Pellegrinaggio Salve – zona Bormida – Tanaro

Pellegrinaggio alla Salve
Zone Bormida e Tanaro
At 6, 8-15; Gv 6, 22-29
Carissimi fratelli e sorelle, abbiamo ascoltato nella parola di Dio che ci è stata annunciata questa sera, come il diacono Stefano abbia avuto qualche problema; le persone si erano messe contro di lui e lo accusavano di pronunciare parole blasfeme, ma “tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo”. A questo punto è finita la lettura che abbiamo ascoltato questa sera; se dovessimo scrivere la continuazione noi metteremmo: “E così lo lasciarono andare”; e invece continua: “E così lo lapidarono”. Questo ci fa un po’ effetto perché siamo abituati all’idea che quando facciamo bene, psicologicamente deve funzionare e va tutto bene. Mentre invece la vita è fatta in questo modo: a volte fai bene e va bene, a volte fai bene e va male; a volte fai male e va male, a volte fai male e va bene. Questo dal punto di vista umano; ma non dal punto di vista soprannaturale. Dal punto di vista soprannaturale, infatti, chi segue la via del bene ha un buon risultato soprannaturale. A volte però si può avere anche un risultato negativo terreno e si può perdere qualche bene materiale anche consistente, tipo la vita. Ma nulla è più forte e disarmante di chi ama. Gli unici che possono mettere a posto questo mondo così triste, buio, egoista, pieno di ingiustizie, sono coloro che hanno il coraggio di amare gratis, di amare senza stare a guardare quello che ottengono in cambio. Stefano agisci in questo modo, guarda le cose dal punto di vista di Dio, vedrai che il suo punto di vista è diverso da quello degli uomini. Nel Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato, si racconta che, dopo la moltiplicazione dei pani, le persone cercano Gesù; lo trovano e gli fanno una di quelle domande intelligenti tipiche nostre: “Maestro quando sei venuto qua?”. Certo aveva un senso quella domanda: erano nel luogo della moltiplicazione dei pani, Gesù non era salito sulla barca insieme con i suoi discepoli, e allora erano andati a vedere dove era finita la barca con i discepoli e vi trovano anche Gesù. La domanda ha un suo senso, ma non è certo una domanda profonda da fare a Gesù: “Maestro, quando sei venuto qua?”. Gesù infatti cambia subito discorso e alza il tiro: “In verità, in verità, io vi dico”. Una simile introduzione significa discorso solenne. “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. Perché stiamo cercando il Signore Gesù? Perché porta bene? Una volta una parrocchiana mi aveva chiesto se avevo delle croci da venderle perché era un periodo che andava tutto storto e le croci portano bene. Ho dovuto spiegarle due cosette per chiarirle alcune idee. Perché seguiamo Gesù? Per ottenere che cosa, per quale scopo? Lo stiamo seguendo perché ci siamo innamorati di lui o perché così ci hanno insegnato, o perché è bello credere e perché chi crede vive meglio? In un rapporto di coppia non si può dire all’altra persona: “Sto con te perché sento che è vero”. Se manca la passione, il calore, l’amore, sentire che è vero è un mero atto cerebrale razionale che non è tanto accettato dall’altra persona della coppia; non basta. Perché allora cerchiamo Dio? Gesù dice: “Voi mi state cercando non perché avete visto dei segni” – il miracolo della moltiplicazione dei pani Gesù lo chiama “segno”, segno di un pane che moltiplicherà -. “Voi mi state cercando perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”; avete visto lo spettacolo. “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà”; Gesù sta parlando dell’eucaristia. Pensiamo tutto questo riferito a noi: quanto ci preoccupiamo del cibo che non dura e quanto ci preoccupiamo dell’eucaristia? Dobbiamo pensarci a queste cose e a dove mettiamo le nostre attenzioni. “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”. E Gesù risponde: “Questa è l’opera di Dio, che crediate in colui che egli ha mandato”. Cari fratelli e sorelle, il nostro santo Padre Francesco, nell’Evangelii gaudium, ci rivolge alcuni inviti e chiede di fare dei passi in avanti nella nostra vita, ci chiede di essere una “Chiesa in uscita”, e anche nei giorni scorsi ha parlato delle parrocchie addormentate e stanche. Le nostre comunità parrocchiali come sono? Sono Chiese in uscita come ci chiede Papa Francesco? Il Papa ci dice: “La Chiesa in uscita è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano” (24). A volte ho la sensazione che abbiamo ridotto