VI Domenica di Pasqua – Offerta olio
At 10, 25-26.34-35.44-48; 1Gv 4, 7-10; Gv 15, 9-17
Carissimi fratelli
Sapete che sono matematico e quest’oggi vorrei parlarvi di proporzioni: a:b = c:d. Le proporzioni sono una cosa intelligente perché servono a riportare su un’altra cosa una realtà differente magari più accessibile. Vorrei riflettere sul ruolo civile della Madonna della Salve partendo dalla Madonna di Guadalupe. Questo perché sono appena tornato dal Messico, ancora patisco per il jet lag, e andare in Messico, conoscere la realtà di quel posto e vedere con gli occhi l’immagine della Madonna di Guadalupe mi ha fatto una impressione incredibile. Ma partiamo dalla parola di Dio. “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”. Il Vangelo: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. Nel 1519 Hernàn Cortés sbarca nello Yucatàn, nella parte sud-est del Messico. Nel 1521 arriva a Tenochtitlàn, luogo su un lago dove sorge l’attuale Città del Messico e dove vi erano gli aztechi. La cinge d’assedio e la conquista massacrando gli abitanti. Con lui vi erano gli evangelizzatori. Noi siamo in una posizione privilegiata da un punto di vista storico rispetto ad allora, e fatico un po’ a cogliere il nesso tra queste parole di Gesù che abbiamo ascoltato, e quello stile di evangelizzazione; come è difficile seguire la parola di Dio staccandosi dalla mentalità di questo secolo! Cari fratelli e sorelle cattolici, voi sapete che il vostro vescovo continua imperterrito a chiedervi di partire dalla parola di Dio, dalla meditazione su questa parola che non è mai abbastanza; questo è per il bene nostro e della società in cui siamo, per evitare di fare disastri, perché l’uomo è solito farne e la nostra storia è costellata di tanti sbagli, e dentro questi le cose che azzecchiamo, pian piano, ci fanno crescere. Ma c’è bisogno di una mano divina. Immaginatevi la storia e la scena: dove c’è la città del Messico c’erano gli aztechi che erano in un momento di grande splendore: avevano conquistato i popoli vicini, avevano una civiltà molto valida e profonda, ma con degli elementi del tutto esecrabili come i sacrifici umani. Bisognava alimentare il dio sole e nutrirlo perché facesse andare le cose con ordine; quindi alcune persone venivano offerte al dio sole, veniva loro strappato il cuore, decapitati, e i cadaveri gettati giù da questi templi a gradoni: una cosa veramente barbara. Purtroppo l’evangelizzazione ha stentato molto perché questa gente, che viveva in quel modo, che cosa vedeva di differente nel comportamento dei conquistadores? Anche costoro ammazzavano. Inoltre ci si poneva anche questi profondi problemi teologici: ma gli indigeni hanno un’anima? Il perché di queste domande veniva dal fatto che c’era bisogno di costituire uno stato moderno, e per farlo bisognava fare dei lavori, c’era bisogno di mano d’opera e se questi erano considerati come bestie tutto si semplificava. Dopo dieci anni dalla conquista di Città del Messico, ad un umile contadino da poco convertito, di nome Juan Diego, appare una bellissima signora sfolgorante, la quale gli chiede di recarsi da Juan De Zummàrraga, che era il primo vescovo nominato di Città del Messico, da poco insediato, per chiedergli di costruire una chiesa in suo onore sul monticello dove lei era apparsa. Juan Diego andò dal vescovo e questi gli rispose: “Caro figlio, io vorrei un segno”. Sapeste quante persone vengono o mi scrivono dicendo di aver avuto chissà quali rivelazioni sulla vita e sull’universo! Non ho la percezione che siano cose vere ma piuttosto proiezioni o squilibri psicologici. E quindi il vescovo di sua natura è sempre molto diffidente. La Madonna guarì uno zio di Juan Diego, ma il vescovo continuò a nicchiare finché Juan Diego ebbe un segno molto bello; in pieno inverno vicino al luogo dove aveva visto la Madonna, poco sotto, fiorì un roseto splendido e la Madonna gli disse di portare quelle rose al vescovo. Le raccolse nel suo mantello, la Tilma, tipico loro abito tradizionale, fatto di fibra d’agave la cui durata è di circa 50/60 anni scientificamente parlando, e andò dal vescovo e quando aprì il mantello per depositare queste rose ai piedi del vescovo ecco che sul mantello apparve una immagine, l’immagine della Madonna. Il vescovo si inginocchiò davanti a questa immagine. Questo è il punto di svolta dell’evangelizzazione: là dove gli uomini non erano stati capaci, arrivò la Madonna e con una sola immagine rese comprensibile l’evangelizzazione. Il mantello c’è ancora adesso nonostante la sua