Gagliaudo

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Sul lato sinistro della facciata (ang. via Parma), esiste un rozzo monumento a Gagliaudo. Si trovava in precedenza sulla porticina del campanile del vecchio Duomo. Quando questo venne atterrato (1803), il monumento passò in un magazzino e nel 1815 fu posto nell’angolo della piazza con la seguente iscrizione:

“GAGLIAUDO AULARIO / DE PATRIA B. M. STATUAM / TEMPLO M. VIX FUNDATO / ANNO MCLXXV E.P.D. ERECTAM / EVERSO ANNO MDCCCIII DISIECTAM / PHILIPPUS BOLLA / ET JULIUS CAVASANTI / CURATORES AEDIS SACRAE / M.C. RESTITUERUNT / ANNO MDCCCXV.

L’episodio che rese celebre Gagliaudo durante l’assedio del Barbarossa alla nostra città, viene così descritto dallo storico alessandrino Guglielmo Schiavina (1534-1614) nella traduzione di Carlo Avalle (pag. 15). “Era que’ giorni in Alessandria un uomo, uscito, come volgarmente si crede, dalla nobile si, ma popolar gente degli Aulari, per nome Gagliaudo, carico d’anni e di senno e fecondo d’espedienti, che la vita avea spesa nella custodia dei greggi e nella fabbricazione del cacio. Vedendo egli la sua città fatta segno a tante miserie, altalchè, quando l’assedio più a lungo sostener dovesse, le sarebbe convenuto, o a iniqui patti comperare una pace vergognosa, o all’ultimo eccidio disporsi: volse nella sua mente, come fatto gli venisse di deludere l’inimico e di rivendicar bellamente e senza sangue la sua patria in libertà. Egli aveva una giovenca rimastagli sola in tanta angustia: quella dunque incominciò a pascere dei pochi resti di frumento, che dai pubblici e privati granai della città si erano potuti raccogliere. Quando la vide nitida e piena di vita, la mise fuor della porta, che da Genova aveva allora nome: e lanciolla fra le schiere nemiche. Avidi della preda, gli assediatori le furono addosso immantinente: ma quando la presero e la sventrarono, meravigliati del pasto rinvenutole negli intestini, corsero ad informare l’imperatore: il quale vide, com’egli stranamente s’ingannasse: avvegnachè, mentre gli assediati credeva esausti per modo di vettovaglie, da languirne di fame e da essere in procinto di cedere, quella giovenca veniva invece a dirgli, come vi avesse abbondanza di viveri nella città: e come per questo mezzo non la si sarebbe presa facilmente”; il Barbarossa in segno dispregiativo chiamò allora Alessandria, “Ciità della Paglia” non rendendosi conto che questa legata la valore e all’astuzia degli alessandrini gli avrebbe causato una bruciante sconfitta.

La colonna di San Siro

Nella piazza antistante il Duomo, vi  è una colonna di granito sormontata da un baldacchino con Crocifisso, tutto in ferro battuto, che ricorda la predicazione del Vangelo fatta da S. Siro.

La Lupa di San Francesco

Sul frontale del Duomo, a destra, vi è anche un bassorilievo che rappresenta una lupa in compagnia di due bambini: uno sta a cavallo della bestia, l’altro le sta innanzi in atto di scherzare. Due distici latini  danno la spiegazione della scena:

“QUAE RAPTOS PUEROS LUPA SAEVA VORABAT DICITUR ASSISIAM SIC TIMUISSE MANUM UT PUERI POSSENT PATIENTI INSIDERE MONSTRO ET PER TANARIAS IRE REDIRE VIAS”.

Il bassorilievo si trovava sulla porta d’entrata al Campanile della vecchia Cattedrale e fu qui trasportato nel rifacimento della Casa Parrocchiale. Il fatto prodigioso è riferito dagli storici alessandrini, i quali raccontano di una lupa famelica, che protetta dai boschi del Tanaro e della Bormida, razziava nelle fattorie, insidiava le strade, sbranava i fanciulli incustoditi. I cittadini si sarebbero rivolti a S. Francesco di passaggio per Alessandria e questi avrebbe ammansito la belva, ridonando tranquillità alle campagne.