Pellegrinaggio alla salve Clero
At 8 1-8; Gv 6, 35-40
Carissimi in questo giorno di pellegrinaggio alla Madonna della Salve abbiamo ascoltato questa porzione del discorso di Gesù sul pane della vita. “Gesù rispose loro: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete”. La vita cristiana viene descritta in modo molto profondo già soltanto da queste poche parole: essa è un andare a Gesù perché, in fondo, c’è fame e sete di Dio. Questa fame e questa sete noi la leggiamo oggi nel mondo nonostante i proclami, i discorsi, le campagne demitizzanti, secolarizzanti; noi vediamo, inaspettatamente, che persino nelle persone che hanno fatto scelte di vita e di convinzioni atee, il sorgere, talvolta irresistibile, di un desiderio di Dio: una fame e una sete che hanno cercato di reprimere per tutta la vita, perché non d’accordo con quella fame e quella sete, e che improvvisamente emerge: questo è il paradosso di Dio. Ma accostarci a chi non crede implica che, prima di tutto, questo cammino lo dobbiamo fare noi stessi, perché non dobbiamo dare per scontato che crediamo. Certo con la testa noi crediamo, abbiamo dedicato tutta la vita a questo, ci mancherebbe che non credessimo; ma nello stesso tempo il credere deve essere declinato ogni giorno, e questa è la fatica immensa del nostro ministero: declinare ogni giorno tutta una serie di azioni che escono fuori dai manuali. Che bello sarebbe se la nostra teologia fosse una serie di ricerchine pronte, in modo da avere subito la soluzione così da essere tranquilli! Ma invece la fatica nostra è questo continuo discernimento nelle situazioni che ci capitano, a volte faticose, a volte piuttosto disperanti e fiaccanti nel morale. La fatica è quella del discernimento per compiere la volontà di Dio, e credere che, nonostante tutto Dio sta agendo nelle nostre vite e nella nostra Chiesa. È la Madonna della Salve che ci dice questo: la sua immagine è quella di una donna sostenuta da un giovane ai piedi della croce del Figlio, il quale è passato beneficando e predicando il vangelo del regno, dicendo delle cose bellissime, guarendo tanta gente e portando tanto bene, ed è stato brutalmente ammazzato per tortura su una croce. Pensare che quello non è il fallimento di Gesù, ma il compimento del suo ministero chiede una fede enorme. Impressionante la fede di Maria nel suo stare ai piedi della croce. Questo esempio può sostenere la nostra fatica del credere, non nelle verità teologiche, quando, di fronte a certi panorami pastorali, ci sentiamo scoraggiati; ma è proprio in quelle situazioni che siamo davanti al passaggio di Dio, alla pasqua che porta salvezza. D’altronde il nostro sacerdozio è definito in relazione all’istituzione dell’eucaristia del giovedì santo, dal quel “Fate questo in memoria di me”, e sappiamo bene che non è solo questione di celebrare un rito; se il sacerdozio fosse solo questo sarebbe una passeggiata, ma “fate in memoria di me” è tutto un processo di visione eucaristica della realtà che ci chiede una lettura di speranza e di fede degli accadimenti nei quali viviamo. Perciò devo dirvi che, in questo anno pastorale, guardando alla nostra diocesi di Alessandria, ho visto segni molto promettenti: è un momento di grande azione nel quale dobbiamo affrontare tante sfide. Ma, al di là di questo, vedo la semplicità di porsi di fronte alla realtà non con delle regole, non con grandi progetti, ma con il desiderio di capire che cosa Dio vuole e credere che Dio sta portando avanti il suo disegno. Questo atteggiamento è percepibile vedendo che stiamo mettendo il cuore per vivere la chiamata che il Signore ci dà nella quotidianità. Credo che non ci sia nulla di più efficace dell’immagine di Maria sotto la croce per rafforzarci e incoraggiarci in questo; nulla di più efficace di questa chiamata eucaristica a rendere grazie in ogni cosa e a vivere con fede la nostra quotidianità, sicuri che, nonostante a molti sembri più un capolinea, sia solo un punto di svolta dell’azione di Dio nel mondo. D’altronde come abbiamo ascoltato nella prima lettura – questo mi fa sorridere perché gli accadimenti della Chiesa sono quasi comici – l’evangelizzazione non nasce da un bel concilio, da un bel convegno in cui si analizza teologicamente l’insegnamento del Signore, ma semplicemente dal fatto che han cercato di ammazzare i primi cristiani, e questi si sono dispersi e là dove erano dispersi hanno predicato. La Chiesa funziona così da sempre e credo che questa sia la caratteristica del cristiano: vivere la situazione come un evento di grazia. In questa celebrazione eucaristica vogliamo ringraziare Dio per il nostro ministero; lo mettiamo ai piedi del Signore per intercessione di Maria madre dei sacerdoti, e chiediamo la grazia affinché possiamo continuare a leggere la realtà con lo sguardo della fede, con lo sguardo di Dio. Il Signore compia il disegno bellissimo di amore, di redenzione e di bene che ha per la nostra Chiesa.
Sia lodato Gesù Cristo.