I mille volti dell’8xmille
Monsignor Guido Gallese, Vescovo di Alessandria, ha la responsabilità in merito alla destinazione dei fondi dell’8xmille nella nostra Diocesi. Per questo gli abbiamo chiesto di spiegarci i criteri e le modalità con cui queste risorse vengono utilizzate.
Eccellenza, ha ancora un senso l’8xmille alla Chiesa cattolica?
«Il “mondo” fa fatica ad accettare che una confessione religiosa venga aiutata dallo Stato, ma non si rende conto di che cosa accadrebbe se non fosse più così. Non solo per la Chiesa…».
Può spiegarcelo?
«Se la Chiesa “sparisse” dallo Stato, andrebbe perduto un supporto educativo fortissimo. Ogni anno lo Stato dovrebbe mettere in conto alcuni miliardi in più per l’istruzione, se le scuole cattoliche chiudessero. Per non parlare della carità… L’8xmille è un investimento dello Stato per risparmiare e ottenere dei servizi realizzati con un livello molto alto, e con una profondità umana che va oltre la “fornitura” professionale».
Questo è un buon motivo per firmare?
«Sì, anche se un cattolico dovrebbe capire che così aiuta la sua Chiesa. L’8xmille non ti fa perdere nulla: è un contributo dello Stato alla Chiesa che aiuta anche la società. A noi non costa nulla, ma permette che si realizzino cose grandi. Con uno sguardo diverso: uno sguardo cristiano».
Eccellenza, che responsabilità avverte quando deve scegliere la destinazione di queste risorse?
«Cerco di farlo con grande attenzione. Quello che noi riceviamo dallo Stato va impiegato con estrema correttezza, rispettando le leggi. È un dovere di giustizia».
Perché, secondo lei, la firma dell’8×1000 alla Chiesa cattolica negli anni è diminuita?
«Per tutta una serie di ragioni. Una è sicuramente che i cattolici che frequentano la Messa non sono adesso una percentuale straordinaria…».
Diminuiscono i cattolici praticanti, diminuiscono le firme.
«Diciamo che un tempo si firmava anche un po’ “per tradizione”… oggi chi lo fa è convinto della bontà del suo gesto. E questo è positivo».
Possiamo fare un appello che induca a riflettere gli indecisi?
«Il mio appello è questo: le risorse che vengono affidate alla Chiesa cattolica solitamente si moltiplicano (sorride)».
Si moltiplicano?
«Sì. Prendiamo il caso della Caritas, che raccoglie intorno a sé diversi volontari che si uniscono nell’opera caritativa, e dunque diventa un moltiplicatore di bene sociale. Ma anche un moltiplicatore economico, perché riesce in diversi casi a far “ripartire” diverse persone che per le loro fragilità erano fuori dalla vita della società. È solo un esempio, questo, ma aiuta a far comprendere l’utilità complessiva dei fondi dell8xmille alla Chiesa cattolica».
Quindi non solo un aiuto “ai preti”, ma a tutti. E, in qualche modo, anche a me stesso.
«Aiuti te stesso e aiuti la società con una peculiarità che è il nostro stile, e fa sì che noi rimaniamo un riferimento chiaro e netto in diversi campi. Anche se la Chiesa, ricordiamocelo, non è qui per costruire mense e ospedali… Gesù non ci ha comandato questo, ma è venuto per la salvezza della nostra anima. Una salvezza che però passa anche attraverso il corpo, perché la cura della persona è un’espressione dell’amore».
Papa Francesco, sin dall’inizio del suo Pontificato, ha chiarito che la Chiesa non è una Ong, un ente benefico.
«Quando Gesù dice che dobbiamo dar da mangiare agli affamati o da bere agli assetati, non lo fa perché così soddisfiamo un bisogno materiale, e finita lì. Il comandamento che ci ha dato è “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Nella misura in cui io amo con l’amore di Cristo, potrò fare il bene del bisognoso».
Impegnativo.
«Madre Teresa di Calcutta, che aveva un amore ardente per il Signore, e in virtù di quello faceva quello che faceva, chiedeva alle sue suore di fare adorazione tutti i giorni prima di andare a trovare i poveri. E se una di loro, per qualche motivo, la saltava lei le diceva: “Non andare, perché se no porteresti solo te stessa”. Fare materialmente un’opera di bene verso una persona non è sufficiente per un cristiano».
Non è sufficiente che firmi per l’8×1000?
«No, assolutamente no».
Però…
«Però firmare vuol dire moltiplicare il bene. Facciamolo».
(Intervista a cura di Andrea Antonuccio)