Il popolo nelle tenebre vide una grande luce
Il popolo nelle tenebre vide una grande luce
“Il popolo nelle tenebre vide una grande luce” è la nuova Lettera pastorale di monsignor Guido Gallese, vescovo di Alessandria, indirizzata “al clero, ai consacrati, ai fedeli laici e a tutti i fratelli di buona volontà“.
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Venite e vedrete
Lettera pastorale 2023-2024
Guido Gallese,
successore degli apostoli di Gesù Cristo presso la Chiesa di Alessandria,
al clero, ai consacrati, ai fedeli laici, e a tutti i fratelli di buona volontà:
pace a voi!
1. L’immagine
1. Un milione e mezzo di giovani. Oltre le previsioni, oltre le condizioni avverse di un’organizzazione logistica non certo brillante, oltre le difficoltà delle nostre Chiese locali, oltre il pesante rincaro dei prezzi per partecipare, oltre le previsioni dei guru della sociologia, oltre i veleni dei teologi antibergogliani e degli scismatici. Oltre tutto ciò che sarebbe umanamente razionale. L’immagine che mi rimane è quella di una papamobile che fende la folla dei giovani: lo attendono con trepidazione. Sono sorridenti, felici, speranzosi. Hanno invaso Lisbona come un fiume di gioia e di vita, di allegria che si comunica e si trasmette non solo agli altri giovani ma a chi passa per strada. Sotto lo sguardo sconcertato dei poliziotti, chiamati da tutto il Portogallo per sorvegliare questo evento immenso: una città – una capitale! – è invasa da un numero di giovani triplo rispetto alla popolazione usuale.
Agli amici i poliziotti mormorano: “Siamo inutili”. Questi giovani, diversamente dalle quotidiane narrazioni della cronaca, non hanno bisogno di forze che li costringano a non compiere atti turpi o vandalici. La papamobile varca la folla a lungo: passa in mezzo a questo oceano di gioie, di speranze, di ferite e premature disillusioni, di novità, di nuove prospettive. È sempre lui, Pietro. È su un’automobile, segno della novità dei tempi, è un po’ provato dai secoli eppure sempre energico. Dopo il suo passaggio i giovani esultano, si abbracciano, piangono commossi, si raccontano l’esperienza: la gioia continua e si rafforza. È sempre lui, Pietro. Quel Pietro che ne faceva una dritta e una storta. Quel Pietro che afferma con forza: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, ricevendo dallo stesso Figlio di Dio un elogio unico e straordinario e subito dopo si sente dire: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”. Quel Pietro che dice: “Darò la mia vita per te!”, ma poi rinnega Gesù, poi piange amaramente, la domenica mattina corre al sepolcro trepidante e sconvolto e constata che il sepolcro è vuoto, con i teli posati là e il sudario avvolto in un luogo a parte. è sempre lui, quel Pietro al quale Gesù chiede per tre volte una professione di amore, rinnovandone il mandato pastorale. La Chiesa è fondata proprio su quel Pietro. Come su una roccia, secondo Gesù. Noi forse avremmo scelto Giovanni: più affidabile, più lineare, meno defettibile. Ma Gesù ha scelto Pietro, quel Pietro che ha fatto quelle cose (e anche altre che per brevità non ho elencato). I giovani erano lì per Pietro, non per Wojtyła o per Ratzinger o per Bergoglio. E tutti i successori di Pietro hanno ciascuno i propri pregi e difetti, sono rocciosi e fragili, e va bene così. Amen!
2. Ah, il mistero della Chiesa, che mistero! Ricordo che una volta, ad una Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), monsignor Luigi Negri (1941-2021), già Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mi disse: “La Chiesa è l’ultima cosa che si capisce, nel cammino della fede!”.
3. A vedere dal vivo la GMG, verrebbe da pensare a tutto tranne che ad una Chiesa in profondo decadimento, in caduta libera. Torniamo a casa ed eccoci nella nostra solita Chiesa, a cui siamo abituati: una Chiesa meno entusiasta, che dà la sensazione di fare molta meno presa sui giovani, una Chiesa stanca, in netta diminuzione numerica per quanto riguarda la partecipazione alle attività delle comunità. Chiaramente continuiamo a fare cose buone ed encomiabili, ma quasi ovunque siamo sotto il segno della regressione. A casa tutto sembra molto più tenebroso. Perché? Ci facciamo aiutare da alcuni testi biblici.
2. Fedeltà in mezzo all’idolatria
Elia sconfortato – 1Re 18-19
18 1Dopo molti giorni la parola del Signore fu rivolta a Elia, nell’anno terzo: “Va’ a presentarti ad Acab e io manderò la pioggia sulla faccia della terra”. 2Elia andò a presentarsi ad Acab.
A Samaria c’era una grande carestia. 3Acab convocò Abdia, che era il maggiordomo. Abdia temeva molto il Signore; 4quando Gezabele uccideva i profeti del Signore, Abdia aveva preso cento profeti e ne aveva nascosti cinquanta alla volta in una caverna e aveva procurato loro pane e acqua. 5Acab disse ad Abdia: “Va’ nella regione verso tutte le sorgenti e tutti i torrenti; forse troveremo erba per tenere in vita cavalli e muli, e non dovremo uccidere una parte del bestiame”. 6Si divisero la zona da percorrere; Acab andò per una strada da solo e Abdia per un’altra da solo.
7Mentre Abdia era in cammino, ecco farglisi incontro Elia. Quello lo riconobbe e cadde con la faccia a terra dicendo: “Sei proprio tu il mio signore Elia?”. 8Gli rispose: “Lo sono; va’ a dire al tuo signore: “C’è qui Elia””. 9Quello disse: “Che male ho fatto perché tu consegni il tuo servo in mano ad Acab per farmi morire? 10Per la vita del Signore, tuo Dio, non esiste nazione o regno in cui il mio signore non abbia mandato a cercarti. Se gli rispondevano: “Non c’è!”, egli faceva giurare la nazione o il regno di non averti trovato. 11Ora tu dici: “Va’ a dire al tuo signore: C’è qui Elia!”. 12Appena sarò partito da te, lo spirito del Signore ti porterà in un luogo a me ignoto. Se io vado a riferirlo ad Acab, egli, non trovandoti, mi ucciderà; ora il tuo servo teme il Signore fin dalla sua giovinezza. 13Non fu riferito forse al mio signore ciò che ho fatto quando Gezabele uccideva i profeti del Signore, come io nascosi cento profeti, cinquanta alla volta, in una caverna e procurai loro pane e acqua? 14E ora tu comandi: “Va’ a dire al tuo signore: C’è qui Elia”? Egli mi ucciderà”. 15Elia rispose: “Per la vita del Signore degli eserciti, alla cui presenza io sto, oggi stesso io mi presenterò a lui”.
