Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
Gn 3, 9-15.20; Ef 1, 3-6.11-12; Lc 1, 26-38
Carissimi abbiamo ascoltato la reazione di Dio in un momento drammatico della storia. La liturgia della Parola di quest’oggi inizia proprio dai fatti raccontati nella Genesi: Adamo ed Eva hanno mangiato il frutto dell’albero. Da questo gesto cominciano i problemi della storia dell’umanità; problemi che sono riconducibili alla libertà che Dio ha voluto dare all’uomo. Dio, infatti, ha donato all’uomo la libertà, e questa libertà può essere usata per tante cose differenti, ma deve essere usata per il bene. Questa libertà non può essere aggirata perché quando Dio crea, vuole che esista un essere capace di vivere l’esperienza dell’amore, e questa esperienza può essere vissuta solo dalle persone libere. Questo ci fa fare un esame di coscienza: “Sono veramente capace di amare?”. Cioè: “Sono libero?”. “Imposto rapporti di libertà oppure la mia affettività imposta rapporti di dipendenza?”. Queste sono domande che ci dobbiamo fare in modo serio e profondo, perché, camminare sulla via di Dio, significa vivere rapporti di libertà, non rapporti di dipendenza. Queste cose non sono scontate. Ci sono tanti peccati e questo è tra i peccati anche se non siamo abituati a chiamarlo in questo modo. Il peccato è ciò che fa male all’uomo, alla sua anima; il rapporto di dipendenza anziché d’amore è un rapporto che fa male all’anima dell’uomo. Dio si trova a fronteggiare il problema di un essere libero, un essere da lui creato libero al quale occorre insegnare ad usare bene la libertà. Dio si trova davanti il problema educativo, quello che ogni padre e ogni madre devono affrontare. Il problema di educare: un essere libero, un essere creato libero da Dio, al quale dobbiamo insegnare ad usare bene la libertà; educare una persona, altra da te, che ha una sua libertà autonoma, che ha un legame con te e che viene da te, eppure diventa autonomo da te e può scegliere in tanti modi. Come educare una persona a vivere in pienezza la sua libertà scegliendo di usarla in modo tale che questa libertà lo conduca alla felicità? Questa è la sfida perché Dio sa che l’uomo può giungere alla felicità attraverso la libertà. È per questo che l’ha creato libero. Il peccato porta un sacco di disagi, il primo dei quali, appena dopo il peccato, la disarmonia con se stessi: “Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture”. Una difficoltà a vedere se stessi in modo limpido, in modo immediato. Non è soltanto in gioco il discorso della purezza, ma è in gioco il discorso di sapersi vedere in modo giusto. Lo specchio che, da un punto di vista fisico, è un oggetto che rende fedelmente la nostra immagine pur se speculare, tuttavia può essere un oggetto nel quale uno vede qualcosa di molto differente da quello che gli altri vedono. A volte addirittura gravemente differente su cose oggettive. Esempio: ci sono delle persone che hanno dei problemi con il proprio corpo riguardo al discorso della magrezza o della grassezza: alle volte possono perdere la vista oggettiva di sé. Il rapporto più pericolosamente compromesso con il peccato è quello con Dio, perché quando noi perdiamo il rapporto con Dio, siamo perduti perché perdiamo il rapporto con la nostra origine, il nostro senso e lo stesso senso della vita. L’uomo allora si nasconde da Dio. Che cosa fa Dio di fronte a questo? Promette qualcosa di straordinario; promette qualcuno, una discendenza, la donna che sarà in grado di sconfiggere il serpente, il diavolo. Questa profezia si realizza in Maria. L’Immacolata Concezione ci ricorda proprio questo, ci ricorda che la Madonna è stata concepita senza peccato originale in vista di un disegno di salvezza: Dio prepara una dimora adatta ad accogliere il suo figlio che si fa uomo. Poi la storia prosegue: viviamo il tempo dell’avvento, quindi andiamo verso la nascita, ma la storia prosegue in modo sconcertante: questo Dio che si fa uomo, sorprendentemente si fa uomo in modo molto povero, vive una vita molto semplice, fa’ il falegname per trent’anni, non fa’ studi teologici e, improvvisamente, comincia ad andare in giro predicando e compiendo miracoli. Tutto questo in un modo straordinario e strabiliante finché non si fa ammazzare per tortura, morendo sulla croce. Non è esattamente il copione della vita del Dio incarnato che scriveremmo noi! Perché Dio fa così? Perché il richiamo è questo: “Io ti amo da morire”. Non c’è nulla di più bello di questo: amare da morire. Lui ci ha voluto mostrare fisicamente tutto questo. Solitamente non è necessario che facciamo questo passaggio del morire, tuttavia è necessario che comprendiamo che amare è la cosa più bella e più grande. Quello che in Maria viene preservato maggiormente, e che in noi viene intaccato maggiormente dal peccato originale, è proprio la capacità d’amare: la cosa più sensibile, più alta che l’uomo ha, perché dotato di intelletto e volontà e quindi libero; l’uomo, infatti, può compiere degli atti di amore che chiedono di capire quello si sta facendo e di volerlo fare veramente. Festeggiare l’Immacolata Concezione della Vergine Maria, significa mettersi davanti a questo grande affresco di Dio; l’affresco di un amore che prima ci crea liberi, perché desidera che nel mondo ci sia qualcun altro capace di scegliere liberamente di amare, e poi, di fronte alla nostra fatica e ai nostri problemi, decide di educarci mettendosi in gioco personalmente. Questo serva per noi: in questa epoca di eclissi di educatori, in questa epoca in cui i genitori hanno seri problemi ad essere educatori dei figli perché faticano a mettere a fuoco i punti essenziali del processo educativo, l’agire di Dio è un riferimento limpido e luminoso: Dio si fa compagno di strada dell’uomo, Dio si fa uomo. Qui sta la capacità dell’educatore. Carissimi fratelli e sorelle, impariamo da Dio, seguiamo il suo esempio, egli certamente traccia la strada migliore per noi e lo fa in modo particolare adesso nella liturgia, nella quale siamo chiamati a stare di fronte a questo grande affresco dell’amore, contemplando l’amore senza fine di Gesù che offre il suo corpo per noi, lo consegna per noi, versa il suo sangue per noi. Siamo chiamati a dire: “Signore, voglio partecipare anch’io a questo tuo grande disegno dell’amore; anch’io con la mia vita; anch’io voglio esserci”. E lo facciamo rispondendo con la nostra adesione di fede al Signore; è offrendo la nostra vita a Dio al momento dell’offertorio, è accogliendo il dono dello Spirito nella grande preghiera di rendimento di grazie nella quale Dio viene presente in corpo, sangue ed anima e divinità nell’eucaristia, è attraverso la fede che siamo salvati. La nostra comunione eucaristia suggella questa alleanza con Dio. Vogliamo vivere la bellezza della liturgia entrando, in modo sempre più convinto, in questo disegno d’amore universale. La Vergine Maria, nostra dolcissima madre, concepita senza peccato originale, interceda per noi perché viviamo con profondità questa liturgia.
Sia lodato Gesù Cristo.