Festa della chiesa locale
1Re 17, 10-16; Eb 9, 24-28; Mc 12, 38-44
Carissimi fratelli e sorelle
La liturgia che abbiamo celebrato ci ha parlato della chiesa come un edificio, nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova che è Gesù Cristo. San Pietro ci dice che siamo pietre vive di questo edificio spirituale e Gesù parla di se steso come di un tempio: Gesù è il luogo della presenza di Dio, Dio fatto uomo; Gesù è il tempio di Dio, è il sommo ed eterno sacerdote perché è in se stesso sia uomo che Dio, quindi il vero mediatore tra Dio e l’uomo. Gesù parla di sé stesso come di un tempio; san Paolo ci dice: “Santo è il tempio di Dio che siete voi”. San Pietro ci dice anche che la Chiesa si costruisce con delle pietre che siamo noi. Mettendo insieme queste cose la Chiesa è l’edificio di Dio di cui noi siamo le pietre vive; la Chiesa è abitata dallo Spirito Santo, dalla presenza di Dio; quando la Chiesa è riunita nel nome di Gesù, la Chiesa veramente è abitata. Noi che siamo qui nel nome di Gesù siamo abitati nei nostri cuore dalla presenza di Cristo, siamo al cospetto della presenza di Gesù tra noi perché siamo riuniti nel suo nome. Il Papa recentemente parlando della Chiesa come edificio spirituale, dice che noi siamo pietre, ma che forse sarebbe meglio dire che siamo mattoni. Quando san Paolo nella lettere agli Efesini scrive delle nostre caratteristiche come edifici di Dio, e parla quindi di magnanimità, di mitezza, di umiltà, di mansuetudine, ci dice che queste non sono virtù che danno l’idea della forza ma quella di debolezza. Se pensiamo a Gesù stesso all’inizio del suo ministero, nel suo discorso programmatico della montagna, parla di alcune caratteristiche che sono deboli: le beatitudini. Ecco allora che il Papa dice che forse dobbiamo tenere presente che noi siamo come mattoni, più deboli delle pietre; ma è attraverso la nostra debolezza che si manifesta la potenza e la forza dello Spirito di Dio. Noi siamo in questa Chiesa con le nostre debolezze, non da perfetti. Non creiamoci aspettative su noi stessi e sugli altri che sono destinate ad essere deluse: siamo dei piccoli uomini, siamo dei poveretti, siamo dei peccatori eppure il Signore costruisce la sua Chiesa su di noi e ci rende pietre, rocce solide. Il Signore l’ha costituita su san Pietro, ricordiamolo, appena dopo un rinnegamento; è lo stile di Gesù questo: non ci è richiesto di essere perfetti o solidi per virtù nostra, ci è richiesto di lasciarci abitare dallo Spirito di Dio che ci rende solidi e questo accade quando noi sappiamo di essere poca cosa. D’altronde “la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo”: è Gesù Cristo. Questo primo richiamo che volevo fare è proprio in ordine al sapere di essere un corpo solo, un edificio solo con le nostre debolezze e fragilità, ma il Signore si serve pur sempre di noi. Seconda considerazione: in questo edificio c’è Gesù Cristo che è la pietra angolare il fondamento di tutto e nessuno può avere un fondamento diverso da lui, ce lo ha detto san Paolo. Gli apostoli che sono nella città santa di Gerusalemme, sono i basamenti della città, quindi lo è anche il nostro ministero sacerdotale, anche se qui siamo ancora sulla terra. La Chiesa, quindi, si costruisce per mezzo delle pietre vive che sono il popolo di Dio. Cari fratelli laici, vorrei dirvi che siete fondamentali nella Chiesa, non siete degli stucchi decorativi, siete pietre vive, materiale su cui si innalza la Chiesa. La Chiesa non è l’insieme di persone che hanno ricevuto il sacramento dell’ordine, lo sappiamo tutti, ma lo dobbiamo richiamare: la vera Chiesa è quando insieme, sacerdoti e laici, collaboriamo, quando insieme lavoriamo nel regno del Signore, quando insieme, vescovi, preti, religiosi e religiose, tutti insieme cooperiamo al grande disegno della salvezza per la nostra Chiesa di Alessandria. Questa è la Chiesa: un mistero grande. Un mistero che chiede aiuto e collaborazione reciproca. Il Papa ha parlato il 