16Abdia andò incontro ad Acab e gli riferì la cosa. Acab si diresse verso Elia. 17Appena lo vide, Acab disse a Elia: “Sei tu colui che manda in rovina Israele?”. 18Egli rispose: “Non io mando in rovina Israele, ma piuttosto tu e la tua casa, perché avete abbandonato i comandi del Signore e tu hai seguito i Baal. 19Perciò fa’ radunare tutto Israele presso di me sul monte Carmelo, insieme con i quattrocentocinquanta profeti di Baal e con i quattrocento profeti di Asera, che mangiano alla tavola di Gezabele”.
20Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. 21Elia si accostò a tutto il popolo e disse: “Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!”. Il popolo non gli rispose nulla. 22Elia disse ancora al popolo: “Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. 23Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. 24Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!”. Tutto il popolo rispose: “La proposta è buona!”.
25Elia disse ai profeti di Baal: “Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco”. 26Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: “Baal, rispondici!”. Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto. 27Venuto mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: “Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà”. 28Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. 29Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione.
30Elia disse a tutto il popolo: “Avvicinatevi a me!”. Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. 31Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: “Israele sarà il tuo nome”. 32Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. 33Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. 34Quindi disse: “Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!”. Ed essi lo fecero. Egli disse: “Fatelo di nuovo!”. Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: “Fatelo per la terza volta!”. Lo fecero per la terza volta. 35L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. 36Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elia e disse: “Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. 37Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!”. 38Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. 39A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: “Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!”. 40Elia disse loro: “Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi neppure uno!”. Li afferrarono. Elia li fece scendere al torrente Kison, ove li ammazzò.
41Elia disse ad Acab: “Va’ a mangiare e a bere, perché c’è già il rumore della pioggia torrenziale”. 42Acab andò a mangiare e a bere. Elia salì sulla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la sua faccia tra le ginocchia. 43Quindi disse al suo servo: “Sali, presto, guarda in direzione del mare”. Quegli salì, guardò e disse: “Non c’è nulla!”. Elia disse: “Tornaci ancora per sette volte”. 44La settima volta riferì: “Ecco, una nuvola, piccola come una mano d’uomo, sale dal mare”. Elia gli disse: “Va’ a dire ad Acab: “Attacca i cavalli e scendi, perché non ti trattenga la pioggia!””. 45D’un tratto il cielo si oscurò per le nubi e per il vento, e vi fu una grande pioggia. Acab montò sul carro e se ne andò a Izreèl. 46La mano del Signore fu sopra Elia, che si cinse i fianchi e corse davanti ad Acab finché giunse a Izreèl.
19 1Acab riferì a Gezabele tutto quello che Elia aveva fatto e che aveva ucciso di spada tutti i profeti. 2Gezabele inviò un messaggero a Elia per dirgli: “Gli dèi mi facciano questo e anche di peggio, se domani a quest’ora non avrò reso la tua vita come la vita di uno di loro”. 3Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Betsabea di Giuda. Lasciò là il suo servo. 4Egli s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. 5Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: “Àlzati, mangia!”. 6Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. 7Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: “Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”. 8Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.
9Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: “Che cosa fai qui, Elia?”. 10Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita”. 11Gli disse: “Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore”. Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. 12Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. 13Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.
Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: “Che cosa fai qui, Elia?”. 14Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita”.
15Il Signore gli disse: “Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Cazaèl come re su Aram. 16Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto. 17Se uno scamperà alla spada di Cazaèl, lo farà morire Ieu; se uno scamperà alla spada di Ieu, lo farà morire Eliseo. 18Io, poi, riserverò per me in Israele settemila persone, tutti i ginocchi che non si sono piegati a Baal e tutte le bocche che non l’hanno baciato”.
19Partito di lì, Elia trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. 20Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: “Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò”. Elia disse: “Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te”. 21Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio.
4. Elia rimane sconfortato dall’evolversi della situazione: egli è l’unico profeta di Dio in Israele e invita i profeti di Baal ad una resa dei conti sul monte Carmelo, una sorta di ordalia, nella quale Dio fa capire chiaramente che lui sta dalla parte dell’unico profeta di Israele: Elia. Elia ammazza tutti i profeti di Baal, risultati sconfitti, e avverte il re Acab di muoversi prima di essere trattenuto dalla pioggia che sta per giungere, ponendo fine a tre anni e mezzo di carestia. Quando Acab riferisce a sua moglie Gezabele quanto accaduto, e in particolare che Elia aveva ucciso di spada tutti i (falsi) profeti, ella – con una reazione tipicamente umana, ricorrente nella Bibbia – non rimane impressionata che i suoi 450 profeti fossero tutti falsi, ma del fatto che Elia li abbia uccisi tutti. Si scatena allora la sua ira: ella giura che entro 24 ore avrebbe reso la vita di Elia, come quella di uno dei profeti che aveva ucciso. Elia lo viene a sapere e – con una reazione tipicamente umana, ricorrente nella Bibbia – ne rimane sorpreso. Credeva infatti che dopo l’ordalia, nella quale era apparso chiaramente chi era il vero profeta, le situazioni avrebbero svoltato a favore di Dio, invece tutto volge verso il peggio. A quel punto si impaurisce e fugge. Va così incontro al suo destino, che però non è di morte, ma di rinascita. Dal Monte Carmelo, al nord d’Israele, giunge all’estremo sud, a Bersabea. Si inoltra nel deserto per una giornata di cammino ed è profondamente sconfortato e dice: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita”. Si addormenta e viene svegliato da un angelo che gli presenta una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangia, beve e si riaddormenta. Di nuovo l’angelo lo sveglia e gli presenta altro cibo e acqua. Di nuovo mangia e beve e con la forza di quel cibo cammina per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb. Quando lui crede di avere fallito la sua missione di profeta, il suo destino si incrocia con quello di Mosè, un altro “fallito”: ripercorre a ritroso in quaranta giorni il cammino di Israele che era stato per quarant’anni nel deserto. Giunge al Monte Oreb e lì Dio gli si manifesta, come per Mosè. Anche Elia fa un’esperienza mistica di incontro personale con Dio su quel monte. Mosè ed Elia, i due contemplativi, saranno insieme a Gesù il giorno della trasfigurazione sul Monte Tabor, indicando che è la contemplazione la via che ci rivela in pienezza il mistero di Dio.
