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Le cappelle che ornano il Duomo sono 10, compreso il Battistero. Si inizia la descrizione partendo dalla cappella del SS. Crocifisso, a destra entrando nella Cattedrale. Si concluderà con la Cappella del battistero.

CAPPELLA DEL SS. CROCIFISSO

Una cappella con questo titolo esisteva già nel vecchio duomo. Era la terza entrando a destra, di patronato della famiglia Varzi Castellani de Merlani. In essa avevano il loro sepolcro di famiglia ed era di loro spettanza il canonicato di S. Bartolomeo eretto nella stessa cappella. L’icona della cappella era formata da un crocifisso in mezzo rilievo di marmo, che con la demolizione dell’antica cattedrale venne trasportato e murato tra le due porte che dalla chiesa portano alla sacrestia attuale. Questo crocifisso, con S. Giovanni Ev. in piedi alla sinistra e un devoto genuflesso alla destra, era secondo l’uso del tempo, incorniciato da motivi ornamentali in marmo. È un’ottima scultura di stile classico della fine del XVI sec.

L’attuale cappella è rimasta invariata dalla sua costruzione nel 1810 ad oggi. La decorazione è stata curata dalla famiglia Valsecchi tanto nel 1810 come nel 1879. Ciò risulta da una lapide in marmo bianco posta sopra la parete laterale a sinistra della cappella.

“JESU CHRISTO D. N. CRUCIFIXO / DICATUM / SACELLUM / DEFORMANDUM ADORNANDUMQ. / VALSECCHI SANTUS / L. LIBENSQ. / DE SUO CURAVIT / A.S.R. MDCCCX / EIUSQUE FILI / SANTUS ANTONIUS JACOBUS / SUMTIBUS SUIS RESTAURARUNT / ANNO MDCCCLXXIX”.

(Valsecchi Santo con compiacente volontà pensò alla spesa della costruzione e decorazione di questa cappella dedicata al Signor Nostro Gesù Cristo Crocifisso, nell’anno della redenzione 1810. I suoi figli: Santo, Antonio, Giacomo, a proprie spese restaurarono nell’anno 1879).

L’altare è in marmo, di stile bramantesco e venne costruito nel 1878-79; il pavimento è in mosaico. Nell’agosto del 1895 furono posti i cancelli alle due gradinate per disciplinare l’accesso al crocifisso miracoloso. Il crocifisso che forma l’icona dell’attuale cappella, esisteva già nel sec. XI nella chiesa di S. Maria di Castello ed è tuttora oggetto di grande venerazione. Nel vecchio duomo si trovava tra la cappella della Madonna dell’Uscetto ed il campanile, in un atrio abbastanza ampio che portava all’esterno. In questo atrio, artisticamente dipinto e decorato, vi era il crocifisso “quod inibi magna civium et advenarum frequentia et religione colitur” (Che è venerato con pietà e frequenza da numerosi cittadini e forestieri). Ai lati del crocifisso ardevano giorno e notte due lampade, fornite e alimentate dalla generosità dei fedeli. Mons. Mercurino Arborio Gattinara nella Visita pastorale del 1730 aveva constatato che i fedeli, per una pietà sbagliata, andavano asportando delle piccole schegge di detto crocifisso. Ordinava perciò di provvedere nel miglior modo possibile per impedire un ulteriore danno alla immagine. I fabbricieri non trovarono allora che un modo: ricoprire con una lamina di rame dalla vita ai piedi il crocifisso. Così si spiega il parziale rivestimento del Cristo. Nel 1734 l’immagine del crocifisso veniva riprodotta con incisione di rame e diffusa in tutti i paesi della diocesi alessandrina con la seguente iscrizione:

“VERA EFFIGIES / SANCTISSIMI CRUCIFIXI / QUI COLITUR IN ECCLESIA CATHEDRALI ALEXANDRIAE / ILL.MO ET REV.MO DD. MERCURINO ARBOREO GATTINARAE EPISCOPO VIGILANT.MO / DEDICATA ANNO MDCCXXXIV (Vera effigie del Santissimo Crocifisso che si venera nella chiesa cattedrale di Alessandria, dedicata all’illustrissimo e reverendissimo Mons. Mercurio Arborio Gattinara Vescovo, nell’anno 1734).