26 marzo in un’udienza generale del sacramento dell’ordine, ha detto delle cose molto belle: “ Noi che abbiamo ricevuto questo sacramento dobbiamo far arrivare sempre il dono di Dio che è in noi (riprende la prima lettera a Timoteo). Quando non si alimenta il ministero, il ministero del Vescovo, il ministero del sacerdote con la preghiera, con l’ascolto della parola di Dio e con la celebrazione quotidiana dell’eucaristia, e anche con una frequentazione del sacramento della penitenza, si finisce inevitabilmente per perdere di vista il senso autentico del proprio servizio e la gioia che deriva da una profonda comunione con Gesù”. E poi, il Papa, parla dei vescovi: “Il Vescovo che non prega, il Vescovo che non ascolta la parola di Dio, che non celebra tutti i giorni e che non va a confessarsi regolarmente (e anche il sacerdote che non fa queste cose) alla lunga perde l’unione con Gesù e diventa di una mediocrità che non fa bene alla Chiesa”. Richiamo forte per noi e sappiamo benissimo che è vero, anche se non è facile realizzarlo. Ai laici sempre il Papa dice: “Per questo dobbiamo aiutare i Vescovi e i sacerdoti a pregare, ad ascoltare la parola di Dio che è il pasto quotidiano, a celebrare ogni giorno l’eucaristia e andare a confessarsi abitualmente”. Sono rimasto sorpreso da queste parole del Papa perché ha detto alla gente: “Voi dovete prendervi cura di noi, non soltanto noi di voi. Affinché noi possiamo prenderci cura di voi, è importante che voi vi prendiate cura di noi, perché ci nutriamo della parola di Dio, celebriamo l’eucaristia, preghiamo e ci confessiamo”. Mi sorprende questo discorso del Papa per la sua espressione e il suo stile che conosciamo ma nello stesso tempo risponde pienamente al concetto di Chiesa dove tutti siamo al servizio gli uni degli altri ciascuno in modo diverso, come in un corpo dove non tutti gli organi sono uguali, anzi sono tutti diversi, ma tutti a loro modo con il loro stile e la loro caratteristica sono a servizio gli uni degli altri. Carissimi fratelli e sorelle, carissimi confratelli nel sacerdozio, dobbiamo crescere in questo amore reciproco e in questo servizio reciproco aprendoci gli uni gli altri, accogliendoci gli uni gli altri senza paura di essere giudicati nelle nostre debolezze e carenze. Dobbiamo certo abituarci a non giudicare, diversamente potremmo distruggere la Chiesa; tutte le volte, infatti, che giudichiamo e critichiamo, rompiamo quella comunione che c’è tra cuore e cuore, e così distruggiamo la Chiesa. San Paolo ha parole forti: “Chi distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui”. Chiediamo al Signore la grazia di percorrere questo cammino, chiediamo al Signore di vedere realizzata tra noi la bellezza di questa Chiesa, di questa cooperazione e collaborazione, di questo solo corpo che si muove armonicamente. Non so se avete mai visto quant’è bello veder correre un uomo al rallentatore, che armonia nel movimento di tutti i muscoli; quant’è bello vedere la Chiesa che agisce in armonia. Carissimi fratelli e sorelle questo sogno, questo richiamo dell’apostolo Paolo deve realizzarsi tra noi; è tempo di fare sul serio, è tempo di deciderci di cambiare alcune cose; la parola di Dio ce lo chiede, il Papa urgentemente ce lo chiede. E come se l’universo stesso stesse aspettando noi e la nostra decisione, come quello che diceva san Bernardo predicando sulla annunciazione a Maria. “Tutti stanno aspettando o Maria, il tuo sì, dillo”. Così tutto l’universo, tutta la Chiesa sta aspettando il nostro sì. “Sì o Signore, vogliamo dire di sì a questo tuo disegno, vogliamo dire di sì a questo tuo progetto, vogliamo essere pietre vive nella Chiesa, vogliamo amarci, vogliamo essere un corpo armonico. La Vergine Maria, nostra Signora della Salve che tanto ama e protegge la Chiesa di Alessandria e in molte circostanze lo ha dimostrato e concessa di dimostrarlo, assista tutti noi perché questo cammino sia pieno, profondo e vero.
Sia lodato Gesù Cristo.