5. L’esperienza personale di Elia riguardo alla contemplazione merita di essere esplorata per gli insegnamenti che ci può dare: essa è stata fonte di molta meditazione e di vita spirituale nel corso dei secoli. Egli entra in una caverna per passarvi la notte: quando nella vita il buio domina, si cerca un modo di sopravvivere alla notte, almeno un luogo dove stare un minimo protetti, pur nelle tenebre. Ma nel buio di una grotta immersa nell’oscurità della notte il profeta incontra la Parola di Dio: “Che fai qui Elia?”. Bella domanda. Dio lo sa, ma te lo chiede. Elia racconta il suo zelo per Dio e la persecuzione ricevuta. Di fronte a questo, Dio risponde in modo strano: “Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore”. La nostra vita è colma di difficoltà, problemi, situazioni talvolta veramente drammatiche… e cosa bisogna fare? Uscire dalla “zona di conforto” della grotta e fermarsi sul monte alla presenza del Signore. Bisogna stare alla presenza di Dio e passare attraverso le sue “non presenze” per imparare a cogliere dove sta la presenza di Dio. Già, perché noi ci figuriamo che Dio si manifesti in modo molto spettacolare, invece quando facciamo l’esperienza di stare sul monte (il luogo dell’incontro con Dio) alla presenza del Signore (che non cogliamo) comprendiamo che Egli si manifesta con il sussurro di una brezza leggera. Il profeta si copre il volto, esce dalla caverna e Dio gli fa una domanda: “Che fai qui Elia?”. Di nuovo? Non ha capito o si è dimenticato? Dio ama che gli esponiamo le nostre difficoltà: siamo noi ad averne bisogno per essere costanti e fermi nel nostro indirizzo. Elia nuovamente racconta il suo zelo per Dio e la persecuzione ricevuta, con le stesse identiche parole di prima e lì Dio gli dice cosa fare: ha intenzione di ripartire da 7.000 persone che gli sono rimaste fedeli, che non si sono rivolte agli idoli.
6. Anche la nostra Chiesa si è ridotta molto numericamente, anche noi abbiamo perso persone che diano culto a Dio e si sono rivolte agli idoli. Gli idoli sono le scorciatoie che prendiamo e ci permettono di salvare l’esistenza di un dio di cui abbiamo bisogno per non perdere del tutto il senso del reale, ma di evitare la cosa più faticosa del rapporto: che Dio ci parli. No, quello è proprio insopportabile! Quando gli idoli vengono descritti nel Salmo 113B (Non nobis Domine) si dice:
“Hanno bocca e non parlano,
hanno occhi e non vedono,
hanno orecchi e non odono,
hanno narici e non odorano.
Le loro mani non palpano,
i loro piedi non camminano;
dalla loro gola non escono suoni!”
Salmo 113B,13-15
7. Si parte nella descrizione dicendo: “Hanno bocca e non parlano” e si conclude: “Dalla loro gola non escono suoni”. Nulla ci mette umanamente più a rischio della Parola di Dio, perché Dio ci chiede cose della sua statura (umanamente impossibili) e noi non sopportiamo di doverci fidare di Dio, esponendoci al dilemma se fallire o fare qualcosa di folle. D’altronde quando la Parola di Dio si è fatta carne ci siamo adoperati per crocifiggerla ed eliminarla dai viventi. E non è un caso che oggi nella Chiesa manchino, contrariamente alle indicazioni del Nuovo Testamento, i profeti. San Paolo dice: “Non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù”. Non abbiamo messo troppi secoli ad eliminare la scomoda figura dei profeti, che vediamo delineati nella Bibbia e il cui agire pratico all’interno della comunità è descritto nel Nuovo Testamento. Anziché mettere a fondamento del nostro agire ciò che dice il profeta mosso dallo Spirito Santo, vi abbiamo sostituito la ben più malleabile teologia, facendo talvolta di essa un idolo. Sia chiaro, la teologia è in sé ottima: è lo studio di Dio! Ma quando pensiamo di fare di essa il faro illuminante per la nostra azione nel mondo ne facciamo un idolo. E ci dice quello che vogliamo sentirci dire. Ricordiamoci che possiamo trattare la Parola di Dio allo stesso modo. Come possiamo evitare dunque di cadere nella trappola dell’idolatria? Stando al gioco di Dio: non manipolandolo, fidandoci di lui, lasciandoci ammaestrare dalle sue lezioni faticose, controintuitive, ma efficaci. Ecco un esempio di relazione e dialogo surreali tra il Maestro e gli apostoli:
– “Maestro, congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”
– “Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare”
– “In cassa abbiamo duecento denari”
– “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”
Rispose Filippo:
– “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”
– “Quanti pani avete? Andate a vedere”
Risponde Andrea:
– “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?”
– “Portatemeli qua”.
Glieli portano e Lui dice:
– “Fate sedere la gente a gruppi di circa cinquanta persone”.
8. E mentre loro eseguono il comando, Gesù prende i cinque pani e i due pesci, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione e spezza i pani, poi li dà ai suoi discepoli perché li distribuiscano alla gente. Non li ha moltiplicati: li ha solo spezzati. Spetta agli apostoli l’ingrato compito di entrare in un gruppo di cinquanta o cento persone con pezzi di pane spezzato per distribuirli a tutti: spetta alla loro fede credere in quello che Gesù sta per fare nelle loro mani e nelle mani della gente che prende di quei pani. Finito il pranzo dice:
– “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”.
9. Subito dopo Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca lasciandone una a lui e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Gli apostoli si saranno sicuramente chiesti: “Ma Gesù sa portare una barca da solo? E di notte? E con il vento contrario e il mare agitato?”, ma dopo ciò di cui sono stati testimoni non hanno avuto il coraggio di fare obiezioni.
10. Gesù congeda la folla e la gente è entusiasta. Ma lui sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritira sul monte da solo a pregare. Sul finire della notte Gesù andò verso di loro camminando sul mare. Il mare era agitato e soffiava un forte vento contrario. Essi avevano remato per circa tre o quattro miglia. Gesù non arriva con la barca: al mattino la gente, vedendo ancora la barca sulla riva, crede che Gesù sia lì intorno. Gesù invece ha lasciato la barca ed è andato a piedi sul lago. Gli apostoli, vedendolo arrivare da poppa nel buio, si spaventano e credono che sia un fantasma. Gesù li rassicura:
– “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”
Pietro dice:
– “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”
– “Vieni!”
11. A quel punto Pietro scavalca la murata della barca e comincia incredibilmente a camminare sull’acqua e si dirige verso Gesù. Dopo un po’, considera la situazione e sentendosi comunque precario, si spaventa per il forte vento. È una cosa del tutto insensata e irrazionale: dal momento che non c’è razionalmente un senso a pensare che tu possa camminare sull’acqua – e lo stai facendo –, perché dovresti pensare che altre cose naturali te lo possano impedire? Forse il vento impedisce di camminare? Potrà dare fastidio, ma non impedire. Ebbene Pietro, con questa irrazionalità così umana, si spaventa e comincia ad affondare. Si rivolge allora a Gesù:
– “Signore, salvami!”
Gesù lo afferra per una mano e gli dice:
– “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”
12. Salgono tutti e due sulla barca e il vento cessa. Finisce improvvisamente! La scena è inverosimile: sulla barca tutti si prostrano davanti a Gesù: “Davvero tu sei Figlio di Dio!”
13. Poi raggiungono Cafarnao e Gesù fa un discorso che nessuno era in grado di capire, se non dopo aver avuto notizia dell’istituzione dell’Eucaristia. Il risultato è che da quella volta molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui dicendo: “Questa parola è dura: chi può ascoltarla?”. Altra assurdità, che si aggiunge alle precedenti, sulla quale non mi dilungo.
