Celebrazione in Memoria di S. E. Rev.ma Charrier Mons. Fernando
Is 5, 1-7; Fil 4, 6-9; Mt 21, 33-43
Carissimi questa parabola di Gesù che abbiamo ascoltato nel Vangelo, ci richiama quella delle mine, quella dei talenti, ma è molto più articolata. Quella dei talenti e delle mine raccontano di un padrone che parte per un luogo lontano, lascia dei beni da amministrare a dei servi in misure differenti e quando torna chiede conto del frutto degli investimenti fatti. Qui il tema è lo stesso: c’è un uomo che possiede un terreno, vi pianta una vigna, la circonda con una siepe, scava una buca per il torchio, vi costruisce la torre e la dà in affitto a dei contadini; poi se ne va’ distante. Al momento di raccogliere i frutti manda i servi a ritirare il dovuto dai contadini, ma questi hanno una reazione molto strana: bastonano i servi, li uccidono, uno addirittura lo lapidano. Viene da chiedersi, di fronte a questa reazione, se coloro che hanno preso il terreno fossero consapevoli o meno di dover dare frutto al padrone del terreno, perché la reazione che hanno è quella di chi non pensa nemmeno lontanamente sia un dovere pagare all’affittuario il suo dovuto. Lo dico perché questi uomini così cattivi potrebbero diventare una caricatura, difficilmente potrebbero esistere nella realtà. Il padrone manda altri servi più numerosi di prima e fanno la stessa fine: anche questo padrone del terreno sembra in po’ duro a comprendere quello che sta accadendo. E il peggio del peggio arriva dopo: “Avranno rispetto per mio figlio”; manda il figlio e anche questi viene ucciso. Sembra che questo padrone sia stato temerario per mandare il proprio figlio, mentre gli agricoltori hanno una loro logica che non tiene conto della realtà: “Costui è l’erede, su uccidiamolo e avremo noi la sua eredità”. Non è possibile pensare che questa scelta sia sancita dal diritto, diversamente, se bastasse uccidere una persona per avere i suoi beni avremmo tanti assassini in giro. Non hanno nessun diritto per questa azione, e anche pensare di farla franca nell’ammazzare una persona per averne l’eredità è molto ingenuo. Evidentemente sono lontani dalla realtà. Comunque prendono il figlio del padrone, lo cacciano fuori dalla vigna e lo uccidono. La conclusione di Gesù è sorprendente: a questo padrone con il relativo figlio che sembrano ingenui di fronte a queste persone che si comportano in modo strano, Gesù applica quella parola di Dio dell’Antico Testamento che dice: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”. Gesù racconta questo fatto per dire: c’è un padrone che ha un terreno e lo vuole far fruttificare, le persone che ci mette non fanno in modo che fruttifichi e si occupano di ammazzare il suo figlio, dopo aver ammazzato i servi. Quel figlio ammazzato è la pietra che, scartata dai costruttori, diventa la testata d’angolo, il punto forte, l’appoggio importante della costruzione di una casa, l’appoggio che regge la spinta dei muri. “Questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”. Il Signore Gesù è colui che realizza per noi questa parola, è colui che realizza il bene per l’uomo, per l’umanità che non sa accogliere Dio. Cari fratelli e sorelle, questa vita attraverso la morte, questa salvezza attraverso l’uccisione, e si tratta anche della salvezza di quei vignaioli omicidi, sono il grande paradosso della vita cristiana e della vita di noi pastori che ci troviamo in una realtà non tanto logica ed intelligibile. Quante volte, di fronte alle piccole scelte della vita quotidiana, alle reazioni di tante persone sentiamo che quel modo di comportarsi che Gesù ci suggerisce sembra un po’ assurdo. Eppure funziona. La vita di fede è credere che, mettere in pratica queste cose, può cambiare radicalmente la nostra vita. Credere che mettere in pratica questi insegnamenti di Gesù, che sembrano anche un po’ assurdi umanamente, possono cambiare la nostra vita. Il vivere il nostro ministero, parlo di me Vescovo, parlo dei confratelli nel sacerdozio, ci pone quotidianamente di fronte a questa assurdità. Sapeste quante volte ho parlato a mons. Charrier, ma neanche lui mi ha risposto. Sarebbe bello poter parlare vis a vis con le persone che sono nell’al di là, con tanti miei confratelli defunti, perché possono vedere tutto riguardo alla pastorale! Difficile e faticoso riuscire a tenere l’equilibrio tra la sensatezza della vita perché e l’insensatezza degli insegnamenti di Cristo; lui è sensato in un modo soprannaturale ma non in quello umano: questo è il mistero nel quale siamo chiamati a vivere giorno per giorno. In questo giorno della Madonna del Rosario a cui ci affidiamo veramente con gioia e con amore filiale è suggestivo il nostro celebrare il sesto anniversario della morte di mons. Charrier; facciamo memoria dei suoi insegnamenti, delle cose che in modo particolare abbiamo ricevuto sia il clero come voi fedeli, e ringraziamo Dio per tutto ciò che di buono ci ha portato, ci ha insegnato e ci ha guidati a scoprire. Vogliamo chiedere che la sua intercessione dal cielo per la nostra amata Chiesa alessandrina continui con forza, perché anche noi sappiamo vivere la nostra vita da cristiani portando quel frutto che il Signore si aspetta. Da parte nostra assicuriamo la nostra preghiera di intercessione e la nostra offerta spirituale in quella comunione tra cielo e terra che sappiamo non essere spezzata dalla morte. La Vergine Maria ci accompagna ora di fronte al mistero di Cristo che morendo dà la vita: pietra scartata, uccisa, che diventa testata d’angolo della costruzione della Chiesa, la nostra pietra angolare, il fondamento su cui ci appoggiamo.
Sia lodato Gesù Cristo.