Pellegrinaggio alla Salve Zona Fiumi
At 6, 8-15; Gv 6, 22-29
Carissimi
Volevo condividere con voi una riflessione sul nostro venire qui a rendere omaggio a Maria: è un atto di una grande profondità, ma non sempre questi atti di grande profondità riusciamo a viverli con grande profondità. Faccio un esempio: fare la comunione è un atto di grande profondità, ma ci sono tante gradazioni nel fare la comunione e non è detto che riusciamo a farlo veramente con grande profondità. La storia che abbiamo ascoltato questa sera dall’evangelista Giovanni è quella del dopo la moltiplicazione dei pani, ed è la storia che ho scelto come canovaccio nella lettera pastorale. Gesù si era ritirato sul monte, da solo, a pregare; lo cercavano per farlo re e lui si era ritirato sul monte da solo in preghiera. Poi si rende conto che gli apostoli stanno remando con grande fatica sulla barca di notte, li raggiunge a piedi camminando sulle acque; gli apostoli lo riconoscono dopo lo spavento iniziale, lo prendono sulla barca e raggiungono rapidamente la riva a Cafarnao. Qui abbiamo il nostro racconto: succede che la folla, vedendo che Gesù e i suoi discepoli non erano più nel luogo della moltiplicazione, sale sulle barche e si dirige alla volta di Cafarnao. Trovatolo gli chiedono: “Rabbì quando sei venuto qua?”. Risposta: “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”. È un modo strano di rispondere. “Rabbì, scusa, quando sei venuto qua?”. “In verità, in verità ti dico …”. Sarebbe come se io chiedessi l’ora e mi sentissi rispondere: “In verità, in verità ti dico”, e poi non dice neppure l’ora. Modo strano, ma il vangelo è pieno di queste risposte strane di Gesù. Il problema, infatti, non è la risposta di Gesù, ma la nostra domanda; il problema è, e Gesù lo mette a fuoco, che cosa stiamo cercando noi? Quando noi ci rapportiamo a Gesù, quando veniamo dalla Madonna che cosa stiamo cercando? Noi partiamo con le nostre domande e vorremmo che Dio ci desse le nostre risposte, ma così non funziona. Dio ci dà delle risposte a modo suo e spesso, per fortuna, non c’entrano niente con le nostre domande, perché le nostre domande spesso sono fuori fuoco. Qual è il problema? Gesù va alla radice: “Che cosa stai cercando?”. A noi piacciono queste domande e queste cose strane: “Maestro, insomma, eri di là, non hai preso la barca e ti troviamo di qua, ma quando sei venuto?”. A noi queste stranezze e queste straordinarietà solleticano. Ma Gesù tira diritto. Quando andiamo a cercare Gesù e la Madonna, guai a noi se andiamo a cercare le stranezze, guai a noi se andiamo a cercare le cose che solleticano la nostra curiosità, perché Dio non è venuto nel mondo a fare il giocoliere, non lo troviamo al semaforo a fare spettacoli. Dio è venuto per una motivazione molto profonda. “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. Vedete Gesù dice: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni” e quando parla di “segni” non parla di uno che fa dei segnali, ma sta parlando della moltiplicazione dei pani chiamandola “segno”. Mi ricordo quando, da bambino, mi raccontavano questo fatto al catechismo, noi l’avevamo preso come un prodigio, un fatto spettacolare; guarda Gesù che cosa ha fatto, ha dato da mangiare a cinquemila uomini senza contare le donne e i bambini partendo da cinque pani e due pesci; ha moltiplicato tale quantità di roba, un prodigio spettacolare, sotto gli occhi di tutti. Veramente è stata l’occasione nella quale Gesù si è concesso di più allo spettacolare, perché tutti l’hanno potuto constatare perché hanno toccato con le loro mani quei pani, ne hanno tolto uno dalle ceste degli apostoli e ne hanno visto che ve n’erano ancora e ancora di più. Era uno spettacolo? Per Gesù era un segno, un segno che indicava un’altra cosa. A noi piace la concretezza della spettacolarità: “Avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”. Gesù ci dice: “Non mi state cercando perché avete visto un segno”, una cosa che indica qualcosa d’altro, ma semplicemente perché avete mangiato dei pani in modo spettacolare, avete trovato il sistema per non rimanere senza mangiare e siete tranquilli; ma invece dovete darvi da fare “non per il cibo che non dura” e che ha una scadenza, “ma per quello che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà”. Evidentemente Gesù con quella moltiplicazione dei pani voleva indicare quest’altro cibo: un cibo che rimane per la vita eterna. I suoi interlocutori passano alla domanda numero due; sbagliata la prima e sbagliata la seconda. “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio”. Vedete questa domanda è suggerita a loro dal discorso di Gesù, ed è la richiesta di che cosa si deve fare. È una domanda concreta, a noi infatti piace essere concreti. Risposta di Gesù: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato”. Ci verrebbe da dire: “Va bene, poi?”