14. Insomma, la vita con Gesù era questa. D’altronde cosa ti potevi aspettare da un rabbì che ti capita davanti al banco delle imposte, ti guarda dritto negli occhi e ti dice: “Seguimi”? Cosa ti puoi aspettare da un rabbì che chiama come suo discepolo un pubblicano, ovvero uno scomunicato? E se poi va a mangiare con lui e i suoi amici, tutti impuri, che in base alla legge ebraica ti avrebbero reso impuro (il contrario di santo), cosa ne possiamo dire? Gesù aveva un modo di vivere e di coinvolgerti che ti metteva sempre in una condizione di precarietà, di doverti fidare di lui anziché della cara, vecchia, conosciuta, affidabile logica umana.
15. Ecco perché non si riesce a seguire Gesù quando si è dotti e intelligenti: è necessario essere piccoli, umili. Infatti solo la persona umile è in grado di rinunciare alle proprie convinzioni per seguire quelle, a prima vista strampalate, di Gesù.
3. Le reazioni di fronte alla decadenza
I giorni tristi – Qo 12,1-8
1Ricòrdati del tuo creatore
nei giorni della tua giovinezza,
prima che vengano i giorni tristi
e giungano gli anni di cui dovrai dire:
“Non ci provo alcun gusto”;
2prima che si oscurino il sole,
la luce, la luna e le stelle
e tornino ancora le nubi dopo la pioggia;
3quando tremeranno i custodi della casa
e si curveranno i gagliardi
e cesseranno di lavorare le donne che macinano,
perché rimaste poche,
e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre
4e si chiuderanno i battenti sulla strada;
quando si abbasserà il rumore della mola
e si attenuerà il cinguettio degli uccelli
e si affievoliranno tutti i toni del canto;
5quando si avrà paura delle alture
e terrore si proverà nel cammino;
quando fiorirà il mandorlo
e la locusta si trascinerà a stento
e il cappero non avrà più effetto,
poiché l’uomo se ne va nella dimora eterna
e i piagnoni si aggirano per la strada;
6prima che si spezzi il filo d’argento
e la lucerna d’oro s’infranga
e si rompa l’anfora alla fonte
e la carrucola cada nel pozzo,
7e ritorni la polvere alla terra, com’era prima,
e il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato.
8Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
tutto è vanità.
16. Ci sono tempi duri e di fronte ai tempi duri ci sono reazioni differenti. Se questo vale dal punto di vista umano, dal punto di vista soprannaturale vale ancor di più: Gesù è venuto “per la rovina e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione […] affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. Gesù è il setaccio della storia e delle anime e di fronte a lui e alla sua proposta le reazioni sono inaspettate e insospettabili. E i criteri di queste reazioni non sono soltanto quelli umani: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Il criterio dunque non è l’intelligenza; e non è nemmeno la capacità di fare cose buone o di osservare i comandamenti di Dio: il giovane ricco li osservava fin dalla sua giovinezza; il criterio è la fiducia dei semplici in Dio. È chiaro che di fronte alle difficoltà ci sia chi si scoraggia e chi si fa forza per fare qualcosa: queste reazioni sono tipiche dell’uomo. Ma Dio ci ha comunicato la sua stessa vita perché ci sono momenti in cui le sole forze umane non sono sufficienti per resistere allo sfacelo che si compie: basti pensare alla schiavitù di Israele in Egitto, alla distruzione del tempio e all’esilio. E che dire, rimanendo in campo ebraico, della più recente shoah? Di fronte alle situazioni ineluttabili, quando le persone vengono annullate, appiattite dalla storia, rimane solo il ricorso alla fede e precisamente al sacerdozio di Cristo, che non solo restituisce senso e dignità a quelle situazioni che sono la negazione della stessa dignità dell’uomo e del suo senso, ma eleva la presenza dell’uomo in quelle situazioni assurde ad un ruolo salvifico, associato a Cristo (pensiamo a santi come Teresa Benedetta della Croce o Massimiliano Kolbe, entrambi morti ad Auschwitz). Egli infatti è stato immolato e ha riscattato per Dio, con il suo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e ci ha costituiti, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti e regneremo sopra la terra. Di fronte all’ineluttabile, quando sperimentiamo la nostra impotenza, rimane la reazione umana, sintetizzata mirabilmente dal Qoèlet con l’immagine “i piagnoni si aggirano per la strada”. Ecco il nostro tempo, il tempo della nostra Chiesa in Occidente: siamo di fronte ad una drastica contrazione di tutte le nostre attività. Sarà il nostro assetto definitivo da qui in avanti? La sociologia non dà molti spiragli di speranza. Personalmente non lo so. Quello che so è che Gesù Cristo e la sua Chiesa – sulla quale le potenze degli inferi non prevarranno – hanno sempre avuto manifestazioni poco sostenibili, da un punto di vista squisitamente sociologico. Quello che so è che Gesù ci ha parlato di una Chiesa missionaria, in espansione: la nostra invece è chiusa. Dunque stiamo ai nostri compiti: dobbiamo credere. Questo è il nostro compito nella storia: credere. O, come dice Gesù: “Questa è l’opera di Dio, che crediate in colui che ha mandato”. Siamo chiamati ad adorare il Signore, Cristo, nei nostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi; tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento in cui si parla male di noi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla nostra buona condotta in Cristo. Siamo di fronte alla scelta tra guardare le cose con gli occhi di Dio – ovvero come non si presentano ai nostri occhi – ed è lo sguardo della fede, oppure in modo umano, e allora diventiamo piagnoni che si aggirano per la strada. Il piagnone vede tutto negativo, anche quello che non lo è, perché viene “piallato”, appiattito dall’ineluttabilità della situazione e non riesce, giustamente, a trovare una via d’uscita umana. Il piagnone non è un cattivo: è una persona che non riesce ad alzare lo sguardo verso Dio, che non riesce a porre in Cristo la sua speranza, l’àncora della sua salvezza, non riesce a rimanere ancorato a Lui nonostante ogni avversità circostante. Il piagnone è una persona di buon senso – magari anche intelligente! – che si rende conto di come stanno le cose, ma non riuscendo a cogliere in anticipo la via d’uscita di Dio, che è una via di vittoria, non si abbandona tra le sue braccia con fiducia e non riesce di conseguenza ad essere parte attiva del disegno di Dio. Che cosa gli rimane? Di constatare le cose che non vanno e di rimanere a piangere, a lamentarsi di quello che non va. La differenza tra i santi e le brave persone normali è che i santi riescono a prendere il treno della Provvidenza che passa anche nei momenti più bui. Gli altri stanno a guardare, non riescono a fare il salto della fede. A quel punto si salvi chi può! Ma noi sappiamo che la salvezza è un atto comunitario compiuto da Dio e vogliamo dire il nostro “sì” al disegno ecclesiale, ovvero comunitario, di Dio, che si realizza nella nostra Chiesa. Questo disegno prende la forma di una vita che stringe sempre più relazioni comunitarie all’interno delle nostre unità pastorali. Le relazioni comunitarie, o ecclesiali, sono quelle per le quali ho un certo numero di persone con le quali condivido quattro cose: la formazione (perseveranti nell’insegnamento degli apostoli), la comunione (che non vuol dire essere tutti uguali, ma vivere un’unione profonda nonostante qualsiasi differenza), lo spezzare il pane (partecipare alla medesima celebrazione eucaristica con una certa frequenza), le preghiere (al plurale: vivere delle occasioni di preghiera insieme). Nessuno nella Chiesa, neppure coloro che esercitano il sacerdozio ministeriale, è esonerato da questo genere di relazione, perché la salvezza è ecclesiale: in questo senso il motto extra ecclesiam nulla salus acquisisce una luce diversa, meno giuridica e più esistenziale. È per questo che papa Francesco dice che anche il pastore deve stare dentro al gregge e non solo guidarlo.
