Pellegrinaggio Salve – zona Cristo -Valenza

Pellegrinaggio Salve
Cristo – Valenza Po
At 8, 26-40; Gv 6, 44-51
Carissimi fratelli e sorelle
Gesù si definisce come il pane della vita, il pane vivo: “Sono il pane vivo disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. Gesù, nel discorso del pane di vita, parla in modo continuo, ritornandoci a più riprese, della vita eterna. “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno, e questo pane è la sua carne”; è per questo che ci raduniamo attorno all’eucaristia perché Gesù ci dice che abbiamo bisogno di questo pane e che questo pane ci fa vivere in eterno. Il nostro celebrare l’eucaristia è venire a sfamarci di questo pane per sperimentare la gioia e la bellezza della vita eterna; questa è la radice dell’evangelizzazione. Alla base dell’evangelizzazione ci sta un incontro vivo con Gesù, con il Signore della vita, il gustare la bellezza della vita eterna. Diversamente l’evangelizzazione diventa un compito da assolvere. Abbiamo ascoltato nella prima lettura il diacono Filippo che evangelizza; nella lettura di ieri evangelizzava la Samaria; in Samaria vuol dire in mezzo ai Samaritani, coloro che erano considerati scismatici e impuri. Filippo evangelizza gli impuri: un concetto piuttosto rivoluzionario. Nella lettura odierna si mette in cammino, spinto dallo Spirito Santo, per evangelizzare un etiope eunuco; questi non faceva parte a pieno titolo del popolo eletto, ma era venuto a Gerusalemme per la festa, non conosceva il senso della scritture però le leggeva ad alta voce con fede. Filippo lo evangelizza, e “quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada”. Notate il frutto dell’evangelizzazione: le persone che ricevono l’annuncio del vangelo sono piene di gioia, la gioia che deriva da Cristo. Questa è l’evangelizzazione: trasmettere la gioia dell’incontro con Cristo ad un fratello, una sorella. “Filippo si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarea”. Che cosa spinge Filippo? San Paolo scrive: “Caritas Christi urget nos”. “La carità di Cristo ci spinge”. Anche Paolo, un evangelizzatore instancabile, è spinto dall’amore di Cristo. La gioia di questo incontro diventa la forza e il segreto della vita cristiana e dell’evangelizzazione. Ma non sono qui a parlarvi di missionari e di persone che partono ad gentes; tutti noi, ci ha ricordato il papa Francesco nella Evangelii gaudium, siamo chiamati ad evangelizzare come popolo di Dio, tutti abbiamo questa chiamata: siamo chiamati ad evangelizzare. Magari ci viene da dire: “Io sono troppo vecchio, io sono troppo giovane, io non ho studiato, io non me la sento, io non ne sono capace …”; tutti giustificati, ce ne torniamo a casa e rimaniamo in pochi. L’evangelizzazione è trasmettere a qualcun altro la gioia dell’incontro con Gesù, ciascuno come è, come può e come sa. Il vero problema è verificare se noi abbiamo questa gioia dell’incontro con Gesù; a volte ci accade di vivere questa gioia nella nostra vita, ma che poi, lentamente, ci muore tra le mani e nel cuore. Questa gioia infatti si può spegnere, questo slancio si può smorzare; a volte ci capita anche di seguire la tentazione di surrogare questa gioia dell’incontro con una serie di opere che decidiamo noi: ci prendiamo degli impegni, facciamo questo, facciamo quello; impegni di preghiera e di carità, di morale e di comportamento, e così cominciamo a far diventare la nostra vita cristiana un peso insopportabile e ci sfiniamo; mentre invece il segreto della vita cristiana è tornare ad avere la gioia dell’incontro concreto con Gesù. Quindi tutte quelle attività che servono per incontrare Gesù le dobbiamo ricercare quando sentiamo che siamo in bassa marea e che la nostra vita spirituale ristagna. Il Papa nella Evangelii Gaudium ci dice al n. 79: “La cultura mediatica e qualche ambiente intellettuale a volte trasmettono una marcata sfiducia nei confronti del messaggio della Chiesa, e un certo disincanto”. Vuole elencare una possibile causa del nostro sgonfiarci. “Come conseguenza, molti operatori pastorali, benché preghino, sviluppano una sorta di complesso di inferiorità, che li conduce a relativizzare o ad occultare la loro identità cristiana e le loro convinzioni. Si produce allora un circolo vizioso, perché così non sono felici di quello che sono