Il Rossi, che nel 1877 nuovamente disegnò e litografò l’effigie miracolosa, ne fa la seguente descrizione: “Chi ben osserva l’espressione del volto del crocifisso, pare di ravvisare in esso le sembianze del buon Pastore, quando parlava quel linguaggio si attraente e si celeste alle turbe della Palestina. Il resto contraffatto ed annerito dai secoli, e vestito dalla cintura in giù di lastre di metallo, presenta proporzioni ancora regolari e discretamente condotte, considerata l’epoca dei tempi per l’arte in piena decadenza”. Il 6 aprile 1933, per l’occasione del XIX Centenario della grande opera della Redenzione, insieme alle SS. reliquie della passione di N. S. Gesù Cristo, venne solennemente esposto sull’altare maggiore anche questo miracoloso crocifisso.

Nella cappella, dono ancora della famiglia Valsecchi, vi sono 4  artistiche tele di ignoto, attribuite dai competenti alla scuola del Bassano (Jacopo da Ponte – fine 1500). Rappresentano: il presepio; l’adorazione dei Magi; la purificazione; la fuga in Egitto. Alla sommità della doppia scalinata sono state riportate dal vecchio duomo due statue in marmo, stile barocco, raffiguranti S. Pio V e S. Baudolino. Si trovano sull’altare maggiore insieme ad un crocifisso pure in marmo bianco, sorretto da angeli, che ora è riposto in una nicchia centrale dell’ambulacro dietro l’altare maggiore.

L’ultima cappella, destinata a battistero, presenta un discreto valore artistico, la Fonte Battesimale in marmo ed intarsio, su disegno del Conte Mella fu donato dal can. Talice. Era in programma il rifacimento totale, per cui venne iniziata nel 1938, in occasione del decennio di parrocchia dell’Arcip. Mons. Francesco Doglioli, con una pubblica sottoscrizione. La guerra interruppe l’iniziativa, per cui il Battistero, ripulito e decorato nel 1946 conserva ancora la primitiva forma. Presso il Battistero è sistemato il busto in marmo del Barnabita Card. Luigi Maria Bilio, alessandrino. Venne qui trasportato dalla navata centrale durante i restauri del 1926-29. Sul piedistallo è scolpita la seguente iscrizione:

“ALOYSIO M. BILIO / EX CON*R. CLERIC. REG. S.TI PAULI / EMINENTISSIMO CARDINALI / EPISCOPO SABINENSI / CONCIVES AMORIS LUCTUS OBSEQUII CAUSA. NATUS ALEXANDIAE VIII KAL. APRIL. MDCCCXXVI / BIDUO POST SACRO HEIC DE FONTE SUSCEPTUS EST / DE RELIGIONE SANCTA Q. SEDE / PRAECLARE MERITUS / PIISSIME OBIIT ROMAE / II KAL. FEB. A. MDCCCLXXXIV”.

Il Card. Bilio nacque in Alessandria il 25 marzo 1826 da Giuseppe Antonio, calzolaio, e Maria Maddalena Barali erbivendola. Passò ad abitare col calzolaio, amico del padre, Carlo Matis, uomo caritatevole, che diventerà il benefattore generoso del Bilio. A 14 anni entrava nel noviziato dei Barnabiti a S. Bartolomeo degli Armeni di Genova; faceva professione nella Pasqua del 1853; era ordinato Sacerdote a Vercelli nel 1857. Inviato a Roma, insegnò teologia nel Collegio della sua Congregazione e fu annoverato tra i Consultori di varie congregazioni romane. Fu opera sua l’elenco o Sillabo dei principali errori del tempo, per cui Pio IX deliberava di elevarlo alla dignità Cardinalizia e ciò avveniva il 22 maggio 1866. In seguito fu Prefetto o membro delle congregazioni romane del Concilio Vaticano, Penitenziere Maggiore e Vescovo suburbicario di Sabinia. Morì il 30 gennaio 1884 in Roma all’età di 58 anni. L’8 aprile 1886 fu inaugurato in Cattedrale il Suo monumento con l’iscrizione suddetta, erettogli per pubblica sottoscrizione, (scultore il milanese Fumeo).

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