4. Altri testi di meditazione
17. Lascio alle comunità della Diocesi alcuni altri testi di meditazione riguardanti la notte ovvero i tempi di crisi. Le comunità, facendo Lectio divina e poi – dopo la lectio – condividendo quanto la Parola di Dio ha suggerito ai membri della comunità, sono chiamate a trarre delle indicazioni utili da ricordare.
La notte in barca col lago in tempesta – Mt 14,22-36
14 22Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: “È un fantasma!” e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”. 28Pietro allora gli rispose: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. 29Ed egli disse: “Vieni!”. Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!”. 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”. 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: “Davvero tu sei Figlio di Dio!”.
34Compiuta la traversata, approdarono a Gennèsaret. 35E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati 36e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti.
18. Ci è mai capitato di vivere qualcosa di questo genere come comunità? Lo stiamo in qualche misura vivendo adesso? Qual è stata la notte? E quali le avversità atmosferiche? Abbiamo riconosciuto Gesù o abbiamo avuto paura di lui? È mai capitato a qualcuno di “camminare sulle acque”? In che senso/modo? È successo a qualcuno di affondare per paura? Abbiamo visto cambiare la condizione della nostra navigazione quando abbiamo fatto salire a bordo Gesù?
Si oscurano il sole, la luna e gli astri – Ap 8,1-13; 21,1–22,7
8 1 Quando l’Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio nel cielo per circa mezz’ora.
2E vidi i sette angeli che stanno davanti a Dio, e a loro furono date sette trombe. 3Poi venne un altro angelo e si fermò presso l’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull’altare d’oro, posto davanti al trono. 4E dalla mano dell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme alle preghiere dei santi. 5Poi l’angelo prese l’incensiere, lo riempì del fuoco preso dall’altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono tuoni, voci, fulmini e scosse di terremoto.
6I sette angeli, che avevano le sette trombe, si accinsero a suonarle.
7Il primo suonò la tromba: grandine e fuoco, mescolati a sangue, scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra andò bruciato, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde andò bruciata.
8Il secondo angelo suonò la tromba: qualcosa come una grande montagna, tutta infuocata, fu scagliato nel mare. Un terzo del mare divenne sangue, 9un terzo delle creature che vivono nel mare morì e un terzo delle navi andò distrutto.
10Il terzo angelo suonò la tromba: cadde dal cielo una grande stella, ardente come una fiaccola, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque. 11La stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono a causa di quelle acque, che erano divenute amare.
12Il quarto angelo suonò la tromba: un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e così si oscurò un terzo degli astri; il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente.
13E vidi e udii un’aquila, che volava nell’alto del cielo e che gridava a gran voce: “Guai, guai, guai agli abitanti della terra, al suono degli ultimi squilli di tromba che i tre angeli stanno per suonare!”.
21 1 E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. 2E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
“Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
4 E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate”.
5E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”. E soggiunse: “Scrivi, perché queste parole sono certe e vere”. 6E mi disse:
“Ecco, sono compiute!
Io sono l’Alfa e l’Omèga,
il Principio e la Fine.
A colui che ha sete
io darò gratuitamente da bere
alla fonte dell’acqua della vita.
7Chi sarà vincitore erediterà questi beni;
io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio.
8Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte”.
9Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: “Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello”. 10L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 11Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. 12È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. 13A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. 14Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
15Colui che mi parlava aveva come misura una canna d’oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. 16La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L’angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l’altezza sono uguali. 17Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall’angelo. 18Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. 19I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, 20il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l’ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l’undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. 21E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.
22In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello
sono il suo tempio.
23La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l’Agnello.
24Le nazioni cammineranno alla sua luce,
e i re della terra a lei porteranno il loro splendore.
25Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno,
perché non vi sarà più notte.
26E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni.
27Non entrerà in essa nulla d’impuro,
né chi commette orrori o falsità,
ma solo quelli che sono scritti
nel libro della vita dell’Agnello.
22 1 E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. 2In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni.
3E non vi sarà più maledizione.
Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello:
i suoi servi lo adoreranno;
4vedranno il suo volto
e porteranno il suo nome sulla fronte.
5Non vi sarà più notte,
e non avranno più bisogno
di luce di lampada né di luce di sole,
perché il Signore Dio li illuminerà.
E regneranno nei secoli dei secoli.
19. L’Apocalisse ha una struttura molto rigida che contribuisce in modo decisivo all’interpretazione di un testo. All’ottavo capitolo siamo al settimo sigillo. Il settenario dei sigilli è nella seconda parte del libro, riguardante “le cose che devono accadere”. Questa parte si apre con la visione del trono di Dio, con intorno i 24 presbiteri, i 4 esseri viventi e poi giunge l’Agnello che prende dalla mano destra di Colui che siede sul trono il rotolo sigillato con sette sigilli. Esso è la rivelazione del senso della storia, dell’uomo, del rapporto dell’uomo con Dio, insomma: è la rivelazione, in greco apokàlypsis. Forse potremmo dire che è l’Apocalisse stessa. L’Agnello comincia a spezzare uno ad uno i sette sigilli per svelare il senso della storia. Il primo sigillo è l’Agnello stesso: se vuoi capire la storia devi leggerla alla luce della sua vittoria. Quella sulla croce.
20. Il secondo, terzo e quarto sigillo ci dicono che comunque dopo Gesù il mondo continua con le sue logiche e i suoi frutti: la violenza, la carestia frutto di ingiustizie economiche, la morte. Il quinto sigillo ci presenta le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso. Esse da sotto l’altare degli olocausti chiedono a Dio di vendicare il loro sangue contro gli abitanti della terra. La reazione è sorprendente: a ciascuno di loro viene data una veste candida, segno della partecipazione alla risurrezione di Cristo, ma viene detto loro di pazientare finché sia completo il numero di coloro che devono essere uccisi come loro. Al sesto sigillo ci sono dei segni cosmici, preannuncio del dramma che si sta compiendo, e un angelo viene inviato a imprimere il sigillo di Dio sulla fronte dei servi di Dio. Al settimo sigillo c’è silenzio in cielo per circa mezz’ora, segno di trepida attesa, e ci sono sette angeli davanti a Dio a cui sono date sette trombe. Sono le trombe della chiamata al gran giorno di Dio. Riassumiamo: qual è il senso della storia? La storia va letta a partire dall’Agnello immolato e risorto. Essa continua a svolgersi con le sue ingiustizie: la violenza, l’ingiustizia sociale, la morte. Che cosa impedisce che Dio sistemi tutto ricapitolando ogni cosa in Cristo? Bisogna che prima l’angelo segni con il sigillo di Dio quelli che sono suoi servi (notare che l’angelo è il messaggero che dà il buon messaggio alle chiese, in pratica il pastore: il Vescovo, come pastore della Chiesa che è in Alessandria, gira la Diocesi per segnare con il sigillo dello Spirito Santo i servi di Dio, i membri delle comunità). Fatto questo, comincia la chiamata al gran giorno di Dio: gli angeli suonano le trombe. La forma ricorda i segni dati al faraone e al popolo d’Egitto prima dell’uscita del popolo d’Israele. La quarta tromba – quella che ci interessa particolarmente nel contesto di questa lettera – è l’oscurità: si oscurano un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo delle stelle del cielo (le stelle nel capitolo 1 sono il segno degli angeli delle Chiese). Il fatto che tutto perda luce, che le tenebre avanzino, è dato all’uomo come occasione di riflessione, di presa di coscienza e di conversione in vista del giorno del Signore. La cosa interessante è che alla fine dell’Apocalisse la notte sparirà quando ci saranno il cielo nuovo e la terra nuova, dunque sorprendentemente si parla chiaramente della notte come di una negatività che non sarà più presente al momento del cielo nuovo e della terra nuova: “Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli”. Qual è la tenebra della nostra comunità? In che modo siamo chiamati a guardare alla luce? In che senso la lampada è l’Agnello? E se sì, in quale forma?
Non vi siete avvicinati a tenebre o oscurità – Eb 12,18-29
12 18Voi infatti non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, 19né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. 20Non potevano infatti sopportare quest’ordine: Se anche una bestia toccherà il monte, sarà lapidata. 21Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: Ho paura e tremo. 22Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa 23e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, 24a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele.
25Perciò guardatevi bene dal rifiutare Colui che parla, perché, se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che proferiva oracoli sulla terra, a maggior ragione non troveremo scampo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli. 26La sua voce un giorno scosse la terra; adesso invece ha fatto questa promessa: Ancora una volta io scuoterò non solo la terra, ma anche il cielo. 27Quando dice ancora una volta, vuole indicare che le cose scosse, in quanto create, sono destinate a passare, mentre rimarranno intatte quelle che non subiscono scosse. 28Perciò noi, che possediamo un regno incrollabile, conserviamo questa grazia, mediante la quale rendiamo culto in maniera gradita a Dio con riverenza e timore; 29perché il nostro Dio è un fuoco divorante.
21. La vita cristiana non è qualcosa di tenebroso, ma ha a che fare con la luce, con la gioia, con i santi, con Gesù e il suo sangue purificatore. Per questo dobbiamo stare attenti a non rifiutare Colui che parla e dobbiamo rendere culto in maniera gradita a Dio. Percorrere nella preghiera questo testo può aiutare la nostra comunità a farsi domande importanti. Cogliamo il passaggio dall’Antica alla Nuova Alleanza? Lo vediamo concretamente nella vita della nostra comunità? Quali sono le cose nelle quali abbiamo la tentazione di rimanere ancorati all’Antica Alleanza? Siamo veramente all’ascolto della Parola di Dio? O stiamo rifiutando colui che parla, presi di fatto dalle nostre paure? In che cosa veramente si esprime il nostro culto a Dio?
La nostra battaglia – Ef 6,10-18
6 10Per il resto, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. 11Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. 12La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
13Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. 14State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; 15i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. 16Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; 17prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. 18In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi.
22. La vita spirituale richiede sempre una lotta interiore: un tempo la vita cristiana veniva talvolta identificata con la ricerca di uno status di tranquillità, di pace, quasi come uno status sociale. Seguire il Signore nel cammino della fede significa essere in un perenne stato di lotta che, pur non privo del dono di una pace profonda del cuore, richiede grande concentrazione e determinazione.
La fedeltà della comunità – Ger 1–3
1 1Parole di Geremia, figlio di Chelkia, uno dei sacerdoti che risiedevano ad Anatòt, nel territorio di Beniamino. 2A lui fu rivolta la parola del Signore al tempo di Giosia, figlio di Amon, re di Giuda, l’anno tredicesimo del suo regno, 3e successivamente anche al tempo di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda, fino alla fine dell’anno undicesimo di Sedecìa, figlio di Giosia, re di Giuda, cioè fino alla deportazione di Gerusalemme, avvenuta nel quinto mese di quell’anno.
4Mi fu rivolta questa parola del Signore:
5 «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni».
6Risposi: «Ahimè, Signore Dio!
Ecco, io non so parlare, perché sono giovane».
7«Ma il Signore mi disse: “Non dire: “Sono giovane”.
Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò
e dirai tutto quello che io ti ordinerò.
8Non aver paura di fronte a loro,
perché io sono con te per proteggerti».
Oracolo del Signore.
9Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca,
e il Signore mi disse:
«Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca.
10Vedi, oggi ti do autorità
sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire,
per distruggere e abbattere,
per edificare e piantare».
11Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi, Geremia?». Risposi: «Vedo un ramo di mandorlo». 12Il Signore soggiunse: «Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla».
13Mi fu rivolta di nuovo questa parola del Signore: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo una pentola bollente, la cui bocca è inclinata da settentrione». 14Il Signore mi disse:
«Dal settentrione dilagherà la sventura
su tutti gli abitanti della terra.
15Poiché, ecco, io sto per chiamare
tutti i regni del settentrione.
Oracolo del Signore.
Essi verranno
e ognuno porrà il proprio trono
alle porte di Gerusalemme,
contro le sue mura, tutt’intorno,
e contro tutte le città di Giuda.
16Allora pronuncerò i miei giudizi contro di loro,
per tutta la loro malvagità,
poiché hanno abbandonato me
e hanno sacrificato ad altri dèi
e adorato idoli fatti con le proprie mani.
17Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi,
àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti di fronte a loro,
altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro.
18Ed ecco, oggi io faccio di te
come una città fortificata,
una colonna di ferro
e un muro di bronzo
contro tutto il paese,
contro i re di Giuda e i suoi capi,
contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese.
19Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti».
Oracolo del Signore.
2 1Mi fu rivolta questa parola del Signore:
2«Va’ e grida agli orecchi di Gerusalemme:
Così dice il Signore:
Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza,
dell’amore al tempo del tuo fidanzamento,
quando mi seguivi nel deserto,
in terra non seminata.
3Israele era sacro al Signore,
la primizia del suo raccolto;
quanti osavano mangiarne, si rendevano colpevoli,
la sventura si abbatteva su di loro.
Oracolo del Signore.
