missione per te e la scoprirai soltanto nel cercare di essergli fedele giorno per giorno, e per la quale ti dà una grazia; questo, infatti, non è semplicemente un gradino in vista del sacerdozio, ma una grazia speciale: meglio la vivi, meglio riuscirai a vivere anche il resto, ma vivila con attenzione, umiltà, spirito di servizio e spirito d’amore. Viviamo questo momento della consacrazione diaconale con partecipazione, come Chiesa; è un momento in cui diamo lode a Dio, è un momento di Chiesa e infatti invochiamo tutti gli angeli e i santi del cielo. Preghiamo per frà’ Daniele e invochiamo lo Spirito Santo perché scenda con pienezza su di lui desiderato da una Chiesa in preghiera, da una Chiesa ardente, che crede nel Signore e attende con gioia il suo ritorno. La Vergine Maria, che noi veneriamo con il titolo di Madonna della Salve e che veglia con il suo amore sulla nostra Chiesa di Alessandria, interceda per te, fra’ Daniele, perché questo dono dello Spirito tocchi la profondità del tuo cuore e ti dia una abilità particolare nel servizio secondo la volontà e la modalità di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo.