In queste settimane di ottobre si svolge a Roma il Sinodo sui giovani: i vescovi riuniti stanno riflettendo sulle scelte dei giovani oggi e sul loro ruolo nella chiesa. Per questa ragione lo slogan per la Giornata Missionaria Mondiale 2018, che si svolgerà in tutte le comunità domenica 21 ottobre, prende spunto da questa importante iniziativa ed è : “GIOVANI PER IL VANGELO”.
Papa Francesco ha spiegato che le caratteristiche dei giovani sono anche quelle di Dio: “E’ giovane perché fa nuove tutte le cose e ama le novità, perché stupisce e ama lo stupore, perché sa sognare ed ha desiderio dei nostri sogni, perché è forte ed entusiasta, perché costruisce relazioni e chiede a noi di fare altrettanto”
Domenica scorsa sono stati canonizzate diverse persone la cui vita è per tutti, soprattutto per i giovani, una ricchezza enorme. Fra questi Monsignor Romero (che in queste pagine viene ricordato quale martire e profeta) e papa Paolo VI. Per i più giovani questo grande Papa del ‘900 è poco più di un nome nei libri di storia, ma è interessante approfondire anche oggi il suo ministero, e noi lo vogliamo fare in particolare perché è stato un pontefice che ha posto in primo piano la natura missionaria della Chiesa, promuovendo lo spirito della nostra Giornata Mondiale che così egli riassumeva: “rendere visibile per mezzo della carità fraterna l’Amore invisibile del Padre che è nei Cieli. (…) spettacolo della carità che in tutto il mondo, per mezzo delle diocesi, delle parrocchie, delle organizzazioni, delle varie iniziative, unisce i cristiani al sacrificio quotidiano, alle fatiche apostoliche e ai meriti dei missionari” (tratto dal Messaggio del Santo Padre Paolo VI per la Giornata Missionaria Mondiale, 1966).
Paolo VI – scriveva il teologo Giacomo Canobbio – mostrerà con particolare enfasi questo concetto nella sua esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (EN), dell’8 dicembre 1975, che concluderà il tormentato Sinodo del 1974 sulla “Evangelizzazione nel mondo contemporaneo”.
Qui, descrivendo il dinamismo della evangelizzazione, il Papa ne presenta lo scopo: far aderire le persone alla Chiesa e renderle quindi protagoniste della medesima evangelizzazione (cfr. nn. 23-24).
Coerentemente, la missione non può che essere connaturata alla Chiesa: esito della carità di Dio, la Chiesa è nel mondo per comunicare a tutti la medesima carità; e non solo con l’annuncio, ma anche, e soprattutto, con la testimonianza di vita. La missione è pertanto, come diceva Paolo VI, esercizio della carità.
Tra le encicliche scritte dal Papa bresciano, citiamo l’Ecclesiam Suam, del 1964 (a Concilio ancora in corso), sul dialogo all’interno della Chiesa e sul dialogo della Chiesa con il mondo e soprattutto la Populorum Progressio (del 1967) sullo sviluppo dei Popoli, forse la più celebre, dove affrontava i problemi di società in rapida trasformazione, ricevendo anche accuse di eccessivo ‘socialismo’ quando (al n.23) scrive contestando il diritto assoluto alla proprietà privata: “Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario.” E ancora (al n. 37) “I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La Chiesa trasale davanti a questo grido di angoscia!”
Parole ancora attualissime, nei nostri infiniti dibattiti sugli sbarchi di clandestini!
Per ampliare questa riflessione sulla sensibilità missionaria di Papa Paolo VI, si può ricordare che fu il primo papa a viaggiare in aereo: volò per raggiungere terre lontanissime, come nessuno dei suoi predecessori aveva ancora fatto; è stato il primo papa a visitare tutti i cinque continenti. In occasione dei suoi viaggi, alcuni dei discorsi pronunciati esprimono il suo pensiero missionario e sociale, e quella sua dimensione particolare di pensiero umanistico che sarebbe da approfondire ulteriormente.
Sarebbe davvero troppo lungo analizzare questo ed altri importanti discorsi di Papa Paolo VI (per altro comodamente rintracciabili sul sito del Vaticano!), che fu pellegrino in Terra Santa, si impegnò per il cammino Ecumenico (memorabile l’incontro con il Patriarca Atenagora), fu in Uganda, dove ricordò il significato profondo del martirio cristiano (quanto presente, anche oggi, nei Paesi di missione!), in India, nelle Filippine ed in altri Paesi dell’estremo Sud-Est asiatico (consacrò in quei giorni il primo vescovo nativo della Papua Nuova Guinea), ma sembra giusto sottolineare che fu lui a istituire la Giornata Mondiale per la Pace, che celebriamo ogni 1° gennaio fin dal 1969. Proprio alla Pace si richiamava, anche nel suo saluto ai Vescovi Latinoamericani, a cui raccomandò caldamente: “La pace! Voi ricordate certamente quanto essa sta a cuore alla Chiesa, a Noi personalmente, che, con la fede, ne abbiamo fatto uno dei motivi salienti del Nostro Pontificato. Ebbene, qui, durante la celebrazione del Sacramento Eucaristico, simbolo e fonte di unità e di pace, ripetiamo il Nostro augurio per la pace; per la pace vera, che nasce dai cuori credenti e fraterni; la pace fra le classi sociali nella giustizia e nella collaborazione; la pace fra i popoli nella celebrazione d’un umanesimo illuminato dal Vangelo; la pace dell’America Latina; la vostra pace.”
Rileggiamo in questa giornata missionaria mondiale 2018 tutte queste riflessioni di Paolo VI, per trarne ancora oggi l’insegnamento necessario alla Chiesa.
Don Valerio Bersano – direttore del centro missionario diocesano