4Udite la parola del Signore, casa di Giacobbe,
voi, famiglie tutte d’Israele!
5Così dice il Signore:
Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri
per allontanarsi da me
e correre dietro al nulla,
diventando loro stessi nullità?
6E non si domandarono: “Dov’è il Signore
che ci fece uscire dall’Egitto,
e ci guidò nel deserto,
terra di steppe e di frane,
terra arida e tenebrosa,
terra che nessuno attraversa
e dove nessuno dimora?”.
7Io vi ho condotti in una terra che è un giardino,
perché ne mangiaste i frutti e i prodotti,
ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra
e avete reso una vergogna la mia eredità.
8Neppure i sacerdoti si domandarono:
“Dov’è il Signore?”.
Gli esperti nella legge non mi hanno conosciuto,
i pastori si sono ribellati contro di me,
i profeti hanno profetato in nome di Baal
e hanno seguito idoli che non aiutano.
9Per questo intenterò ancora un processo contro di voi
– oracolo del Signore –
e farò causa ai figli dei vostri figli.
10Recatevi nelle isole dei Chittìm e osservate,
mandate gente a Kedar e considerate bene,
vedete se è mai accaduta una cosa simile.
11Un popolo ha cambiato i suoi dèi?
Eppure quelli non sono dèi!
Ma il mio popolo ha cambiato me, sua gloria,
con un idolo inutile.
12O cieli, siatene esterrefatti,
inorriditi e spaventati.
Oracolo del Signore.
13Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo:
ha abbandonato me,
sorgente di acqua viva,
e si è scavato cisterne,
cisterne piene di crepe,
che non trattengono l’acqua.
14Israele è forse uno schiavo,
o è nato servo in casa?
Perché è diventato una preda?
15Contro di lui ruggiscono leoni
con ruggiti minacciosi.
Hanno ridotto la sua terra a deserto,
le sue città sono state bruciate e nessuno vi abita.
16Persino le genti di Menfi e di Tafni
ti hanno umiliata radendoti il capo.
17Non ti accade forse tutto questo
perché hai abbandonato il Signore, tuo Dio,
al tempo in cui era tua guida nel cammino?
18E ora, perché corri verso l’Egitto
a bere l’acqua del Nilo?
Perché corri verso l’Assiria
a bere l’acqua dell’Eufrate?
19La tua stessa malvagità ti castiga
e le tue ribellioni ti puniscono.
Renditi conto e prova quanto è triste e amaro
abbandonare il Signore, tuo Dio,
e non avere più timore di me.
Oracolo del Signore degli eserciti.
20Già da tempo hai infranto il giogo,
hai spezzato i legami
e hai detto: “Non voglio essere serva!”.
Su ogni colle elevato
e sotto ogni albero verde ti sei prostituita.
21Io ti avevo piantato come vigna pregiata,
tutta di vitigni genuini;
come mai ti sei mutata
in tralci degeneri di vigna bastarda?
22Anche se tu ti lavassi con soda e molta potassa,
resterebbe davanti a me la macchia della tua iniquità.
Oracolo del Signore.
23Come osi dire: “Non mi sono contaminata,
non ho seguito i Baal”?
Guarda nella valle le tracce dei tuoi passi,
riconosci quello che hai fatto,
giovane cammella leggera e vagabonda!
24Asina selvatica, abituata al deserto:
quando ansima nell’ardore del suo desiderio,
chi può frenare la sua brama?
Quanti la cercano non fanno fatica:
la troveranno sempre disponibile.
25Férmati prima che il tuo piede resti scalzo
e la tua gola inaridisca!
Ma tu rispondi: “No, è inutile,
perché io amo gli stranieri,
voglio andare con loro”.
26Come viene svergognato un ladro sorpreso in flagrante,
così restano svergognati quelli della casa d’Israele,
con i loro re, i loro capi,
i loro sacerdoti e i loro profeti.
27Dicono a un pezzo di legno: “Sei tu mio padre”,
e a una pietra: “Tu mi hai generato”.
A me rivolgono le spalle, non la faccia;
ma al tempo della sventura invocano:
“Àlzati, salvaci!”.
28Dove sono gli dèi che ti sei costruito?
Si alzino, se sono capaci di salvarti
nel tempo della sventura;
poiché numerosi come le tue città
sono i tuoi dèi, o Giuda!
29Perché contendete con me?
Tutti vi siete ribellati contro di me.
Oracolo del Signore.
30Invano ho colpito i vostri figli:
non hanno imparato la lezione.
La vostra spada ha divorato i vostri profeti
come un leone distruttore.
31Voi di questa generazione,
fate attenzione alla parola del Signore!
Sono forse divenuto un deserto per Israele
o una terra dov’è sempre notte?
Perché il mio popolo dice: “Siamo liberi,
non verremo più da te”?
32Dimentica forse una vergine i suoi ornamenti,
una sposa la sua cintura?
Eppure il mio popolo mi ha dimenticato
da giorni innumerevoli.
33Come sai scegliere bene la tua via
in cerca di amore!
Anche alle donne peggiori
hai insegnato le tue strade.
34Sull’orlo delle tue vesti
si trova persino il sangue di poveri innocenti,
da te non sorpresi a scassinare!
Eppure per tutto questo
35tu protesti: “Io sono innocente,
perciò la sua ira si è allontanata da me”.
Ecco, io ti chiamo in giudizio,
perché hai detto: “Non ho peccato!”.
36Con quale leggerezza cambi strada?
Anche dall’Egitto sarai delusa,
come fosti delusa dall’Assiria.
37Anche di là tornerai con le mani sul capo,
perché il Signore ha respinto coloro nei quali confidi;
da loro non avrai alcun vantaggio.
3 1Se un uomo ripudia la moglie
ed ella si allontana da lui per appartenere a un altro,
tornerà il primo ancora da lei?
Quella terra non sarebbe tutta contaminata?
E tu, che ti sei prostituita con molti amanti,
osi tornare da me?
Oracolo del Signore.
2Alza gli occhi sui colli e osserva:
dove non sei stata disonorata?
Tu sedevi sulle vie aspettandoli,
come fa l’Arabo nel deserto.
Così hai contaminato la terra
con la tua impudicizia e perversità.
3Per questo sono state fermate le piogge
e gli acquazzoni di primavera non sono venuti.
Sfrontatezza di prostituta è la tua,
non vuoi arrossire.
4E ora gridi verso di me: “Padre mio,
amico della mia giovinezza tu sei!
5Manterrà egli il rancore per sempre?
Conserverà in eterno la sua ira?”.
Così parli, ma intanto commetti
tutto il male che puoi».
