Don Mario Cesario e don Silvano Sirboni ricordano gli anni di seminario
e ci raccontano la loro vocazione: «L’esperienza di un grande amore»
Don Mario, don Silvano: siete stupiti di questi 60 anni di ordinazione sacerdotale?
Mario: «Stupito, direi di no. Certo, all’inizio c’era l’entusiasmo giovanile, ma poi le cose cambiano e così si matura. Devo ringraziare tre sacerdoti che mi hanno accompagnato nel cammino di questi anni, specialmente nei momenti più difficili: don Paolo Ivaldi, un uomo buono che desiderava le cose del Cielo più di quelle del mondo; don Luigi Martinengo, che mi ha aiutato negli studi e per me c’è sempre stato, anche nei momenti di difficoltà; e infine don Guido Ottria, che è ancora tra noi e ha sempre trattato questioni umanamente spinose con grande delicatezza. Ora, anche grazie a loro sono qui “coi piedi in terra”, come dico sempre… Le fantasie di gioventù si sono spente. Perché ho visto, e vedo, delle realtà di sofferenza che mi fanno crescere».
Silvano: «Prendo spunto da quello che ha detto il mio confratello Mario: anch’io sono arrivato fin qui grazie a coloro che il Signore mi ha fatto incontrare, prima e dopo l’ordinazione. Non smetto mai di ringraziare Dio per il dono prezioso delle persone che mi ha messo accanto: noi siamo quello che gli altri ci aiutano a essere. Essere cristiani significa appunto essere responsabili gli uni degli altri».
Mi raccontate la vostra vocazione?
Mario: «Frequentavo il gruppo scout che era in Vescovado, e monsignor Gagnor in qualche modo mi aveva già “adocchiato”. D’estate mi ospitava per tutto il periodo estivo, anche se io non avrei dovuto essere lì perché non ero un seminarista come mio fratello, don Agostino, che era già in seminario ma non aveva mai fatto “pressioni” sulla mia vocazione. Che per me si è chiarita in maniera graduale».
Silvano: «Non ho avuto alcuna visione ultraterrena (sorride). Penso sia stata il frutto delle relazioni umane che ho avuto. Per la parrocchia del Carmine, Mario lo sa, ero delegato aspirante dell’Azione Cattolica mentre lavoravo a Valenza. In quel contesto è maturata dentro di me la passione di annunciare il Vangelo e far conoscere Gesù Cristo. La chiamata l’ho sentita verso i 18 anni, proprio a Oropa dopo una “tre giorni” di esercizi spirituali organizzati dall’Azione Cattolica, grazie a un prete biellese, don Luigi Quario, che ci aveva parlato di Cristo con una passione così profonda e sincera da far scattare in me, in quel momento, quella scintilla che il Signore mi aveva già messo nel cuore».
(testo a cura di Andrea Antonuccio)