Pellegrinaggio alla Salve
Alessandria periferia
At 9, 1-20; Gv 6, 52-59
Carissimi fratelli e sorelle quest’oggi la liturgia della parola ci ha presentato due brani veramente forti e coinvolgenti; la conversione di San Paolo raccontata negli Atti e il culmine del discorso del pane di vita riportato al sesto capitolo del vangelo di Giovanni. La conclusione del discorso del pane richiama quello che è il ritornello del discorso: “Chi mangia questo pane vivrà in eterno”; “Chi crede ha la vita eterna”. Perché per mangiare il pane della vita bisogna farlo con fede? San Tommaso d’Aquino si chiede se un topo che rosicchia una particola consacrata faccia la comunione. Risponde: “No”. Fare la comunione è veramente qualcosa di importante, è mangiare il pane della vita, cibarsi del corpo di Cristo e bere il suo sangue; e questo chiede un’azione profonda del cuore che non è semplicemente il ricevere in bocca una particola consacrata. A volte la nostra spiritualità tragicamente si ferma a questo punto e crede meritoriamente che nell’eucaristia c’è Gesù e che Gesù viene in noi. Ma Gesù viene in noi per scatenare tutta una dinamica che è quella dell’amore, del cambiamento, della trasformazione. Se noi non mettiamo in moto questa dinamica la nostra comunione è debole. Abbiamo ascoltato la conversione di San Paolo: viene un fratello, impone le mani, prega per lui, gli cadono dagli occhi come delle squame e recupera la vista, si alza, viene battezzato, prende cibo e le forze gli ritornano. Qualche padre della Chiesa, commentando questo brano, diceva che questo “prendere cibo” da parte di San Paolo, era figura dell’eucaristia; qui infatti abbiamo il sacramento del battesimo e il sacramento dell’eucaristia. San Paolo riprende la vista grazie all’intervento di un fratello della comunità; riprende la vista, viene battezzato, riceve la grazia di Dio, riceve l’eucaristia e gli vengono le forze per iniziare un ministero grandissimo di evangelizzazione. Che cosa deve succedere quando facciamo la comunione? Come si scatenano tutte queste energie vive di Cristo nel nostro cuore e nella nostra vita? Come è possibile che anche noi riceviamo un impulso così grande da diventar evangelizzatori? Occorre ricordarci che, fare la comunione, significa entrare in comunione profonda con Dio; non è semplicemente un fatto fisico ma interiore; vuol dire far sì che i miei desideri coincidano con quelli di Dio. Gesù ci ha insegnato a pregare: “Sia fatta la tua volontà”. Per fortuna Gesù ci ha insegnato questa preghiera, perché le nostre preghiere istintive sono: “Signore per favore fa’ come dico io; cioè sia fatta la mia volontà”. Gesù ci insegna a dire: “Sia fatta la tua volontà”, la medesima preghiera che Gesù dice, poco dopo aver istituito l’eucaristia, nell’orto del Getzemani: “Padre sia fatta non la mia ma la tua volontà”. Fare la comunione vuol dire far coincidere la nostra visione del mondo e la nostra disponibilità con l’azione di Dio Padre; vuol dire essere un prolungamento dell’azione del Padre nel mondo. Noi prolunghiamo l’azione di Dio nella storia; l’azione di Dio che ha creato, l’azione di Dio che ha redento e che ha salvato la prolunghiamo attraverso la nostra vita. Questo però ci chiede che la comunione sia vera, cioè sia comunione profonda anche in orizzontale, nella Chiesa. Non possiamo fare la comunione al corpo di Cristo e non renderci conto che se facciamo la comunione al corpo di Cristo e un altri nostri fratelli fanno la comunione al corpo di Cristo, siamo in comunione. Guai a noi se dimenticassimo questo, perché non vivremmo una vera comunione; sarebbe solo una esperienza intimistica e isolata, diventeremmo soli. La comunione è esigente e non tutti i fratelli e le sorelle ci stanno simpatici, quindi dobbiamo imparare a voler bene a tutti senza alcuna distinzione, perché così ha fatto Gesù e così ci ha insegnato: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. Fare la comunione ci chiede di entrare in comunione con i fratelli, ma questo sforzo non è semplicemente uno sforzo ascetico: io entro in comunione con uno che mi è antipatico, faccio questo sforzo, lo vuole il mio Gesù e vado bene così. Entrare in comunione non