Omelia Pasqua

Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore
At 10, 34.37-43; Col 3, 1-4; Lc 24, 13-35
Carissimi abbiamo ascoltato questo vangelo che ci racconta quello che è successo, attorno a quest’ora, quando Gesù appare ai discepoli di Emmaus; ma il contesto in cui questo accade è quello che richiama Pietro nel suo discorso tratto dagli Atti degli apostoli: “Come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui”. Immaginatevi l’esperienza degli apostoli: incontrano uno che passa beneficando e risanando; Dio è con lui e dicono: “Questo è il messia”; ed è la prima cosa che dice il primo discepolo: “Abbiamo trovato il messia”. Questo è stato l’annuncio fatto a Pietro da suo fratello Andrea, un fratello un po’ sognatore e che andava dietro ai vari profeti e, tra questi, Giovanni il Battista. “Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme”. Notate il passaggio logico: “Essi lo uccisero appendendolo ad una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno”. Di fronte a questo ministero di Gesù segnato dal bene, dalla grazia, dalla redenzione e dalla salvezza, la gente lo ha ucciso, i potenti l’hanno ucciso, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno. Questa la caratteristica: “Volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio”. È un po’ una mania questa del Signore, con questo suo modo di fare che non è il nostro istintivo: ne ha prescelti alcuni ai quali si è manifestato, gli altri sono stati esclusi, e gli altri sono i destinatari di un annuncio. “Ma come noi non possiamo vedere?”. Sotto condizione: a condizione che crediamo. Prima dobbiamo credere, poi possiamo vedere; ma questo “poi” non è detto che sia immediato. Ora cerchiamo di ragionare e di capire poiché, in questo agire di Dio, ci sta il cuore della nostra vita cristiana e perché siamo quelli che vengono a seguito di questa risurrezione e di un annuncio non visto, ma tramandato. Nella nostra condizione umana, nella vita che facciamo, nella quotidianità che sperimentiamo, noi possiamo vivere con tanti stili e modi diversi, ma il Signore ci ha chiamati a vivere una vita nella quale lui è il centro e in lui dobbiamo credere: questo è il disegno di Dio. Quando si manifesta ai discepoli di Emmaus, usa questo stile: ci sono delle persone sconfortate, rattristate, persone che se ne tornano mestamente a casa. È il giorno di Pasqua, ma loro se ne tornano tristi a casa. Gesù è già risorto, ma loro sono tristi: questa è anche la nostra condizione. Questi due discepoli stanno andando ad un villaggio di nome Emmaus, distante undici chilometri da Gerusalemme, e conversano tra loro di quello che era accaduto, e sono tristi. Gesù si avvicina e cammina con loro: “Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Sono impediti: nonostante le loro capacità personali e il desiderio di vedere Gesù, non possono vederlo; il riconoscere Gesù non dipende da un atto di volontà personale. Gesù fa una domanda: “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?”. “Si fermarono, col volto triste”. Cleopa gli dice: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme? Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. E gli racconta quello che riguarda Gesù di Nazaret che era “profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo”, ma l’hanno ammazzato. È il medesimo racconto che abbiamo ascoltato da Pietro. “Era bravo, ma l’hanno ammazzato”. Sembra proprio una favola tristissima. “Noi speravano che egli fosse colui che avrebbe liberatato Israele”. Noi speravamo – al passato – la nostra speranza è andata delusa, è andata in frantumi, si è distrutta e dissolta. “Con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo”. “Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. Carissimi, tra noi cattolici è vietato dubitare della risurrezione del Signore; è un punto di non ritorno, tuttavia anche se ci vietiamo esternamente di dubitare, internamente il nostro cuore può anche avere dei turbamenti, e di fronte a questi, dobbiamo darci delle risposte, diversamente, non possiamo vivere la nostra