e di quello che fanno, non si sentono identificati con la missione evangelizzatrice, e questo indebolisce l’impegno”. Diciamocelo, quando si parla di evangelizzazione solitamente la sentiamo un po’ come un dovere, come un compito, non come un’anima profonda, personale e sentita. “Finiscono per soffocare la gioia della missione in una specie di ossessione per essere come tutti gli altri e per avere quello che gli altri possiedono. In questo modo il compito dell’evangelizzazione diventa forzato e si dedicano ad esso pochi sforzi e un tempo molto limitato”. “Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario”. Ecco cari fratelli e sorelle, la parola di Dio ci ha dato uno spaccato su quello che è l’entusiasmo missionario dell’inizio della Chiesa, e noi dobbiamo fare i conti con questo perché così, con questo slancio è nata la Chiesa. E allora tutte le volte che fatichiamo ad avere questo slancio e questo fervore interiore, dobbiamo interrogarci e chiederci cosa fare per recuperare la freschezza dell’incontro con Gesù che è la radice del nostro entusiasmo missionario. Proviamo a rifare quel qualcosa nel quale abbiamo incontrato Gesù; una indicazione: proviamo a fare comunità. Vedete noi siamo in una società – lo dice al numero precedente il Papa – individualista, basata sull’individuo, e fatichiamo a vederci assieme a condividere le gioie e le fatiche della vita cristiana. Facendo la condivisione del cammino di preghiera ho visto quanto sollievo hanno provato le persone nel comunicarsi il cammino spirituale, sia le gioia che le fatiche; le gioie perché diventano un tesoro per tutti, le fatiche perché molti pensano: “Per fortuna non capita solo a me”. A volte nella vita spirituale, ci capitano delle fatiche e degli ostacoli che ci pesano un po’, e quando vediamo che anche gli altri vivono le medesime fatiche e le superano allora diciamo: “Non capita solo a noi, le supereremo”. Le gioie ci fanno capire che Cristo è ancora operante adesso, perché la gioia di un fratello e di una sorella è anche la gioia mia, la sento e la percepisco come mia perché è la gioia della Chiesa; il Signore dà ai nostri fratelli e alle nostre sorelle diversi doni perché attraverso di essi, egli possa arrivare a tutti i nostri cuori. Carissimi fratelli e sorelle stringetevi ai vostri sacerdoti, fate comunità, non accontentatevi della messa domenicale: non basta più! Vedete come ci siamo ridotti a furia di sole messe domenicali! Bisogna incontrarsi insieme, condividere, meditare la parola di Dio, dedicarsi alla carità e allora sentiremo la forza di Dio, l’amore del Signore, la grazia dello Spirito Santo circolare nella nostra comunità. Dobbiamo avere il coraggio: rendetevi disponibili con i vostri parroci, siate al servizio, siate pronti, cercate di condividere perché soltanto dall’incontro con Cristo vivo, si riaccende lo slancio missionario. Quando l’incontro con Gesù ci dà gioia, tutto riprende luce, calore, forza e vigore. L’augurio che vi faccio, carissimi fratelli e sorelle, è che la vita delle vostre comunità parrocchiali sia forte, sia piena; siate vere comunità come il Signore desidera. Poniamo tutto questo ai piedi della Vergine Maria, a colei che per prima ha vissuto la gioia dell’incontro con Cristo. Il suo primo incontro è stato il concepimento per opera dello Spirito Santo; già da quello, da uno stato embrionale della vita e del rapporto spirituale di Maria con Gesù, si vede l’impronta di tutto il resto della vita: Maria appena ricevuto l’annuncio dell’angelo esce di casa. Anche il Papa ci chiede di essere un Chiesa in uscita. Maria esce di casa e si reca in gran fretta dalla sua parente Elisabetta. Questa è la carità verso i fratelli, l’accoglienza del dono di Dio, la gran fretta nell’uscire fuori e l’espressione della gioia. Quando arriva da Elisabetta, Maria esce fuori con un canto di lode, il Magnificat. Cari fratelli e sorelle, la vita cristiana è tutta qui, ed è per questo che noi veniamo qua ai piedi della Salve per affidiamo a colei che nella sua vita altro non ha fatto che portare Gesù; colei che ancora oggi ci porta da Gesù; colei che ci dice: “Segui il mio figlio, tutto quello che ti dirà, fallo”. I nostri cuori sappiano ascoltare i suoi suggerimenti, metterli in pratica e viverli pienamente.
Sia lodato Gesù Cristo.