Omelia Veglia di Pasqua

Veglia di Pasqua
Gn 1, 1 – 2, 2; Gn 22, 1-18; Es 14, 15 – 15, 1; Is 54, 5-14; Is 55, 1-11; Bar 3, 9-15.32 – 4, 4; Ez 36, 16-17a.18-28; Rm 6, 3-11; Mc 16, 1-7
Carissimi cerchiamo di ripercorrere gli eventi di questi giorni: il Signore Gesù, dopo l’ingresso in Gerusalemme, dopo essere stato accolto entusiasticamente dalla folla in festa e che vedeva in lui il messia, inaspettatamente, rispetto alle nostre visioni e al nostro modo di vedere umano, viene catturato per essere messo a morte. Immaginiamo lo sgomento degli apostoli che non riuscivano, in cinque giorni, a passare dalla grande festa al messia alla crocifissione di Gesù. Tocca anche a noi, a volte, fare queste fatiche e affrontare la vita in qualche suo aspetto particolarmente rude. Il Signore Gesù viene catturato, percosso, insultato sputacchiato, strattonato, flagellato, spogliato delle vesti, rivestito di porpora per essere deriso, incoronato di spine, percosso sul capo con una canna, presentato come un re fantoccio; gli viene preferito un malfattore per essere liberato, alla fine, gli viene consegnata una croce, sale sul Calvario e viene crocifisso. Muore. Uno storia terribile, e gli apostoli si trovano a vivere quello che sembrava più un incubo che qualcosa di reale; pieni di tristezza lo depongono in un sepolcro. Alla mattina della domenica, prima dell’aurora, molto presto quando era ancora buio, le donne vanno al sepolcro per ungere il corpo di Gesù, trovano il sepolcro vuoto, e vedono “un giovane seduto sulla destra, vestito di una veste bianca” che dice loro: “Non abbiate paura! voi cercate Gesù il Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto”. Gesù non c’è più e, questo non esserci più di Gesù, è una grande festa perché lo vedono mentre prima era una grande perplessità. L’evangelista Marco, di cui abbiamo letto il vangelo, ci dice che la prima cosa che Gesù fece da risorto fu quello di rimproverare i discepoli perché non avevano creduto. Gli apostoli sono i testimoni della risurrezione, coloro che dovranno annunziarla. Gesù risuscita e il suo stile non è quello di risuscitare e rendere tutti felici, e anche adesso nella celebrazione non lo vedremo qua in cattedrale, sull’altare. Lo stile di Gesù è questo: risorgere e farsi vivo con il contagocce. Quando appare in Galilea alcuni discepoli dubitavano ancora. Il Signore Gesù risuscita ma chiede uno sforzo di fede; gi apostoli stessi non lo riconoscono immediatamente, ma solo attraverso la fede. Una cosa mi ha sempre colpito e, nei primi anni, mi ha fatto anche dubitare perché mi dicevo: “Ma questi hanno vissuto insieme a Gesù per tre anni, Gesù appare loro vivo e questi non lo riconoscono”. Come è possibile? In seguito ho capito che era facilissimo, quando si manifestava, riconoscerlo per alcune caratteristiche: nel cenacolo, quando appare, ha le piaghe; non era possibile trovare un sosia, bucargli le mani e i piedi, aprirgli il costato e metterlo al posto di Gesù per ingannare i discepoli. Non era possibile, non è possibile sforacchiare una persona passandogli i polsi da parte a parte; non funziona. Poi rifletti e ti rendi conto che Gesù, evidentemente, voleva che i suoi apostoli lo riconoscessero tramite la fede: questo è l’insegnamento. Gesù è vivo, ma noi possiamo interagire con lui e vederlo solo dopo che crediamo. I santi, infatti, vedevano Gesù. A noi questo viene spontaneo dire al Signore: “Il santo ci crede e ti vede, ma cerca di farti vedere anche da uno che non crede”. Questo è quello che ci viene spontaneo chiedere, ma Dio invece lavora al contrario perché vuole che arriviamo a lui non in base ad una evidenza dimostrativa, ma in base ad un processo di fede: quando la nostra fede è maturata profondamente allora avremo anche l’evidenza. Questo è lo stile che Gesù ha tenuto da quello che ci risulta nella storia della Chiesa. Quindi probabilmente noi non faremo eccezione. Di fronte a questa storia che abbiamo ascoltato questa sera e che parte dalla creazione, passa attraverso difficili passaggi comunitari (il popolo di Dio che si trova di fronte al mar Rosso inseguito dagli egiziani) e personali (Abramo con Isacco), la risposta di Dio passa attraverso la morte e la risurrezione e solo chi crede ha la evidenza di lui. Ci ha voluto indicare che la nostra vita deve procedere in questo modo, perché, come abbiamo sentito nell’epistola, la vita cristiana così inizia in noi: “Fratelli non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”. Ecco il nostro cammino: se abbiamo delle difficoltà, dei problemi e delle fatiche, questi sono gli elementi di morte che dobbiamo offrire al Signore con fede perché ci risusciti. Un amico e confratello Vescovo mi mandava gli auguri con una frase del Cardinal Siri pronunciata nella omelia della veglia pasquale del 1974 o 1976 in cui diceva: “Tutti siamo chiamati a risorgere, ognuno porta dentro di sé una morte come una piccola bara. Noi dobbiamo risorgere, dobbiamo fare la nostra parte: risorgere”. Carissimi fratelli, con la risurrezione di Cristo, se crediamo veramente, non esistono ostacoli persino ai nostri peggiori aspetti, persino a quelle cose che non ci piacciono per niente di noi stessi; noi possiamo risorgere con Cristo in virtù della grazia del battesimo che ci associa a questo mistero della morte e risurrezione di Gesù. Questo è il grande annuncio: non soltanto Gesù è risorto, anche noi risorgeremo. Cristo è vivo perché anche noi viviamo; questa è la nostra gioia e non possiamo permetterci la tristezza nel non riuscire a migliorare, a superare gli ostacoli, le fatiche del nostro cuore e certi limiti che abbiamo. Vogliamo allora proseguire nella nostra liturgia chiedendo la grazia di gustare la presenza di Gesù vivo, perché questa sua vita, questa sua risurrezione si trasmetta anche a noi e possiamo risorgere nel cuore. La comunità dei cristiani compia questo passaggio dalla morte alla vita insieme al suo Signore per gustare la dolcezza e la bellezza della vita in questa terra insieme a fatiche e persecuzioni e poi la felicità nel regno dei cieli. La Madonna della Salve, nostra augustissima patrona, interceda per la nostra Chiesa di Alessandria perché riesca a vivere la risurrezione di Cristo nella quotidianità.
Sia lodato Gesù Cristo.