Pellegrinaggio alla salve
Zone Marengo e Fraschetta
At 8, 1-8; Gv 6, 35-40
Carissimi fratelli e sorelle, la liturgia della parola di quest’oggi, essendo una liturgia pasquale, ci parla di Cristo vivo e risorto, e ce lo presenta incarnato in una realtà che è quella di un mondo in cui le cose non girano esattamente come vorremmo noi. “In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria”. Avevano da poco ammazzato il diacono Stefano e che cosa succede? Scoppia una violenta persecuzione. La missione parte proprio da questo fatto: questa persecuzione, che sembra un problema enorme per la Chiesa, diventa invece l’occasione per aprirsi al mondo. E cominciano a predicare: “Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola”. “Filippo – altro diacono –, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva”. I “segni” sarebbero quegli avvenimenti che noi chiamiamo miracoli, ma a volte nel Nuovo Testamento si preferisce chiamarli “segni” per indicare che sono segno di qualche cosa che non si vede. “Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città”. Notiamo due cose, la prima: c’è una comunità che va in giro e si sparge a predicare. La predicazione non è fatta soltanto ai buoni elementi, anzi Filippo si reca in Samaria; ma questa è una cosa inconcepibile per un ebreo. Tenete presente che Filippo è nato ebreo e quindi, come tutti gli ebrei, se incontrando un samaritano lo toccava, doveva lavarsi per tre giorni, perché impuro; bisognava riacquistare la purità rituale con delle abluzioni rituali per tre giorni. Alcuni fatti del Vangelo testimoniano questo difficile rapporto: i Samaritani non vogliono accogliere Gesù in cammino attraverso il loro territorio; la samaritana che si meraviglia che Gesù, un giudeo, chieda da bere a lei che è una samaritana. Eppure Gesù va a predicare ai Samaritani, agli scismatici, agli impuri; è una rivoluzione. Verrebbe da chiedersi: “Che c’è di buono in questo?”. L’aveva detto anche Bartolomeo di Gesù: “Cosa può venire di buono da Nazaret?”. Ed è stato subito smentito. Succede che anche Filippo predica ai Samaritani, questi ascoltano la sua predicazione, vedono le opere di Dio che accompagnano questa predicazione, e “vi fu grande gioia in quella città”. Mi domando se anche noi siamo portatori di gioia oppure no! A volte Gesù se la prendeva con i farisei dicendo: “Siete ipocriti, attraversate mari e monti per andare a rendere uno credente e poi lo rendete schiavo peggio di voi”. La fede serve per rendere felici, per portare gioia; dove c’è la fede c’è gioia. Uno dei grandi rimproveri che ci fanno è che siamo tristi, che uscendo da messa la domenica non diamo la sensazione della gioia; se uno si piazzasse con la telecamera e ci riprendesse, che facce vedrebbe all’uscita dalla nostra liturgia domenicale? Persone salvate, gioiose perché Gesù le ha salvate o persone che dicono: “Adesso per sette giorni siamo tranquille”. Ecco il precetto: andare a messa la domenica. È diventato un peso persino la messa. Gesù quando, nel discorso del pane di vita, spiega la sua missione che è quella di fare la volontà del Padre, dice: “Questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna. Io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Perché noi non siamo gioiosi? Per due ragioni sostanzialmente; la prima: non vediamo Gesù. Vi parla uno che con gli occhi fisici non l’ha mai visto, ma certamente con gli occhi del cuore. Ho visto tante volte l’azione di Dio nel suo popolo; una azione potente, forte, sempre portatrice di gioia. Che bello vedere Gesù che agisce nel nostro popolo e nelle nostre comunità, che bello vedere Gesù che ridà luce ai cuori, pace alle anime, speranza a delle vite. Che bello vedere Gesù che cambia gli occhi delle persone rendendoli gioiosi. Questa è l’azione di Dio nel suo popolo, e io l’ho visto. A volte forse non l’abbiamo visto, e quando non vediamo Gesù, crediamo a qualcosa d’altro. Magari per credere ci basta renderci conto che quello che Gesù ha detto è vero, per questo lo facciamo anche noi. La nostra vita allora diventa insopportabile. Cari fratelli e sorelle, questa non è vita cristiana ma una fatica terrificante, non possiamo sostenerla a lungo, ci rende tristi e scontenti, diventa un dovere; non è più la gioia di un incontro ma il dovere di una imposizione. Allo stesso modo sono le nostre relazioni interpersonali; quando una relazione con un’altra persona è improntata alla gioia, non ci pesa fare anche delle cose oggettivamente gravose perché, per noi, quella persona è una gioia. Che cosa non fa una mamma per un figlio! Se noi perdiamo la gioia dell’incontro, ci rimane solo il dovere delle cose da fare; questo non ci fa felici, ma ci rende tristi; e questo ci impedisce di essere missionari. Ricordo che da ragazzo in qualche gruppo veniva fuori la domanda: “Che cosa dobbiamo fare per testimoniare?”