Omelia Venerdì Santo

Venerdì santo
Is 52, 13 – 53, 12; Eb 4, 14-16; 5, 7-9; Gv 18, 1 – 19, 42
Carissimi il quarto canto del Servo del Signore che abbiamo ascoltato ci richiama il ruolo di Gesù nella storia, ma, concretamente, richiama questo ruolo anche nella nostra vita. Egli è colui del quale si dice: “Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente”. Poi specifica: “Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto … – così si meraviglieranno di lui molte nazioni”. Questo essere “onorato, esaltato e innalzato grandemente”, avviene in un cammino che, a stento, si riesce a riconoscerlo come essere umano. “Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato”. Il venerdì santo ci porta dentro a questo mistero, e questa dinamica della passione del Signore non è semplicemente un evento storico o un dato teologico lontano, accaduto duemila anni fa, ma è un ripresentarsi: infatti, e lo abbiamo detto in questi giorni, il Signore agisce attraverso la liturgia e la liturgia sacramentalmente ripresenta e porta a realizzazione, nella singolarità delle nostre vite, la presenza di Cristo. Ciò che celebriamo oggi ci fa capire che, se vogliamo vivere in pienezza la nostra vita e giungere alla felicità, dobbiamo affidare le nostre sofferenze e i nostri dolori a colui che si è caricato delle nostre sofferenze e che si è addossato i nostri dolori. Tutto questo sembra semplice poiché, in fondo, viviamo anche questa tragedia: nella nostra limitatezza incredibile, a volte ci rifiutiamo di fare certe cose dicendo che sono troppo semplici; e pretendiamo di essere noi a risolvere i nostri problemi, mentre invece le nostre energie dovrebbero essere impiegate per affidarli al Signore. Egli infatti è venuto apposta per prendere su di sé le nostre sofferenze; è venuto perché ha avuto compassione di noi; è venuto perché ci ha visto, ha visto la nostra sofferenza, la nostra fatica, il nostro dolore, e il suo amore e la sua misericordia l’hanno spinto verso di noi. La spiritualità cristiana, in particolare la spiritualità del venerdì santo, chiede da parte nostra l’atto di affidamento: affidare a Dio la nostra vita, i nostri dolori, i nostri problemi e le nostre difficoltà. Ma quanta fatica facciamo! Come ci piace di più organizzare la nostra salvezza, anche attraverso strumenti spirituali; poter organizzare, programmare, dividere in sottoproblemi e affrontarne uno alla volta e arrivare alla soluzione come piace a noi, mentre con il Signore, sappiamo da dove si parte ma non si capisce mai come si arriva a questa conclusione della salvezza; tutto questo perché Dio è fantasioso. “Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti”. L’uomo è incapace di sopportare l’odio, la cattiveria degli uomini; quanta è stata lunga questa passione solo ad ascoltarla, figuratevi a viverla. Quante cose si sono abbattute su Gesù! Non eravamo capaci di sopportare questo e di rispondere con amore, ma la salvezza viene solo dalla risposta amorosa e quindi “il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui, per le sue pieghe noi siamo stati guariti”. Non è una cosa meccanica, ma un passaggio d’amore: noi, infatti, siamo legati al Signore da una relazione d’amore come esiste tra padre e figlio, tra madre e figlio, e questa relazione d’amore fa sì che lui si metta a portare la fatica di amare persone che lo odiano, con grande generosità, al posto nostro. Ecco perché la nostra vita cristiana chiede un affidamento al Signore Gesù, ed è il primo passaggio: non siamo noi a risolvere i nostri problemi. Il secondo passaggio è quello di vivere in uno stile d’amore: anche noi dobbiamo imparare questo stile, anche noi dobbiamo imparare ad amare anche le persone che non ci amano, che non hanno stima di noi, o che magari hanno azioni negative contro di noi. Questo modo di amare ha alcuni passaggi: il primo è contemplare Cristo, Cristo che ama me, Cristo che ama quella persona e che ha dato la vita per lei; e se Gesù ama quella persona ci sarà una ragione. Anche noi siamo chiamati a questo e vivere il venerdì santo vuol dire essere di fronte a questo mistero immenso dell’amore di Gesù e decidere di prendere una posizione. Gesù vuole rinnovare una nuova alleanza con noi; in questo venerdì santo contempliamo il dono incredibile di Dio di fronte al quale siamo chiamati a prendere posizione: scegliere se vivere questa alleanza nel sangue di Cristo attaccandoci con fede a lui, mantenendo ferma la professione della fede come ci diceva la lettera agli Ebrei, o cercare di risolvere le cose per conto nostro. La risposta se teoricamente è scontata nei fatti non lo è per nulla, perché quando siamo di fronte alla possibilità di scegliere questa alleanza, ci rendiamo conto che fatichiamo persino a pensarla. Sento citare pochissimo questa categoria dell’alleanza, e pensare che è la categoria con cui è divisa la Bibbia; sarebbe come se nel cristianesimo non si parlasse di Gesù Cristo che è la categoria che divide il tempo. Chiediamo la grazia di vivere con profondità sempre nuova e sempre maggiore i giorni centrali della salvezza; la vita in Cristo sia il nostro cammino nell’amore, un cammino forte, ardente. La Vergine Maria, nostra Signora della Salve, interceda per noi perché possiamo compiere questo cammino seguendo con decisione il nostro Signore Gesù Cristo.
Sia lodato Gesù Cristo.