significa solamente sopportarlo o non fare le smorfie quando lo vedo, ma capire che quel mio fratello è un tesoro per me; un tesoro attraverso il quale Dio svolge il suo piano e mi dona la salvezza. Abbiamo ascoltato la prima lettura presa dagli Atti degli Apostoli (9, 10-19); Anania mi è molto simpatico, perché quando Dio gli appare in visione e gli ordina: “Vai sulla strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso”, questi spiega al Signore la situazione e lo aggiorna come se non sapesse nulla: “Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli, a Gerusalemme”. Anania spiega la situazione al Signore come se questi non sapesse nulla. Anania mi sta proprio simpatico, perché faccio anch’io la medesima cosa; sul momento direi che è inutile spiegare la situazione al Signore, poi però lo faccio e non me ne accorgo nemmeno. Siamo così anche noi nella nostra preghiera: spieghiamo al Signore come stanno le cose. E proprio quel fratello, a proposito del quale Anania aveva delle riserve, diventa il più grande evangelizzatore, lo sprone più grande per la missionarietà della Chiesa nascente. Questo è veramente incredibile, e anche Paolo, grandissimo apostolo che ha visto il Signore – “se dentro nel corpo o fuori del corpo non lo so” – ha bisogno di un fratello che lo raggiunga e gli imponga le mani. Anania non è famoso e non diventa importante come Paolo, ma questi ha bisogno che lo raggiunga, gli imponga le mani, preghi per lui, lo istruisca e gli amministri il battesimo. Cari fratelli e sorelle guardiamoci con occhi nuovi; imparate a guardare ogni fratello e ogni sorella della vostra comunità con occhi nuovi, perché forse il Signore, in quel fratello o in quella sorella che fai fatica a digerire, ha messo un tesoro per cambiare e trasformare la tua vita. La conversione – metanoia in greco – è letteralmente un cambiare pensiero, e questo cambiare pensiero parte dal cambiare il modo di vedere la realtà, è un guardare le cose con gli occhi di Dio. È quello che ha fatto Maria con grande forza e con grande amore. Il Papa nella “Evangelii gaudium” al n. 91, scrive: “Una sfida importante è mostrare che la soluzione non consisterà mai nel fuggire da una relazione personale e impegnata con Dio, che al tempo stesso ci impegni con gli altri”. Facciamo la comunione con Dio, significa che mi impegno anche con gli altri. “Questo è ciò che accade oggi quando i credenti fanno in modo di nascondersi e togliersi dalla vista degli altri, e quando sottilmente scappano da un luogo all’altro o da un compito all’altro, senza creare vincoli profondi e stabili”. Il Papa ci invita a impegnarci con i fratelli, a creare relazioni vere e queste sono le relazioni d’amore. Ecco in questo la Madonna è la nostra madre perché lei, dolcissima madre che sta sotto la croce, è colei che ha avuto il coraggio di amare anche di fronte alla sofferenza immensa: vedere morire il suo amatissimo figlio in croce. Maria è colei che sceglie l’amore, un amore nascosto, poco visibile, ma efficace, trasformante. Siamo qui a celebrarla e a festeggiarla con grande affetto; in Maria troviamo questo amore che ci è chiaro, lampante e che ci attira; ecco perché siamo così numerosi ai suoi piedi. Noi cristiani, alle volte, siamo disordinati; quando mi hanno affidato, come parroco, sei parrocchie avevo trovato feste per ogni santo del calendario liturgico, non quella del Corpus Domini. Ho detto ai miei parrocchiani: “Facciamo la festa di tutte insieme le comunità, sarà quella del Corpus Domini”. Ricordiamoci che quando arriva la festa del Corpus Domini non dobbiamo restarcene a casa; la Madonna non sarebbe molto contenta se noi veniamo da lei e non da Gesù. Maria ci insegna questo amore e ci porta ai piedi della croce per insegnarci ad amare radicalmente. Ora ci avviciniamo ai piedi dell’altare, chiediamo a Gesù la grazia di capire questo suo amore che si offre totalmente e che offre a noi la forza per amare in questo mondo, a cominciare dai nostri fratelli che sono i più vicini per continuare con tutte le persone delle “periferie esistenziali del mondo”, direbbe il Papa. La Vergine Maria ci aiuti a vivere in profondità questa eucaristia.
Sia lodato Gesù Cristo.