Omelia Pontificale Salve

Pontificale della Salve
At 3, 13-15.17-19; 1Gv 2, 1-5; Lc 24, 35-48
Carissimi, il vangelo che abbiamo ascoltato ci ha narrato l’apparizione di Gesù risorto alla comunità apostolica nel cenacolo alla sera del giorno di pasqua. Una apparizione che colpisce per alcune caratteristiche. La prima: la tardività. Gesù è apparso a Maria Maddalena, alle donne, ai discepoli di Emmaus, e finalmente appare anche agli apostoli. Forse anche in questo c’è un perché. La vita degli apostoli era segnata da una vicinanza con Gesù in cui la quotidianità la faceva da padrona; hanno avuto modo, infatti, di essere in forte comunione con lui anche a partire dalle cose più semplici come il mangiare, il camminare, il fare strada, l’andare in giro: essere testimoni oculari in tutto quello che Gesù faceva e diceva; la risurrezione pone anche gli apostoli di fronte al problema della fede nel quale non è detto che siano i più celeri. Noi abbiamo studiato tanto e, devo dirvi, che l’interrogativo che mi sono posto i primi giorni di scuola di teologia è stato questo: perderò la fede? Talvolta, infatti, lo studio della teologia, nella sua impietosa scientificità, prosaicità e laicità, mette veramente alla prova la propria fede. Verrebbe da dire: “Cambiamola”; ma va bene così perché noi dobbiamo essere fondati e radicati nella realtà ed è un bene che siamo messi alla prova. Ma questo ovviamente mette in noi tante categorie di lettura per cui diventiamo lenti in certe cose. Non a caso qualcuno, commentando il brano di Pietro e Giovanni che corrono al sepolcro, vede in Pietro l’istituzione e in Giovanni il carisma dentro la Chiesa. Giovanni arriva prima, il carisma fa più presto; Pietro arriva dopo. Giovanni “vide e credette”; Pietro entra nel sepolcro, costata, ma non si dice che credette. Forse l’apparizione tardiva di Gesù agli apostoli era anche un segno di tutto questo. Poi Gesù dice: “Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni”, se voi mi domandaste che brani sono questi, vi risponderei che non lo so; perché è un collage di tanti brani. Gesù rende semplici tante cose che non lo sono per nulla. Da tutto l’Antico Testamento tirar fuori questo riassunto è straordinario: quarantasei libri mediamente molto più lunghi di quelli del Nuovo Testamento! Questo per dire che il mistero di Cristo è un mistero in cui Gesù entra nella misura in cui lo facciamo entrare attraverso il cuore anche se ci ha donato l’intelletto che non dobbiamo buttar via. E coloro che ha scelto sono quelli a cui è apparso nel pomeriggio, non al mattino presto: è un mistero. Non potrò mai dimenticare il cardinal Canestri da Castelspina che mi ha ordinato sacerdote con il suo cruccio per le vocazioni già allora, siamo agli inizi degli anni ’90. Mentre meditavo sulla parola del Signore, anch’io mi chiedevo perché il Signore, che si lamenta dei suoi discepoli che non capiscono, non ha chiamato dei sapienti invece che degli illetterati; e si lamenta che la messe è molta e gli operai sono pochi, ma ne ha chiamati solo dodici? Il mistero di Cristo lo dobbiamo prendere così com’è, così come si rivela a ciascuno di noi e con molta semplicità e umiltà. Il cardinale Bagnasco, quando era ancora il mio don Angelo della parrocchia dove ero scout, parlava tante volte della via veloce del cuore. Credo che la Madonna rappresenti per noi questa via veloce del cuore: è lei che ci fa capire tante cose senza tanti ragionamenti, prendendoci per mano, come fanno le mamme. Mio padre era sempre molto cervellotico in tutte le sue spiegazioni, e anche in seminario avevo dei compagni molto intelligenti ma me ne guardavo dal chiedere loro spiegazioni su problemi di teologia perché rischiavo di confondere