Madonna della Salve
Pellegrinaggio Zona Fiumi
At 6, 8-15; Gv 6, 22-29
Carissimi fratelli e sorelle, grazie per essere qui.
Vogliamo metterci, con lo stile di Maria, in ascolto della parola di Dio per ottenere la grazia che questa parola vuole farci questa sera. E vorrei rileggerla con una chiave di lettura, quella del verbo “uscire”. Sapete che il convegno di Firenze verterà su cinque verbi, e allora abbiamo pensato che le cinque serate di questo ottavario in cui ci sarà la visita alla Madonna, saranno incentrate su ciascuno di questi verbi. Il primo è “uscire”; il Papa parla di Chiesa in uscita, di uscire, evangelizzare. Ora la Chiesa in uscita è prima di tutto una Chiesa che si è messa in cerca del Signore; non si può uscire a dire qualcosa se non ci siamo messi a cercare il Signore. Il Vangelo che abbiamo ascoltato racconta che c’era una grande folla; tante barche erano giunte da Tiberiade poiché, dopo che Gesù aveva fatto la moltiplicazione dei pani, tutti lo cercavano, e accortisi che né Gesù né i suoi discepoli erano rimasti, chi a piedi, chi sulle barche lo avevano raggiunto a Cafarnao. E quando lo trovano gli fanno una domanda di quelle abbastanza innocue, e come solito suo stile, Gesù dà delle risposte molto complesse. La domanda è: “Rabbì quando sei venuto qua?”. La sera prima Gesù aveva detto agli apostoli di precederlo al di là del lago su una barca, lasciandogli l’altra. Ma anche la seconda barca era rimasta su quella riva perché Gesù aveva pensato di farsela a piedi, che non è poi così normale; strada facendo era poi salito sulla barca degli apostoli arrivando a Cafarnao. Quindi la domanda era semplice anche se nascondeva un contenuto, ma Gesù va oltre e parte in modo solenne: “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. Gesù dice a coloro che lo stavano seguendo: “Voi mi cercate perché avete mangiato dei pani, non perché avete visto un segno di qualcosa di soprannaturale, di spirituale, di celeste”. La moltiplicazione dei pani era il segno dell’eucaristia, il pane della vita, il pane che sazia l’anima. Ma la gente si era fermata al corpo saziato. “Datevi da fare – dice Gesù – non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”; è un richiamo a qualcosa che va al di là. La domanda vale anche per noi, perché anche noi stiamo cercando Gesù. Ma ancor prima devo chiedere a me stesso: “Gesù, ti sto cercando o ti do per scontato?”. Sapete che un amore si intiepidisce e muore quando non c’è più il desiderio di scoprire l’altro, quando l’altro è dato per scontato, già conosciuto, già noto; il declinare di un rapporto è quando non sono capace di vedere la novità che è il dono dell’altro. Stiamo cercando Gesù? E perché sto cercando Gesù? Per questioni materiali o perché sento che sazia la mia anima, il mio bisogno? Anche santo Stefano, abbiamo ascoltato dagli Atti degli Apostoli, “pieno di grazia e di potenza faceva grandi prodigi e segni tra il popolo”. Anche lui poneva dei segni che indicavano qualcosa d’altro: indicavano che Gesù è risorto e vivo; ma questo dà fastidio e quindi insorgono contro di lui, si mettono a discutere, lo condannano a morte e lo lapidano. Stefano è il segno chiaro di una Chiesa in uscita, la Chiesa delle origini; è un diacono, una persona normale, semplice come tutti noi, ed è in uscita: annuncia a tutti che Gesù è vivo, che Gesù è risorto. E fa grandi prodigi e segni. L’evangelista Marco ci dice che “i segni del Signore accompagnano la predicazione”. Forse se noi annunziassimo di più il Vangelo potremmo assistere a cose grandi, anzi vi devo dire che tante volte ho visto che quando i laici hanno il coraggio di annunziare il Vangelo accadono cose straordinarie. Santa Teresa d’Avila ci dice che il nostro flagello sta nel fatto che quando ci convertiamo vogliamo convertire tutti; e queste persone sono veramente moleste, e questo è un danno per la Chiesa. Ma quando si evangelizza veramente, proprio in nome di Gesù, se ne vedono delle belle. Allora la domanda è questa: “Ma noi siamo una Chiesa in uscita? Noi evangelizziamo, noi annunziamo la parola di Gesù?”