Omelia S. Messa Beata Madre Michel

Beata Teresa Grillo Michel
Carissimi,
abbiamo ascoltato le parole del profeta Isaia, parole forti e, purtroppo, molto chiare; magari fossero un po’ più sfumate, un po’ più oscure, e queste ci inchiodano di fronte ad una responsabilità grande che è quella dell’amore. Il profeta Isaia ci dice che il digiuno che vuole il Signore non è tanto un digiuno esteriore, ma: “Sciogliere le catene inique, togliere il legame del giogo, rimandare liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo; dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri”. Anche Gesù dice più o meno la stessa cosa nel famoso brano sul giudizio finale, dove richiama il momento in cui il Figlio dell’uomo viene nella gloria con tutti gli angeli e separa i buoni dai cattivi, le pecore dai capri; e questa separazione è fatta in base all’aver dato da mangiare, aver dato da bere piuttosto che il non aver fatto nulla di tutto questo.. San Giovanni descrive questo tema in modo molto esplicito: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri perché l’amore è da Dio”. Giovanni ricorda bene quando Gesù, nell’ultima cena, sconvolgendo i suoi apostoli, si era cinto il grembiule e si era messo a lavare i loro piedi; gesto scandaloso perché era vietato ad un ebreo lavare i piedi ad un altro ebreo, era un atto servile. Pietro si era ribellato; ma Gesù lo aveva rimproverato dicendo: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. “Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!” aveva detto Pietro, ma all’inizio si era rifiutato per dire quanto era ripugnante e scandaloso questo gesto di Gesù. San Giovanni ricorda questo: “L’amore è da Dio. Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”. Difficile ascoltare e predicare queste cose! Tante volte nel mio ministero mi è capitato di sentire persone che dicevano: “Reverendo sono un buon cristiano, non ho ucciso, non rubo, non tradisco mia moglie”. Questo sarebbe un buon cristiano? Ma se noi rileggessimo un attimo il vangelo e quello che ci dice San Giovanni, la domanda non sarebbe questa. Gesù non chiede se hai ucciso, non chiede se hai rubato. Non è questo che Gesù chiede nell’ultimo giorno: “L’ultimo giorno – diceva San Giovanni della Croce – alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”. L’ultimo giorno il Signore ci chiederà se abbiamo amato; e – come mi faceva rilevare una volta un ateo – non è sostenibile l’affermazione che se uno ha odiato finisce all’inferno mentre se ha amato finisce in paradiso; ma se uno ha amato finisce in paradiso, ma per andare all’inferno basta omettere di amare. Questo è terribile, ma è il Vangelo e, purtroppo, non possiamo interpretarlo come vogliamo; dico purtroppo perché ci mette in una condizione di difficoltà. È per questo che ci dobbiamo chiedere: “Ma noi amiamo veramente?”. Non dobbiamo chiederci se facciamo del male a qualcuno, ma se stiamo amando, se stiamo impiegando la nostra vita in generosità verso gli altri, in apertura e in uno spendermi per gli altri? Lo stiamo facendo? Non è semplice entrare un questa ottica, e, per essere precisi, questa è talmente difficile che chiunque di noi può sentirsi schiacciato di fronte ad una chiamata ed una attesa di questo genere. Una delle cose, infatti, che da un punto di vista psicologico ci ammazza umanamente sono le attese degli altri su di noi: si creano spettanze di prestazioni e ci chiediamo se siamo all’altezza, se siamo capaci o non siamo capaci; quando poi l’attesa è quella di Dio su di me, psicologicamente questa mi scava, mi infastidisce, mi addolora soprattutto quando mi rendo conto che sono tanto distante da quello che Gesù sembra desiderare. Poi guardandomi attorno mi dico: “In fondo in fondo, mal comune mezzo gaudio”. Ma anche questo non è nel Vangelo e non è una grande consolazione. A dire la verità, umanamente, queste richieste di Gesù sono decisamente esagerate. “Caro Gesù, te lo diciamo molto spassionatamente, tu ci hai chiesto delle cose che umanamente sono decisamente esagerate”. Ci mettono in difficoltà proprio perché sono esagerate, ma