ancora più le mie idee. La Madonna con la sua maternità, con il suo aver portato nel grembo il salvatore del mondo e aver vissuto la quotidianità e la semplicità di un figlio intessuto nel suo grembo, ha la capacità di portarci a Gesù in un batter d’occhio prendendoci per il cuore. È per quello che noi siamo qua: siamo qua ai suoi piedi perché sappiamo che la Madonna ci ama, ci vuole bene, ci vuole portare a Gesù e lo fa in un modo semplice. Nella nostra vita non possiamo non avere questa via veloce del cuore perché l’uomo che è fatto ad immagine e somiglianza di Dio, è fatto di intelletto e di volontà, è fatto di comprensione rigorosa e di amore gratuito, e queste contraddizioni che vivono dentro di noi sono la nostra dimensione costitutiva, e non dobbiamo perderle e non dobbiamo neppure permettere che vadano avanti separatamente, ma che crescano in un modo armonico e coordinato. Carissimi il punto è questo: Gesù è risorto ed è vivo. E la domanda che deve venirci in mente è: “Ma io ho la coscienza viva che Gesù è presente, adesso, vivo e risorto in mezzo a noi?”. Questa coscienza viva non può essere un gioco intellettuale, ma deve essere un passaggio immediato del cuore; magari è partito da un lavoro intellettuale anche lungo ma alla fine occorre riconoscere che Gesù è vivo e presente. Dobbiamo arrivare a questa consapevolezza, diversamente perdiamo la consistenza delle cose. Questa presenza concreta di Gesù è interessante perché nel vangelo di oggi passa attraverso: “Guardate le mie mani e i miei piedi”. Ad una persona che conosciamo diciamo: “Guardami”, ma con questo indichiamo la faccia, il volto che ci identifica. Ma Gesù dice: “Guardate le mie mani e i miei piedi”; noi riconosciamo il Signore non dai tratti esteriori, i buchi nei piedi, i buchi nelle mani, il fianco squarciato, ma dal suo amore per noi arrivato fino alla morte e alla morte di croce. Che mistero! Sono i misteri profondi e semplici della vita cristiana. Anche Pietro nella lettura che abbiamo ascoltato all’inizio diceva: “Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni”. Carissimi fratelli e sorelle, non delegate il clero a questo annuncio, perché non è così il vangelo. Gesù ha detto che dobbiamo predicare a tutti, e tutti dobbiamo testimoniare la sua presenza viva; per testimoniarla dobbiamo sperimentarla altrimenti parliamo a vanvera e la gente ci sente stonati come una campana fessurata e non ci segue, giustamente. Grazie Signore quando non ci seguono quando siamo stonati perché chissà dove li porteremmo. Allora abbiamo questo compito grande: annunciare e testimoniare che è Gesù vivo e risorto. La Madonna è colei che ci porta a Gesù, è colei che attraverso la via veloce del cuore ce lo fa conoscere, percepire vivo e presente. Se dovessi raccontare tutte le volte che la Madonna ha fatto questo nella mia vita non so quando finirei; sono grato a Maria perché là dove ci ho messo l’anima e tanto tempo per arrivarci con la teologia, ci sono arrivato in poco tempo con il rosario; poi la teologia mi ha confortato nella fede, me l’ha radicata in modo intelligente; ma è la Madonna che mi ha fatto capire le cose, a modo suo, in modo profondo e in poco tempo. Ecco perché siamo qua, perché tutti abbiamo fatto l’esperienza della benevolenza di Maria, del suo amore, della sua intercessione, della delicatezza con cui si prende cura di noi; vogliamo dirle il nostra grazie per l’amore che ha per noi, “Siamo qui con te, Madonna della Salve, per vivere questa celebrazione: mostraci tu il tuo figlio risorto, tu che l’hai seguito sulla croce, tu che hai provato la morte nel cuore quando Gesù è morto, mostraci la sua presenza di risorto adesso, tra noi, nell’eucaristia”.
Sia lodato Gesù Cristo.