Chiesa, lotta agli abusi: 98 centri d’ascolto in 157 diocesi. E 1.200 operatori formati

Chiesa, lotta agli abusi: 98 centri d’ascolto in 157 diocesi. E 1.200 operatori formati

Tutela dei minori e delle persone vulnerabili, la Chiesa italiana fa sul serio. Cancellate le incertezze e le ambiguità del passato, il piano messo in piedi per costruire una nuova cultura della prevenzione, che vuol dire accoglienza, ascolto e rispetto di tutti e di ciascuno, appare davvero destinato ad aprire un nuovo futuro di credibilità e di fiducia, oltre a fugare ogni sospetto di indifferenza.

Non si tratta solo della struttura organizzativa, comunque imponente, coordinata dal Servizio nazionale per la tutela dei minori, con servizi regionali nelle 16 regioni ecclesiastiche affidati a un vescovo delegato, un coordinatore e un’équipe di esperti. E poi 226 referenti diocesani, uno per ogni diocesi. Una rete in cui sono impegnate centinaia di persone, soprattutto laici, più donne che uomini, tutti con competenze specifiche.

Non si tratta solo dell’attività ormai avviata nei 98 Centri di ascolto, in 157 diocesi (70% del totale) che operano a livello diocesano o interdiocesano. Porte aperte per l’accoglienza e l’ascolto, gestiti da volontari che con professionalità e passione ecclesiale, sono in grado non solo di informare sulle procedure e le prassi per la segnalazione di abusi, ma anche di accompagnare alla ricerca della strada più opportuna per l’assistenza medica, spirituale o legale. Sportelli preziosi per un primo orientamento, dove però non si offre né accompagnamento psicoterapeutico – di cui eventualmente si occupano altre realtà – né ci si sostituisce all’autorità giudiziaria per la raccolta delle denunce.

Tutto importantissimo e prezioso, certo, anche se forse l’aspetto più rilevante dello sforzo messo in piedi della Chiesa su questo fronte delicato si chiama formazione. Nessuno più mette in dubbio che solo il rovesciamento delle prospettive culturali grazie a persone motivate, formate e convinte dell’importanza della posta in gioco, sia in grado di inaugurare una nuova stagione all’insegna della trasparenza e della piena affidabilità.

Ne è convinta Chiara Griffini, psicoterapeuta di lunga esperienza, membro del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale, referente del Servizio tutela minori per la diocesi di Piacenza-Bobbio, ma soprattutto coordinatrice del progetto Safe grazie al quale, tra il 2019 e il 2021, nonostante il lockdown, sono stati preparati 1.200 operatori. «L’obiettivo? Costruire una nuova sensibilità preventiva con la formazione di relazioni generative, capaci di restituire un’immagine buona di comunità. La mentalità generativa è quella che sa accogliere, accompagnare e lasciare andare. Così si promuove la vita. La mentalità abusante irretisce, trattiene, confonde e offende la vita».

Leggi l’articolo completo su Avvenire.it