. Guardate che non è una cosa da fare. Ricordo che quando ero ragazzino, cresimando e cresimato, in qualche riunione in parrocchia ci si chiedeva come fare a dare testimonianza, visto che eravamo i testimoni di Cristo. Dopo tanti anni vi posso assicurare che questo approccio è sbagliato, e in questo momento non vi posso dire: “Adesso ci organizziamo e cerchiamo di far in modo di dare testimonianza”. Questo viene in seconda battuta, ma in prima battuta, quando siamo chiamati a dare testimonianza, non dobbiamo affrontare una questione tecnica, ma ci deve palpitare il cuore per Gesù. Se infatti ci palpitasse il cuore per Gesù non riusciremmo a tenercelo dentro. È troppo bello dire, quando lo scopri, che è vivo, dire che Gesù ci accompagna e che ci è vicino in ogni situazione della vita anche nella sofferenza. È quando lo scopro che lo dico agli altri, non è pianificato, mi viene spontaneo. Credo che ci manchi questa bella spontaneità di una gioia provata dentro che poi diventa gioia diffusa. Un esempio prosaico perché il vostro Vescovo è di livello basso: quando ieri ho visto la gara di GP con Valentino Rossi che ha vinto in quel modo mi è venuta voglia di dirlo a mio fratello. Che bella gara che ho visto! Esempio sciocco, non mi hanno detto che dovevo dire a mio fratello della bella gara di moto GP. Mi è venuto spontaneo, è una cosa che mi era piaciuta e l’ho raccontata; faccio una cosa bella e mi viene spontaneo dirlo agli amici, alle persone che ho vicino. Anche con Gesù il nostro rapporto deve essere spontaneo; se Gesù è bello mi viene spontaneo dire la gioia di stare con lui. La Madonna, voi siete qui perché le volete bene; ci viene spontaneo dire che la Madonna ci è vicino, ci aiuta, perché abbiamo sperimentato la sua vicinanza, il suo aiuto. Così deve essere la vita di fede, carissimi fratelli e sorelle. Chiesa in uscita significa Chiesa che ha il coraggio di proclamare perché ha riconosciuto una presenza e ne è contenta. Chiesa in uscita vuol dire alla sera, prima di andare a dormire pregare così: “Gesù sono proprio contento di te, lasciatelo dire. Grazie per quello che fai nella mia giornata e nella mia vita”. Maria è il prototipo della Chiesa in uscita: appena riceve l’annuncio dell’angelo che Dio si fa uomo in lei, corre dalla sua parente Elisabetta e si mette al suo servizio, va’ a condividere la gioia. Elisabetta rimane piena della gioia di Maria. Vogliamo chiedere all’intercessione di Maria che ha vissuto queste cose, la grazia di essere anche noi pieni di gioia, contenti di Gesù, contenti di vivere la semplicità di un bel rapporto umano con Dio. Chiediamo questa semplicità di poter dire: “Quanto sto bene con te Gesù”. Gesù non è un teorema della nostra mente, una imposizione che ci diamo, ma una persona che constatiamo, una persona con cui stiamo piacevolmente. “Che bello Gesù stare con te. Grazie Signore”. Chiediamo per intercessione di Maria, la Vergine della gioia, la Vergine del magnificat, colei che ha esultato di gioia, colei che ha vissuto la sua vita come un traboccare dell’amore di Dio, che anche noi possiamo percorrere questa strada e essere veramente e semplicemente Chiesa in uscita.
Sia lodato Gesù Cristo.