Madonna della Salve
Pellegrinaggio Alessandria periferia
At 9, 1-20; Gv 6, 52-59
Carissimi fratelli e sorelle, in questi giorni del pellegrinaggio delle varie zone della diocesi alla Madonna della Salve, abbiamo tenuto come filo conduttore dei cinque giorni feriali fino ad oggi, i cinque verbi che faranno da sfondo al convegno ecclesiale di Firenze che si celebrerà ad ottobre di quest’anno, il convegno della Chiesa italiana. Un convegno che cade ogni dieci anni per fare il punto della situazione del cammino delle nostre Chiese in Italia. Sono cinque verbi usati dal Papa che chiede di essere in “uscita”; si esce perché si è incontrato qualcuno, il Signore. “Annunciare” perché la vita cristiana ha un punto centrale: annunciare l’amore di Dio per noi, annunciare Gesù che ci ama fino alla morte e alla morte di croce. “Abitare”, quando noi usciamo ed annunciamo, abitiamo la società in cui viviamo. “Educare” perché essenziale trasmettere ciò che abbiamo ricevuto. Questa sera parliamo del “trasfigurare”. Trasfigurare è qualcosa di importante perché noi siamo chiamati a trasfigurare la realtà; ma ancor prima dobbiamo trasfigurare noi stessi, perché se non siamo dei trasfigurati non riusciremo a collaborare a questa opera della trasfigurazione. Questa trasfigurazione, vorrei sottolineare, è una azione di Dio sia su noi stessi che sulle nostre comunità; è una azione di Dio con la quale noi collaboriamo. Trasfigurare me stesso vuol dire essere capace di guardare al mondo, alla realtà, ai fratelli con occhi nuovi, con occhi trasfigurati; significa saper pensare in modo diverso la realtà. Questo concetto ha un nome: cambiare pensiero, in greco “metanoia”, è la conversione. Ma la nostra vera conversione non è un atto personale; qualche volta anch’io per essere breve dico: “Mi converto, voglio convertirmi, mi devo convertire”. In realtà la conversione è un’opera di Dio su di me. San Paolo dice: “Vi scongiuro nel nome del Signore, lasciatevi riconciliare con Dio”. Non ci dice: “Riconciliatevi con Dio”. Non siamo noi che ci muoviamo verso Dio, che prendiamo l’iniziativa o che realizziamo qualcosa, ma lasciamo che il Signore cambi il nostro modo di pensare, cambi la nostra vita, lasciamo che il Signore ci converta. È questa la trasfigurazione che avviene proprio per una azione di Dio. Tutto ciò accade anche nelle nostre comunità; dico questo perché abbiamo sempre il peccato originale di voler fare noi le cose, sia su noi stessi, sia nella vita di comunità dove pensiamo di poter cambiare le cose; ma non è vero, bisogna essere collaboratori dell’azione di Dio. E questa azione di Dio la vediamo bene nelle letture di quest’oggi: Saulo sta percorrendo la sua strada, e la sua strada non è esattamente quella cristiana poiché sta perseguitando i seguaci di Gesù; si è fatto dare i documenti per andare a Damasco a prendere coloro che seguono Gesù, e portarli in catene a Gerusalemme. Questo è il suo percorso personale, ma in questo suo percorso, Saulo ha un punto di svolta. “All’improvviso lo avvolse una luce da cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Rispose: Chi sei o Signore? Ed egli: Sono Gesù che tu perseguiti”. È Gesù che prende l’iniziativa, è Gesù che si fa vivo con Saulo. Ora di solito noi non sentiamo una voce, né vediamo una luce; ma guardate che dietro le nostre conversioni più semplici c’è sempre l’iniziativa del Signore. Se noi siamo qua, questa sera, è perché siamo chiamati dal Signore, siamo chiamati dalla Madonna che ha messo nel nostro cuore il desiderio di venire a questa celebrazione; un desiderio messo da Dio a cui noi diamo collaborazione, assenso. Anche i compagni di San Paolo si accorgono di qualcosa di straordinario, sentono una voce ma non vedono quello che Paolo vede. “Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla”. Questo è molto interessante: non ha forse incontrato Gesù, e il risultato è che è diventato cieco. Strana questa cosa. Perché succede questo? Perché il Signore dispone che la nostra salvezza e il nostro cambiamento non sia un fatto personale tra noi e lui, come piace a noi: arriva il Signore, parla al mio cuore, nel mio segreto e metto a posto le cose. Non funziona in questo modo: quando Paolo si alza la luce che gli è arrivata è troppo forte per lui, è accecato, ha bisogno di essere condotto per mano. È bello questo poiché ci dice la nostra pochezza e il nostro bisogno dei fratelli. Lo guidano per mano e rimane cieco per tre giorni. Il Signore in visione dice ad Anania: “Su va’ nella strada chiamata Dritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo di Tarso; ecco, sta pregando e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire ad imporgli le mani perché recuperasse la vista”. Non gli dice direttamente: “Va’ ad imporgli le mani”; ma gli dice che Saulo ha visto un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché ricuperasse la vista. Anania è molto simpatico e in lui mi riconosco, cerca di spiegare al Signore come stanno le cose: “Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome”. Lo spiega a Dio, simpatico. E il Signore gli dice: “Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me”. Anania ha paura di andare da questo uomo ma poi va’ ed impone le mani a Paolo e dice: “Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo”. La luce degli occhi, la vista ti viene ridonata attraverso un fratello, non da Dio direttamente anche se è sua l’iniziativa, ma attraverso un fratello. La vista e il dono dello Spirito Santo, e Paolo viene battezzato, prende cibo, che può essere un simbolismo che sta per eucaristia, il cibo il pane della vita e comincia la sua nuova vita. Trasfigurare non è semplicemente fare qualcosa, ma trasformare l’intimo della realtà, che poi cambia anche esteriormente, ma è cambiata da dentro; questo cambio dall’interno che si riflette anche all’esterno è esattamente quello che viene fatto per mezzo dei fratelli che impongono le mani, battezzano, danno l’eucaristia, ed è fatto nella liturgia. Il dono della vita, ci dice Gesù nel Vangelo, arriva in questo modo: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”: questo è il discorso di Gesù sul pane della vita, sull’eucaristia. La trasfigurazione mia e del mondo avviene nella liturgia che non è una esteriorità di movimenti, paramenti o azioni da fare, ma è il cuore di una trasformazione perché Gesù ha deciso di essere presente in mezzo a noi in questo modo, attraverso la liturgia e attraverso i sacramenti. Il trasfigurare significa capire il profondo legame tra l’azione liturgica e la mia vita fuori dalla chiesa che non possono essere separate. Guai a me se lascio la mia vita fuori dalla porta della chiesa e la liturgia dentro la chiesa; questa schizofrenia non mi rende cristiano, fa di me un bravo uomo e niente più. Ecco cari fratelli e sorelle, il mio augurio per voi è che riusciate a vivere questa trasfigurazione, una trasfigurazione che ha in Dio l’iniziativa, come la divina liturgia è una azione di Dio. Chiediamo la grazia di essere capaci di vivere questa trasfigurazione come Maria ha vissuto la trasfigurazione della sua vita nel seguire sempre il Signore, nell’accoglierlo e nel lasciare sempre a lui l’iniziativa. La Madonna interceda per noi perché le nostre assemblee liturgiche non siano vuote e leziose ma luogo nelle quale facciamo profonda esperienza del Signore, e nelle quali ci lasciamo trasformare nel cuore per vivere in modo appassionato e gioioso la nostra vita usciti dalla chiesa.
Sia lodato Gesù Cristo.