il cristianesimo a una serie di cose da fare, sbrigate le quali, possibilmente rapidamente, ci sentiamo più liberi. Ma il Papa ci chiede delle cose forti, ci dice “la pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del si è fatto sempre così” (33). Quando ero parroco questa era la parola d’ordine nelle mie comunità parrocchiali, e quando si parlava di pastorale la maggior parte degli interventi era: “Si è sempre fatto così”. Lapidario, efficace, sbrigativo, libera da ogni pensiero e lettura della realtà e anche dalla lettura del vangelo; non c’è bisogno neppure di leggere il Vangelo, basta dire “Si è sempre fatto così”, e si è a posto. Il papa invece ci dice che dobbiamo essere creativi in un altro modo e invita tutti ad essere “audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità” (33). Cari fratelli benvenuti in Africa, benvenuti in America Latina, benvenuti in Medio Oriente poiché la missione è qua. Se pensiamo la Chiesa come cinquant’anni fa, significa che non ci stiamo accorgendo che il mondo sta cambiando sotto i piedi. “Dobbiamo essere audaci e creativi, ripensare gli obiettivi, le strutture lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità”. Queste cose ce le chiede il Papa, e tutti diciamo che questo Papa è bravo; ma se diciamo che è bravo occorre fare quello che ci chiede. Cari fratelli e sorelle, il Papa ci chiede di essere una Chiesa in uscita, dobbiamo abbandonare il criterio del “si è sempre fatto così”, non perché quello che si è sempre fatto non va bene. Io mi sono sempre vantato di non avere mai abolito nessuna festa patronale nelle mie molteplici parrocchie nelle quali sono stato parroco; qualche volta i miei parrocchiani mi dicevano: “Don, forse a questa festa non viene più nessuno, potremmo abolirla”. E io dicevo loro: “Forse bisognerebbe rivitalizzarla”. Ma quanto bene ha fatto alle comunità ripensare alla loro festa e ridarle vita, e tutte le volte le feste erano ripartite con molta più gente di prima e dando anche beneficio alle comunità: si erano messe in moto, si erano riattiviate e avevano ripensato a tutto. Che bello avere visto due parrocchie che si davano una mano l’una all’altra per fare le rispettive feste patronale! Avevo due parrocchie terribili, nell’archivio parrocchiale avevo tre grandi volumi di liti tra queste due parrocchie; non si erano mai viste di buon occhio; due paesi vicini con una netta concorrenza e un campanilismo esasperato. Hanno deciso di darsi una mano visto che queste feste languivano e la loro vita parrocchiale poteva morire; allora si sono dati una mano, quelli di una parrocchia si sono mobilitati per organizzare la festa dell’altra e viceversa. Due comunità che avevano sempre litigato nei secoli, ora collaboravano. Alcune ragazze sono venute da me alla fine della festa dell’altra parrocchia e commosse mi hanno detto: “Don ci hanno messo alla cassa”. Come dire totale fiducia. Ecco cari fratelli e sorelle, dobbiamo fare queste cose e dobbiamo aiutarci; guardiamo le nostre comunità: stanno morendo, facciamo fatica, siamo sempre di meno a messa, sempre di meno alle feste, sempre di meno alle attività parrocchiali, sempre più anziani, sempre meno giovani. Dobbiamo fare qualcosa, possibilmente prima che tutto sia morto. Dobbiamo ripensare, dobbiamo avere il coraggio di ripartire perché il Signore non è morto e risuscitato invano. Quanto vogliamo bene alla Madonna della Salve, ma sempre meno persone la conoscono; quando tutta la vita spirituale attorno viene erosa succede che anche questa fiammella di fervore, pian piano, viene meno. L’opera di Dio è che “crediamo in colui che ha mandato”. Cari fratelli e sorelle il Papa ci sprona con parole molto forti e vogliamo seguirlo. Datevi disponibili al vostro parroco, ditegli che ci siete, aiutatelo, siategli vicino, collaborate, aiutatelo a ripensare alle cose, perché il Signore merita il nostro impegno, la nostra azione, la nostra passione. Guai a noi se il nostro rapporto con Dio fosse freddo e stanco dove l’amore non è la guida di tutto; guai a noi. Cari fratelli e sorelle la Vergine Maria interceda dal cielo per le nostre comunità parrocchiali perché sappiano rinnovarsi e trovare nuove energie. Coraggio, il Signore vi chiama; rispondete con il vostro “sì”, andate avanti con fiducia e vedrete la potenza di Dio dispiegarsi sotto i vostri occhi. La Vergine Maria vi benedica e vi accompagni in questa missione con i vostri pastori.
Sia lodato Gesù Cristo.