Omelia Esposizione Salve

Esposizione della Salve
At 6, 1-7; Gv 6, 16-21
Carissimi,
Maria sotto la croce di Gesù ha una presenza silenziosa, anche se sembra sorretta, così l’abbiamo raffigurata noi, dall’apostolo che rappresenta tutti i discepoli del Signore. Sappiamo che Maria, nel Vangelo, dall’inizio del ministero di Gesù non pronuncia più una parola, ma è presente nei momenti fondamentali ed è soprattutto presente sotto la croce. Questo ci fa riflettere su simile ruolo silenzioso, umile, ma fondamentale della Madonna nella nostra vita e anche nella vita della nostra Chiesa: Maria, infatti, è immagine e modello della Chiesa. Alla Chiesa vengono affidati i discepoli ai quali viene detto: “Ecco tua Madre”. Maria è la nostra madre; anche la Chiesa è la nostra madre e anche questa ha un comportamento molto silenzioso, nascosto, semplice. D’altra parte il comportamento della madre è quello di una grande influenza tra le mura di casa: e quando una madre detta comportamenti ad un figlio fuori delle mura i casa, nella vita pubblica, sentiamo che c’è qualcosa di stonato nella relazione madre figlio. La madre ha questa influenza grandissima da imprinting alla vita dei suoi figli attraverso la semplicità della vita e degli insegnamenti tra le mura della casa. E così succede con la Chiesa nei nostri confronti: la Chiesa è comunità, la comunità è il luogo dove noi apprendiamo i comportamenti e le relazioni di base, il modo di affrontare la vita e di guardarla. È un numero di persone con le quali siamo in relazione profonda di comunione così come è la relazione profonda con la madre. Certo la vita è fatta di tante altre relazioni, ma che prendono il senso, la luce, la forza e il modello dalla relazione con la madre. C’è anche quella con il padre, ma ora ci focalizziamo, essendo la solennità della Madonna della Salve, sulla relazione con la madre. È un dono, un tesoro che ci portiamo dietro, una dote e questa solennità ci fa ripensare a quanto sia importante per noi vivere la dimensione ecclesiale della maternità La vita della comunità è come un imprinting della nostra vita cristiana, il relazionarci tra noi in modo caritatevole, con un atteggiamento di ascolto e di attenzione gli uni gli altri, di prendersi cura dei fratelli e delle sorelle. È un atteggiamento base che poi si traduce in uno stile che diventa unico, particolare, ma che si apprende tra le mura di casa, nella semplice e banale vita di comunità. Carissimi fratelli e sorelle credo che in questo momento storico della vita della Chiesa noi siamo chiamati a fare un passo fondamentale che è quello di rivedere la nostra spiritualità mettendo alla base una vita di comunità. La vita spirituale non è fatta semplicemente della mia relazione personale e profonda con Dio, non è una questione individuale tra me e Dio coltivata contemporaneamente ad altre persone come succede in una celebrazione; ma ha una dimensione più profonda: quella della comunità. La mia vita spirituale è una vita che vive la forte impronta della maternità cioè della Chiesa, cioè della comunità. Non esiste vera vita cristiana senza la comunità; non esiste un vero cristiano senza una vera vita comunitaria. Dobbiamo stare attenti a non pagare il dazio a una mentalità individualista che ha più a che fare con le correnti culturali della nostra società più che con il vangelo e con la Chiesa, Posto l’insuperabile importanza delle scelte personali: credere o non credere, affidarmi o non affidarmi sono chiaramente una nostra responsabilità, un nostro dovere, un qualcosa che dobbiamo scegliere nella profondità del nostro cuore e della nostra anima: discernimento ed intelletto. Tuttavia questo da solo non è sufficiente. È una svolta grande e importante alla quale non siamo abituati e che, quindi, inizialmente ci costa molta fatica; tuttavia più leggo il Nuovo Testamento, più mi rendo conto che il soggetto della vita cristiana è la comunità, prima ancora dell’individuo. Gli Atti degli Apostoli presentano la fine di un momento storico: nel momento in cui Gesù sale al cielo, momento convenzionale perché, da quello che leggiamo delle apparizioni, Gesù dopo la sua risurrezione non faceva più vita con gli apostoli perché appariva e scompariva, l’inizio di una Chiesa che viene lasciata nelle mani degli apostoli e dei discepoli; il tempo degli insegnamenti di Gesù è terminato. E quando Gesù è asceso in cielo i discepoli che cosa fanno? “Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi … Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano solito riunirsi. Vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui”. Appena Gesù sale al cielo qual è il quadro che viene presentato agli occhi nostri? Quello di una comunità: “Perseveranti e concordi nella preghiera”. Carissimi credo che questo passaggio dobbiamo chiederlo alla Madonna, a Lei a cui siamo stati affidati, a Lei che è l’immagine e il modello della Chiesa e quindi della comunità; chiediamole la grazia di compiere questo passo come Chiesa alessandrina, di riuscire, anche con la fatica che ci costerà, a compiere questa svolta fondamentale. La Vergine Maria ci assista e ci accompagni perché possiamo sperimentare nelle nostre vite quant’è bello riuscire a seguire più da vicino quello che ci è insegnato nelle Sacre Scritture e in modo particolare nel Nuovo Testamento. Chiediamo a Maria che interceda per noi, che ci sia vicina perché possiamo realizzare la parola di Dio, incarnandola nelle nostre vite così come è successo a Lei. E lo chiediamo ora nella liturgia in cui la parola è stata proclamata, ascoltata, accolta nei cuori. Gesù viene a noi donando tutto di sé.
Sia lodato Gesù Cristo.