Omelia S. Messa Epifania del Signore

Epifania del Signore
Is 60, 1-6; Ef 3,2-6; Mt 2, 1-12
Carissimi,
abbiamo ascoltato che alcuni Magi vennero da Oriente a Gerusalemme: sono il simbolo dei diversi popoli della terra che convergono a Gerusalemme, la città santa secondo la profezia del profeta Isaia. Si sono messi in cammino perché hanno trovato qualcosa, qualcosa che stavano cercando senza conoscerlo esattamente. Abbiamo ascoltato dalla narrazione evangelica che, quando i Magi chiedono dove doveva nascere il Messia, il re di Israele, il re dei giudei, a Gerusalemme coloro che conoscevano le cose più esattamente e sapevano che Gesù doveva nascere a Betlemme non si sono mossi. Questo fatto mi ha sempre colpito, addolorato e spaventato perché mi domando: “Ma noi che sappiamo tante cose su Gesù e tanto lo studiamo, sapendo tutto questo ci muoviamo, oppure siamo fermi in una serie di pratiche?”. Non è che quelli che stavano a Gerusalemme non facessero nulla, ma avevano tutta una serie di pratiche, di riti e di attività che però non permettevano loro di andare incontro al Messia che Dio stava donando al suo popolo. Alle volte capita che persone, che sanno poco di Gesù, ne vedono la luce e, affascinate, si avvicinano a lui perché sentono la presenza luminosa della verità, della vita vera, della vita che ha un senso; quel senso capace di rendere ogni esistenza profondamente significativa, bella, appassionante, anche le esistenze umanamente più martoriate. Ecco la nota di gioia del profeta Isaia quando dice: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla su di te (…) su di te risplende il Signore. (…) Alza gli occhi intorno e guarda (…) guarderai e sarai raggiante”. Questa nota di gioia deve permeare le nostre vite e, se ancora non sentiamo il traboccare di questa gioia, dobbiamo avere il coraggio di metterci per strada e camminare umilmente in ricerca come se non l’avessimo mai fatto, come se fosse la prima volta che sentiamo parlare di queste cose. La gioia è la nota predominante del cristiano. A me colpiva il fatto che “gioia” era la parola più usata da papa Benedetto nei suoi discorsi, lo ripeteva continuamente. San Paolo, nella sua lettera agli Efesini, parla del cuore, del nucleo di ciò che ci attira, di ciò da cui scaturisce la luce che è Cristo Gesù, perché c’è un “ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore”, a favore del popolo. Per rivelazione questo mistero è stato fatto conoscere, un mistero che si è svelato; e mentre le precedenti generazioni non l’avevano conosciuto, alla generazione di Paolo, come nell’oggi di Dio e nell’oggi della Chiesa, alla nostra generazione si è manifestato: “che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. Il richiamo che ho fatto nella lettera di indizione della Visita pastorale “al Signore che viene”, è un richiamo importante perché, al di là delle solite letture millenariste che magari possono darci il contraccolpo e disinteressarci dei brani profetici riguardanti il ritorno del Signore Gesù, tuttavia è un elemento fondamentale della spiritualità cristiana. Noi infatti guardiamo avanti, guardiamo ad una promessa che riguarda la nostra vita, il nostro presente, quello che vivremo in questa vita e il nostro destino futuro ed eterno. Questa dinamica va tenuta, ma ciò che riguarda l’oggi è che siamo chiamati a formare lo stesso corpo. Il nostro cammino pastorale di questo anno sta ponendo particolare attenzione al fatto che riusciamo a vivere la vita della comunità cristiana nelle sue dimensioni fondamentali, in modo particolare nella perseveranza all’insegnamento degli apostoli, nella perseveranza della comunione fraterna tra noi, nella perseveranza nello spezzare il pane – nella celebrazione eucaristica – e nella perseveranza nelle preghiere. Siamo chiamati ad essere un solo corpo; Paolo lo dice come se fosse una cosa strepitosa e, in effetti, quando la Chiesa riesce ad essere un solo corpo, in essa accadono cose meravigliose. La mia esperienza: dopo tanti anni di campi, di pellegrinaggi, di esperienze di vario genere nella vita comune di cammini parrocchiali, mi rendo conto, guardandomi indietro, che quando si è vissuto queste dimensioni essenziali, si è sperimentato la presenza del Signore, ed è una esperienza bellissima, dolcissima che porta la vita cristiana dalla mente alla carne, al vissuto. Papa Francesco ci richiama tante volte a questo. Vogliamo allora vivere questa solennità dell’Epifania chiedendo la grazia di poter vivere la manifestazione del Signore tutte le volte che egli vuole. Non dobbiamo essere noi a comandare quando deve manifestarsi: questo sta a Dio; e non dobbiamo nemmeno essere noi a non porre le condizioni per cui egli si manifesta. Chiediamo di essere fedeli al Signore, alle sue manifestazioni affinché possiamo viverle nella quotidianità della vita delle nostre comunità, e possiamo gustare la presenza del Signore Gesù in mezzo a noi come egli ha promesso. Chiediamo che la Visita pastorale, che vado ad iniziare, sia un momento di grazia per tutti noi. Ci tengo a dirvi questa parola: ho tante volte visto la Visita pastorale come il momento in cui il Vescovo viene nella comunità; ed è vero: il Vescovo viene nella comunità, ma vorrei che fosse chiaro che il Vescovo non viene nella comunità come una persona straordinaria che vuole dare un impulso di straordinarietà. Il Vescovo non può fare comunità con tutti, perché siamo persone limitate, e non ci possiamo frequentare tutti i giorni. Il Vescovo viene a vistare la comunità come un membro della comunità che solitamente non può essere presente, ma vuole essere membro della vostra comunità, e non è solo la comunità che riceve dal Vescovo, ma anche il Vescovo riceve dalla comunità perché il Signore ha stabilito di dare i doni che occorrono alla comunità attraverso i suoi membri; e nella comunità della Chiesa di Alessandria ci sta anche il Vescovo. Questa è una cosa molto bella perché c’è uno scambio perché siamo nella stessa comunità, perché il Signore ci ha chiamati ad esser insieme e in un solo corpo. La Vergine Maria, che veneriamo in questa cattedrale con il titolo della Madonna della Salve, interceda per noi e faccia sì che la Visita pastorale sia un evento di grazia e di benedizione per tutti, e che la nostra gioia nell’incontrare il Signore sia una gioia contagiosa da diffondere a tutti. Vogliamo proseguire questa celebrazione che è eucaristia cioè rendimento di grazie: vogliamo rendere grazie per quello che il Signore farà attraverso questa Visita pastorale.
Sia lodato Gesù Cristo