vita serenamente. Gesù a questi discepoli tristi, e a chi ha turbamenti interiori e rimane triste dentro, dice: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E così racconta le Scritture e apre loro gli occhi. Carissimi fratelli e sorelle, la nostra vita cristiana ha un punto di snodo: ci viene annunciata una testimonianza alla quale dobbiamo credere. Possiamo anche non credere, dipende dalla nostra libertà, ma dobbiamo ragionarci sopra e lasciarci provocare da questa testimonianza. Occorre innanzitutto considerare attentamente l’esito della vita di coloro che ci hanno annunciato tutte queste cose. Ce lo dice san Pietro: “Considerate quelli che vi hanno annunciato il vangelo, considerando l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede”. Le persone che credono, quelle che avete incontrato nella vostra vita e che credono sul serio, sono felici o infelici? Hanno vissuto una vita triste o gioiosa? Questo è un criterio fondamentale. Un buon criterio è andare da quelle persone e interrogarle; fare delle domande non usa tra noi poiché sembrano un po’ invadenti. Ma questa è l’evangelizzazione, perché Gesù ci ha detto di annunciare, non di tenercele dentro come se fossero cose di cui vergognarci . Ricordo un giovane, anni fa, all’inizio del suo discernimento di cammino vocazionale, adesso è prete nella diocesi di Milano, la prima domanda che mi fece fu: “Ma tu sei felice?”. Questa domanda ce la dobbiamo fare; l’esperienza mi dice che la visione di Cristo avviene dopo una fede profonda. Non intendo la visione fisica, non l’ho ancora visto neppure io e me ne dispiace, ma intendo dire che effettivamente vedi che il Signore sta agendo, vedi che c’è qualche cosa nel mondo che non può essere umano, ma chiaramente “alieno”. È la parola che ha usato un taxista (ero cappellano dei taxisti prima di diventare vescovo) a Genova e mentre facevo una catechesi disse: “Sono venuto a queste messe con i taxisti e mi sono reso conto che provando a vivere la vita cristiana dentro di me c’era qualcosa di alieno”. Aveva l’avvertenza che in lui c’era qualcosa che non veniva da lui e che chiaramente era altro da lui. Carissimi cerchiamo di essere cristiani convinti; la risurrezione del Signore ci pone di fronte a questa responsabilità. Non accontentatevi di un cristianesimo di facciata, non accontentatevi di una cristianesimo di precetto: che tristezza! Io vi chiedo perdono perché, come membro della Chiesa, mi sento responsabile del fatto che effettivamente abbiamo educato tanta gente ad una fede di precetto; gente che non riesce più a gioire del fatto che Gesù sia risorto, ma riesce solo a soddisfare un precetto. Non accontentatevi di questo; se diciamo che Gesù è vivo, diciamo che è vivo adesso e che qui, in questo momento, in questa cattedrale, è vivo e presente tra noi: questo io intendo con la risurrezione di Cristo, non un evento storico che non mi tocca, ma qualcosa che tocca tutti noi perché se Gesù è vivo qui oggi, tutto è diverso. Se lui qui oggi può interagire con noi allora è tutto diverso, è un qualcosa da giocarsi. Ma se noi, pur essendo lui vivo qui, non gli diamo attenzione e ascolto, e non siamo disponibili a lui, allora è come se non ci fosse. Ed è questo che ci chiede il mondo: vivi come se Dio non ci fosse; poi se tu vuoi avere le tue pratiche devozionali fa pure, ma vivi come se Dio non fosse. Risposta errata, non è questa la vita cristiana. Carissimi fratelli e sorelle, vi auguro di sperimentare nel vostro cuore, nella vostra vita e nella vostra comunità perché è lì che si manifesta il Signore risorto, la presenza viva di Gesù per essere annunciatori gioiosi convinti entusiasti e per poterlo seguire. Sappiamo che seguirlo comporta anche delle croci; la vita è fatta di croci, ma quando siamo insieme le possiamo sostenere e vivere con gioia. La Vergine Maria, nostra Signora della Salve, nostra amatissima patrona, che tra poco festeggeremo con tutta la nostra gioia, ci accompagni in questo nostro cammino perché possiamo gustare la presenza viva di Gesù tra noi e nella sua Chiesa.