Madonna della Salve – Pellegrinaggio zona Fraschetta

Madonna della Salve
Pellegrinaggio Zona Fraschetta
At 8, 1-8; Gv 6, 35-40
Carissimi fratelli e sorelle, siamo alla terza sera dei pellegrinaggio tradizionali alla nostra Madonna della Salve. Queste cinque sere le abbiamo volute strutturare sui cinque verbi che verranno usati dalla Chiesa italiana per il Convegno di Firenze. Ogni dieci anni la Chiesa italiana si raduna in convegno, e quest’anno avverrà in ottobre a Firenze. Cinque verbi tratti da quelli che abitualmente usa il Papa. La prima sera abbiamo parlato del verbo “uscire”: essere Chiesa in uscita vuol dire aver incontrato qualcuno per uscire ad annunciarlo; seconda sera, “annunciare”: abbiamo detto che si annuncia un qualche cosa di serio, di bello, e di gioioso e l’annuncio grande è quello che siamo amati da Gesù. Terza sera, questa sera, “abitare”. Il cristiano abita la terra, la società, il luogo in cui vive; non è disincarnato, non è sradicato. Dove è, là abita ed è cristiano a tutto tondo. La cosa interessante è che abitare a volte comincia da un trasloco; si incomincia ad abitare un luogo traslocando e, come abbiamo sentito il racconto degli Atti degli Apostoli, i cristiani cominciano ad abitare il mondo traslocando a causa di una persecuzione. Non hanno fatto piani pastorali, non hanno fatto Concili, non hanno scritto lettere pastorali, semplicemente sono stati perseguitati. E questi se ne sono andati con molta semplicità: “In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria”. Saulo perseguita la Chiesa, porta in catene uomini e donne; è una situazione brutta e difficile. Ma i cristiani che vanno via da Gerusalemme e vanno in Giudea e in Samaria, quando arrivano lì abitano; abitano il luogo dove sono, dove abitare non vuol dire avere un casa e starci dentro, ma vivere da protagonisti. Avete presente la differenza che c’è tra una terra abitata e una terra disabitata? Anche socialmente si può abitare o disabitare una terra. Abitano parlando di Gesù perché lo stile del cristiano e quello di annunciare; perché non possono tenersi dentro la gioia di quello che hanno vissuto. Così il diacono Filippo, che non era né un apostolo, né un vescovo, né un presbitero, ma semplicemente un diacono, una brava persona scelta tra il popolo di Dio a cui erano state imposte le mani e invocato lo Spirito Santo, non era neppure un elemento di vertice e di spicco della Chiesa, predica là dove è, in Samaria, tra scismatici, in un luogo ostile ai giudei. Ricorderete certamente l’ostilità dei samaritani verso Gesù quando questi, dovendo recarsi a Gerusalemme, e dovendo passare per la loro città, non fu accolto, anzi fu invitato ad allontanarsi subito. Filippo giunge in un luogo dove gli abitanti non erano disposti ad accogliere la predicazione di un giudeo; predica con forza e fa dei segni, cioè fa dei miracoli. E questi segni accompagnano la predicazione. Interessante notare come le città dove Filippo passa sperimentano una grande gioia: “E vi fu grande gioia in quella città”. Alessandria e tutti i nostri dintorni hanno bisogno di questa grande gioia. Dobbiamo abitare le nostre parrocchie, il nostro territorio; abitarlo con grande gioia, portando gioia. Se non riusciamo a portare gioia è perché non l’abbiamo neppure noi, perché non abbiamo ancora scoperto la radice di quell’annuncio che è il sapere di essere amati da Gesù. Abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Sono il pane della vita, chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai”. Quando Gesù dice: “Sono il pane della vita”, che cosa intende dire? Vuol dire che la nostra vita ha bisogno di un cibo e che quel cibo è essenziale. Non stiamo dicendo: “Mangio una buona pizza piuttosto che un panino”; stiamo parlando di un altro genere di cibo, un altro livello: Gesù è un cibo che sazia non semplicemente il fisico, il corpo o lo stomaco; il cibo di cui abbiamo bisogno e che sazia la cosa più importante e delicata che abbiamo, il nostro cuore, la nostra affettività. Che bello sapere che Gesù è colui di cui abbiamo bisogno, cioè l’amore, il pane della nostra vita; la cosa di cui abbiamo maggiormente bisogno, più ancora del pane, è l’amore. Quando siamo amati stiamo bene, ci sentiamo felici; essere amati è una cosa bellissima. I nostri più grandi disagi di vita nascono da un non amore, da una mancanza d’amore, dal fatto che in certi momenti non siamo stati amati, non amati proprio in quei momenti nei quali avevamo maggiormente bisogno, oppure non abbastanza nel corso della nostra infanzia: l’amore è il punto centrale dell’uomo. Gesù è venuto a dirci: “Dio ti ama”. “E non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Paradossalmente Gesù ci ha amato così tanto da morire. Sembra che siamo rimasti senza, ma non è vero; stiamo celebrando l’eucaristia, Gesù è qui tra noi vivo, non lo possiamo vedere ma è qui tra noi. È qui a dire ad ogni cuore qui radunato nel suo nome, perché “dove sono riuniti due o più nel mio nome io sono in mezzo a loro”: “Ti amo; tu per me sei prezioso, tu sei importantissimo”. Gesù dice queste cose ai nostri cuori, Gesù ci dice che ci ama. Questo è il cibo di cui abbiamo bisogno, questo è il cibo che ci fa abitare in modo diverso la terra in cui siamo. “Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri”, ma questo abitare non è semplicemente uno stare in un posto, ma abitare con la pienezza del senso della vita; non essere qua come alberi spettinati e spazzati dal vento, ma essere qua sapendo che abbiamo un senso importante nella vita, nel mondo siamo tutti preziosi, nessuno di noi è inutile. Ecco perché la volontà di Gesù è quella di non perdere nessuno di quelli che il Padre gli ha dato. E noi siamo qua, ai piedi di Maria, quasi a metterci sotto il suo mantello, per lasciarci portare all’amore del Figlio; siamo qua per questo, siamo qua per lasciarci amare, perché questo è l’amore che ci fa abitare la terra ad altro titolo, è ciò che ci fa abitare le nostre parrocchie con gioia, è ciò che ci fa impegnare con passione e con senso. Grazie, cari fratelli e sorelle, per esser qua a lasciarvi amare da Gesù; questo grazie mi sento di dirvelo a nome della Madonna per essere venuti da lei per esprimerle il vostro affetto e il vostro attaccamento; grazie ai vostri sacerdoti e che vi vogliono bene e, con la loro umanità e anche con i limiti e i difetti, sono pronti a dirvi: “Siamo qua per te”. Chiediamo al Signore di incontrare questo amore forte, chiediamo al Signore Gesù di vivere questa celebrazione con profondità, lasciandoci investire da questo amore, aprendo il nostro cuore per accoglierlo tutto, affinché siamo capaci di donarlo alle persone che incontriamo.
Sia lodato Gesù Cristo.