. Noi queste cose le diamo per scontate, come se credere fosse facile. Noi vediamo la Madonna, nella nostra effige, sofferente ai piedi della croce, di fronte a suo figlio, all’assurdità di un figlio che non ha fatto altro che fare del bene, che non ha fatto che dire delle cose splendide, che ha guarito la gente, lo hanno ammazzano per tortura come un criminale; c’era da impazzire. Non c’è un minino senso in questo se non hai la fede che il Signore, Dio, in quel momento, attraverso quella morte assurda stava compiendo qualcosa di grande che noi fatichiamo a capire. E quando fatichiamo a capire o proprio non capiamo, stare lì con fede è una cosa immensa, non per niente facile. Noi abbiamo bisogno della fede, l’opera di Dio è credere in colui che egli ha mandato. Anche quello che era successo alla moltiplicazione dei pani, era un altro esempio della nostra concretezza: l’apostolo concreto va davanti a Gesù e gli dice: “Maestro predichi bene, ma stai parlando da tre giorni e questa gente ha fame, se non la licenzi, rischia di morire di fame per strada; li abbiamo sulla coscienza; torna con i piedi sulla terra”. Non glielo dice in modo brutale, anche noi siamo sempre molto garbati con Dio, e cerchiamo di fargliela capire in modo educato. Un’altra situazione, in questi giorni mi faceva divertire, quando cercavamo di far capire al Signore la mancanza di vocazioni, come se fosse lui che non chiama. C’è mancanza di risposte alle chiamate di Dio, ma noi abbiamo sempre questo modo gentile e la piazziamo come se fosse lui che non funziona, non noi che siamo sordi. “Maestro, licenzia la folla, ti seguono da tre giorni, vengono meno per strada” E Gesù a questa nostra bella concretezza, a noi che ci sentiamo persone responsabili con queste nostre uscite, risponde con una provocazione micidiale: “Datelo voi stessi da mangiare”. Gli apostoli confabulano tra di loro. “Giuda quanto hai in cassa?”. “Duecento denari”. “Anche se ci fosse un negozio e potessi comprare duecento denari di pane non basterebbe a dare un boccone a ciascuna di queste persone”. “Avete qualcosa?”. “C’è solo un ragazzo che ha cinque pani e due pesci”. Cinque pani e due pasci per questa folla … Tornano da Gesù: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa ricevere un pezzo”. “C’è un ragazzo che ha cinque pani e due pesci, ma cos’è per questa folla?”. “Portatemeli qua”. Vedete è lo stesso cliché: la nostra concretezza miope, la potenza di Dio strabordante e mirata che riesce anche ad essere concreta, in sovrabbondanza. Gesù prega, ringrazia il Padre, benedice il pane e lo spezza. Non lo moltiplica, lo divide. Io sono un matematico e all’operazione sto attento. Divide il pane, non lo moltiplica; lo dà agli apostoli e agli apostoli dice: “Datelo alla gente”. Vi rendete conto della concretezza della fede che ci chiede di giraci e andare a sfamare la gente, cinquemila persone, con cinque pani spezzettati. Roba da psichiatria; o hai fede o è roba da psichiatria. Ti devi fidare di Gesù perché non capisci assolutamente dove vuole arrivare. Chi avrebbe capito che, quel giorno, voleva parlare di eucaristia? Non si poteva capire. E anche il discorso che ascolteremo in questi giorni a Cafarnao, quando parla del pane della vita, ma chi poteva capire? Nessuno capisce, perché quel discorso poteva essere compreso solo dopo che si era vissuta l’ultima cena con lo stravolgimento della pasqua ebraica in istituzione dell’eucaristia. Questo discorso di Gesù è rimasto incompreso fino a quella sera. Capite che cosa vuol dire venire ai piedi della Madonna, carissimi fratelli e sorelle? Noi veniamo perché le vogliamo bene, perché ci ha fatto tanti favori, sentiamo che ci è vicina, sentiamo che ci ama; e riconoscenti e gioiosi veniamo da lei. Ma non dobbiamo venire in modo superficiale; dobbiamo venire, come lei ha fatto, con fede; con fede anche se non sappiamo in che contesto si vive perché il Signore ce lo rivelerà dopo; dobbiamo aver fede, dobbiamo fidarci di Dio anche quando le condizioni sembrano sfavorevoli, perché Dio non manca di ricompensare i figli che hanno fede e di fargli vedere l’attuarsi del suo disegno d’amore. Questo è il messaggio che avevo a cuore di passarvi, carissimi fratelli e sorelle: la bellezza di essere qui ai piedi della Madonna, la gioia che abbiamo nel farlo ci mette però davanti ad una responsabilità seria: aver fede. “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”. Chiediamo la grazia, per intercessione di Maria, di essere capaci di non rincorrere i prodigi ma di capire i segni che il Signore dà alla nostra vita, alla nostra storia, alla nostra Chiesa. “Stolti sapete leggere i segni delle stagioni e non sapete riconoscere i segni di Dio”, così disse Gesù. Chiediamo la grazia di capire i segni, di credere, e lo facciamo esercitandoci nella celebrazione eucaristica nella quale Gesù ci dà il segno della sua presenza e si rende presente. I nostri cuori sappiano riconoscerlo e vivere nella pace.
Sia lodato Gesù Cristo.