. Non ci siamo mai chiesto se avevamo qualcosa da testimoniare; lo si dava per scontato. Che cosa dobbiamo fare per testimoniare? Ci si deve forse sforzare per un qualcosa che non sentiamo? Se abbiamo incontrato Cristo, nemmeno ci poniamo la domanda, perché la testimonianza viene spontanea. Credere in Cristo è un altro punto: bisogna vedere Gesù e credere in lui. Se crediamo in lui, le cose cambiano, perché la nostra fede non è basata sulle opere. Certo ci vogliono anche le opere, perché la fede senza le opere è morta, ma le opere devono essere il frutto naturale della fede. Crediamo in Gesù e da questa nostra fede scaturisce con naturalezza tutta una serie d’azioni d’amore nei confronti dei fratelli. Noi siamo venuti qua ai piedi della Salve, perché la Madonna è colei che ci fa vedere Gesù, è colei che porta Gesù, è colei che gioisce di Gesù. Vi ricordare che ha fatto la Madonna quando l’angelo le ha detto che avrebbe concepito il Figlio di Dio? Andò in gran fretta a trovare la parente Elisabetta. Anche lei si è messa a correre; a pasqua con la risurrezione tutti sono di corsa, appena vedono Cristo tutti corrono. Il cristiano è uno di corsa, non uno seduto e statico; la nostra Chiesa, come dice Papa Francesco, è una Chiesa in uscita. Maria incontra l’angelo nel chiuso della sua casa ed esce, e va incontro alla sua parente. E quando arriva da Elisabetta, manifesta la sua gioia con il “Magnificat”. Ecco perché siamo qua, perché Maria è colei che ci porta Gesù insieme alla gioia di incontralo e di averlo. Papa Francesco ci dice che (Evangelii gaudium, 111-113) “l’evangelizzazione è compito della Chiesa. Ma questo soggetto dell’evangelizzazione è ben più di una organizzazione organica e gerarchica, poiché anzitutto è un popolo in cammino verso Dio”. Non un popolo che è arrivato, ma un popolo in cammino. “Questa salvezza, che Dio realizza e che la Chiesa gioiosamente annuncia, è per tutti”. “ E Dio ha dato origine ad una via per unirsi a ciascuno degli esseri umani di tutti i tempi. Ha scelto di convocarli come popolo e non come esseri isolati. Nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze”. Cari fratelli e sorelle, è dalla comunità che nasce tutto questo, perché è condividendo le cose nella comunità, ci rendiamo conto che Dio sta operando e vediamo Gesù; è la comunità che ci fa assaporare questa gioia e ci fa venire la voglia di comunicarla. Carissimi fratelli e sorelle qui riuniti con i vostri parroci e con i vostri pastori, mi raccomando: state vicino ai vostri pastori, imparate a condividere gioiosamente quello che il Signore vi dona, è una forza anche per i pastori, è una forza. Il Papa dice che il popolo ha un dovere nei confronti del pastore e il pastore ha una accoglienza nei confronti del popolo. Voi avete dei doni che rendono lieto il cuore dei pastori; condivideteli con loro, condivideteli con i vostri fratelli e sorelle, solo così vi accorgerete della bellezza e della gioia del Vangelo; fate comunità, condividete, solo allora partirete per evangelizzare. Carissimi, tutti noi abbiamo questa chiamata, e credo che il nostro venire ai piedi della Madonna della Salve abbia questo senso: chiedere a Maria che ci faccia vedere Gesù. È da qui che comincia il rinnovamento della nostra Chiesa, delle nostre comunità parrocchiali. La Vergine Maria, nostra Signora della Salve, nostra amatissima patrona, ci aiuti a fare questi passi, perché possiamo essere testimoni della gioia. Continuiamo adesso questa celebrazione dell’eucaristia nella quale Gesù vuole farsi vedere da noi nella presenza sacramentale: che i nostri cuori sappiano riconoscerlo.
Sia lodato Gesù Cristo.