nello stesso tempo il Signore Gesù ci risponde: “Lo so che sono esagerate, sono impossibili presso gli uomini, ma presso Dio tutto è possibile”. Così ha detto Gesù nel Vangelo. Allora vuol dire che per vivere tutto questo non dobbiamo tirar fuori il nostro amore, tant’è vero che Gesù non ci ha comandato questo, ma ci ha detto: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. E questo potrebbe sembrare un peggioramento del comandamento dell’amore, perché potremmo riconoscere che se dobbiamo amare come Cristo siamo finiti. Ma siccome Gesù ci ha donato il suo amore, tutto diventa più ragionevole, più facile perché possiamo vivere amando come Gesù ci ha amati, cioè amiamo con il dono dello Spirito che è l’amore del Padre verso il Figlio e del Figlio verso il Padre; è l’amore del Padre verso tutti noi che è lo Spirito Santo, l’amore fatto persona. È per questo che San Giovanni insiste così tanto su questo tema dell’amore, perché ha intravisto che Gesù morendo ci ha donato lo Spirito del Padre; infatti descrive proprio in questo modo la morte di Gesù: “consegnò lo Spirito”. Gesù con la sua morte ci dona l’amore; questo amore ci viene attraverso i sacramenti: il battesimo, la cresima; la sua forza in noi viene rinnovata. San Paolo lo percepisce talmente da dire: “Non sono più io a vivere, ma è Cristo che vive in me”. Questa è la prospettiva: se noi ci mettiamo nell’idea di fare noi queste cose, di amare noi in questo modo, non c’è niente di più depressivo e scoraggiante di questo comandamento dell’amore. Ma se comprendiamo che Gesù non ci sta chiedendo di fare semplicemente delle cose, ma di lasciare che lui viva in noi, che lo Spirito di Dio ami in noi, allora tutto diventa possibile. Se è Gesù ad amare in me, Gesù ce la può fare; è pur sempre onnipotente! Ce la può fare nonostante i miei limiti. Questo è il messaggio che ci dà speranza, questo è il messaggio che ci fa dire che vogliamo vivere in questo mondo amando con l’amore di Dio e diffondendo l’amore di Dio ai nostri fratelli. E ci accorgiamo che tutte le volte che lo facciamo, il mondo diventa migliore, stiamo meglio e gli altri pure. Carissimi, tocca a noi prendere in mano questa nostra responsabilità di vivere come Gesù desidera, di vivere amando, cioè lasciando che lui ami in noi: non più noi, ma Cristo vive in noi. La carità di Cristo ci spinge. Carissimi parliamone insieme, incoraggiamoci a vicenda, condividiamo questo commino nel quale vogliamo imparare ad amare; siamo in un mondo egoista, individualista in cui tutto questo è particolarmente faticoso; mettiamoci insieme per farlo. Mi è caro ricordare l’impronta che Madre Teresa ha lasciato: leggevo ancora oggi delle sue opere e della Congregazione che ha fondato. Care sorelle vi ringrazio per quello che fate per mettere in pratica l’amore, e vi esorto a non sedervi perché c’è sempre bisogno di rinnovare questo slancio perché non è mai abbastanza essendo un qualcosa di divino. Chiediamo al Signore la grazia che sappiate conservare questo spirito dell’amore di Dio da vivere nella quotidianità e che sia presente nelle vostre opere e nelle vostre relazioni. Chiediamo al Signore che tutti noi sappiamo amare come lui desidera. Lo facciamo ora nell’eucaristia: questa celebrazione ci parla dell’amore di Gesù che si consegna a noi con le parole: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue versato per voi”. Chiediamo di saperci accorgere di questo dono immenso e di saper farlo nostro attraverso la comunione perché lui possa donarsi ai fratelli proprio attraverso di noi. La Vergine Maria e la beata Teresa Grillo Michel intercedano per noi dal cielo perché riusciamo a vivere in questo modo e a portare nella nostra società il nostro contributo che è il contributo di Dio. Lo facciamo col cuore alla presenza del sindaco che rappresenta la nostra cittadinanza dicendogli: “Tenga presente signor sindaco che noi vogliamo amare. Siamo scarsi, ci sono tante cadute lo facciamo con tanti difetti, ma vogliamo amare e vogliamo dare questo contributo oggi al mondo”. Il Signore ci accompagni.
Sia lodato Gesù Cristo.