costituzione precaria. Che emozione vederlo dopo cinquecento anni! Questa immagine rappresenta una donna, la chiamano la Morenita per il colore della sua pelle. La Madonna, alla faccia di quelli che stavano lì a riflettere se per caso gli indigeni avessero un’anima, lei si presenta come una indigena. Si presenta con il volto del colore degli indigeni e questi si identificano immediatamente anche perché su questa immagine vedono i segni tipici della loro religiosità: questa donna sfolgorante come il sole, attorno alla figura ci sono tutti i raggi, con la luna sotto i piedi e avvolta in un mantello di stelle; in basso un essere, una specie di angelo con le ali e le piume. Gli aztechi avevano come dio un serpente piumato e il capo delle popolazioni aveva un copricapo piumato per indicare i nove mondi superiori sopra la terra e quindi celesti, la divinità. In questa immagine c’è la sintesi geniale di due culture: rappresenta la Madonna, la mamma di Gesù Cristo, come nell’Apocalisse; Giovanni, infatti, al capitolo 12 dell’Apocalisse scrive: “Vidi una donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”. La Madonna di Guadalupe non ha queste stelle sul capo per evitare di pensare che le stelle potessero essere superiori alla Madonna, ma sono nella veste. L’angelo, una immagine accettabile anche per gli spagnoli che quasi non la considerano, per gli indigeni diventa un messaggio chiaro, visibile; ne riconoscono gli elementi e, dal prodigio di tale fatto, vedono l’azione di Dio che sta parlando loro nella storia. Talmente geniale che nemmeno gli spagnoli hanno capito la portata di quella immagine. Ecco carissimi, quello che è successo in Messico: è stato spazzato via il sistema che era terribile, ingiusto socialmente, sanguinario, fondato su sacrifici umani e si è fatto il cammino di pacificazione. Quanta fatica facciamo noi che abbiamo il vangelo a capirlo e a metterlo in pratica! Ciò che Gesù ci ha detto lo conosciamo da duemila anni, ma che fatica facciamo a metterle in pratica! Guardando la nostra storia, quanta fatica a rispettare la vita, a non uccidere, quanta fatica ad evitare le guerre. Certo ora c’è un grande impegno in questa direzione, ma non basta ancora; quanto tempo ci vorrà ancora? La Madonna della Salve è la nostra Madonna; facciamo la proporzione: la Tilma della Morinita, il mantello della Madonna di Guadalupe sta al popolo Messicano come la Madonna della Salve sta al popolo alessandrino. Cosa possiamo dire? La nostra Madonna sta sotto la croce del Figlio e soffre per come il figlio è trattato. È sorretta da Giovanni, l’apostolo che rappresenta tutti noi e al quale è stata affidata da Gesù sulla croce; la Madonna è lì davanti alla croce per dire: “Bisogna riuscire ad amare anche di fronte alle cose più difficili e faticose”. Carissimi alessandrini con il cuore vi chiedo questo: amate, siate vicini ai fratelli; non criticate troppo e quando giustamente bisogna far presente le cose, facciamolo in modo incoraggiante, non scoraggiante; diversamente non andiamo avanti, non miglioriamo. Amiamo gratuitamente, amiamo di fronte alle difficoltà, stiamo anche di fronte alle difficoltà con il nostro amore come la Madonna ci insegna, come lei che attraverso quella immagine ci rappresenta. Portiamo nei nostri occhi questa immagine perché è la chiave della nostra vita e della vita della nostra società. Carissime autorità civili e militari qui riunite numerose, come vescovo vi voglio dire solamente questo: noi siamo qua con lo scopo di far crescere questo amore, per servire la nostra società, e per impiegarci con tutte le nostre risorse affinché i cattolici sappiano amare; siamo qua per avere una riserva di persone che abbia in mente non semplicemente l’osservanza delle leggi ma ben di più: il desiderio di amare gli altri. Abbiate pazienza se non ce la facciamo qualche volta. Sono duemila anni che ci sforziamo, ma vi promettiamo che, ponendoci davanti alla parola di Dio, ci sforzeremo di metterla in pratica: questo è il nostro desiderio, questo è quello che ci chiede Dio, questo è quello che ci indica la nostra Madonna della Salve. Mi piace dirlo in questo giorno dell’ottocento cinquantesimo compleanno della città perché questo è il contributo che vogliamo dare alla nostra amata Alessandria. La Vergine Maria, con la sua intercessione, non cessi mai di accompagnarci in questa strada con l’intelligenza e la genialità di Dio perché la nostra Alessandria possa avere giorni sempre migliori di fecondità, di pace e di benessere, di buona vita.
Sia lodato Gesù Cristo