6Il Signore mi disse al tempo del re Giosia: «Hai visto ciò che ha fatto Israele, la ribelle? Si è recata su ogni luogo elevato e sotto ogni albero verde per prostituirsi. 7E io pensavo: “Dopo che avrà fatto tutto questo tornerà a me”; ma ella non è ritornata. La sua perfida sorella Giuda ha visto ciò, 8ha visto che ho ripudiato la ribelle Israele proprio per tutti i suoi adultèri, consegnandole il documento del divorzio, ma la sua perfida sorella Giuda non ha avuto alcun timore. Anzi, anche lei è andata a prostituirsi, 9e con il clamore delle sue prostituzioni ha contaminato la terra; ha commesso adulterio davanti alla pietra e al legno. 10E nonostante questo, la sua perfida sorella Giuda non è ritornata a me con tutto il cuore, ma soltanto con menzogna». Oracolo del Signore.
11Allora il Signore mi disse: «Israele ribelle si è dimostrata più giusta della perfida Giuda. 12Va’ e grida queste cose verso il settentrione:
Ritorna, Israele ribelle, dice il Signore.
Non ti mostrerò la faccia sdegnata,
perché io sono pietoso.
Oracolo del Signore.
Non conserverò l’ira per sempre.
13Su, riconosci la tua colpa,
perché sei stata infedele al Signore, tuo Dio;
hai concesso il tuo amore agli stranieri
sotto ogni albero verde,
e non hai ascoltato la mia voce.
Oracolo del Signore.
14Ritornate, figli traviati – oracolo del Signore – perché io sono il vostro padrone. Vi prenderò uno da ogni città e due da ciascuna famiglia e vi condurrò a Sion. 15Vi darò pastori secondo il mio cuore, che vi guideranno con scienza e intelligenza. 16Quando poi vi sarete moltiplicati e sarete stati fecondi nel paese, in quei giorni – oracolo del Signore – non si parlerà più dell’arca dell’alleanza del Signore: non verrà più in mente a nessuno e nessuno se ne ricorderà, non sarà rimpianta né rifatta. 17In quel tempo chiameranno Gerusalemme “Trono del Signore”, e a Gerusalemme tutte le genti si raduneranno nel nome del Signore e non seguiranno più caparbiamente il loro cuore malvagio. 18In quei giorni la casa di Giuda andrà verso la casa d’Israele e verranno insieme dalla regione settentrionale nella terra che io avevo dato in eredità ai loro padri.
19Io pensavo:
“Come vorrei considerarti tra i miei figli
e darti una terra invidiabile,
un’eredità che sia l’ornamento più prezioso delle genti!”.
Io pensavo: “Voi mi chiamerete: Padre mio,
e non tralascerete di seguirmi”.
20Ma come una moglie è infedele a suo marito,
così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me».
Oracolo del Signore.
21Sui colli si ode una voce,
pianto e gemiti degli Israeliti,
perché hanno reso tortuose le loro vie,
hanno dimenticato il Signore, loro Dio.
22«Ritornate, figli traviati,
io risanerò le vostre ribellioni».
«Ecco, noi veniamo a te,
perché tu sei il Signore, nostro Dio.
23In realtà, menzogna sono le colline,
e le grida sui monti;
davvero nel Signore, nostro Dio,
è la salvezza d’Israele.
24L’infamia ha divorato fin dalla nostra giovinezza
il frutto delle fatiche dei nostri padri,
le loro greggi e i loro armenti,
i loro figli e le loro figlie.
25Corichiamoci nella nostra vergogna,
la nostra confusione ci ricopra,
perché abbiamo peccato contro il Signore, nostro Dio,
noi e i nostri padri,
dalla nostra giovinezza fino ad oggi;
non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio».
23. Il profeta Geremia, all’inizio della sua chiamata, delinea i problemi personali e della comunità. È un testo che scava nel profondo della vita e degli sbagli del profeta e della comunità.
5. Unità pastorali
24. Quanto abbiamo meditato ci porta a guardare alla concretezza della nostra realtà: siamo in una condizione di contrazione netta della vita delle nostre comunità, sia da un punto di vista demografico che delle attività. Siamo chiamati a reagire a questo mondo che prende sempre più una piega indifferente e talvolta lontana da Dio. È il momento di guardarci negli occhi, di parlarci, di rivolgerci a Dio e poi di agire. Guardiamo da questo punto di vista il lungo cammino delle unità pastorali che abbiamo appena iniziato. Talvolta ci potrà dare l’impressione di essere nel deserto e di avere come unica prospettiva la morte, come per Elia. Dobbiamo rifocillarci e camminare.
25. Il cammino delle unità pastorali sarà veramente operativo quando:
1) Le comunità parrocchiali arriveranno a concepire il territorio di tutte le parrocchie dell’unità pastorale come il proprio territorio.
2) I parroci faranno delle rotazioni intelligenti nel contesto dell’unità pastorale in modo tale che ogni parrocchia veda la domenica l’alternanza di due parroci per le celebrazioni festive (ciò chiede che i parroci considerino anche le parrocchie dove non risiedono importanti come quella di residenza).
3) Al cuore di ogni unità pastorale ci sia almeno una comunità di persone che funga da polo di attrazione e di aggregazione, in quanto vivono le quattro coordinate proposte da papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale del 25 novembre 2020 e alla nostra Diocesi nell’udienza del 17 settembre 2022. Non si tratta di formare delle comunità di élite, ma di sapere cosa siamo: in ogni comunità (in greco ekklesìa, in italiano chiesa) ci deve essere almeno un gruppo di persone che vivono la vita di Chiesa nelle sue quattro coordinate, altrimenti saremmo come un circolo di bridge in cui si fanno tanti giochi ma non ci sono nemmeno quattro persone che giochino a bridge.
4) Le unità pastorali diventeranno una fucina stabile di ministerialità in tutte le direzioni: sia laicali, sia per quanto riguarda il ministero ordinato e la vita consacrata.
6. Appuntamenti importanti
1) Nel 2025 ricorrerà l’850° anniversario dell’erezione della Diocesi di Alessandria. È l’occasione per un’importante riflessione sul mistero vivente della Chiesa che siamo oggi, raccogliendo 850 anni di storia. Non dobbiamo guardare ad esso semplicemente come un evento storico, ma come una grazia che si è sviluppata nella storia e sta portando la nostra amata Chiesa Alessandrina all’incontro con Cristo Signore, quel Gesù che tornerà sulle nubi perché ogni cosa sia ricapitolata in Lui. Vogliamo contemplare la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica e vogliamo contemplarla così nel suo peregrinare verso il Cielo. In essa, come la storia ci insegna, i grandi protagonisti non sono i pastori, diversamente da quanto a noi viene più congeniale pensare, ma i santi, siano essi chierici, religiosi o laici. Credo che dovremmo prepararci a riscoprire le figure dei santi alessandrini, non in ordine a riproporne nuovamente le opere ma, facendoci guidare dallo Spirito Santo, ad imitarne la fede (cfr Eb 13,7).
2) Nel 2025 si terrà il venticinquennale Giubileo della Chiesa Cattolica. Avrà per noi un sapore speciale, congiuntamente all’anniversario dell’erezione della Diocesi. Anche per questo Giubileo vogliamo prepararci affinché non sia un accademico insieme di appuntamenti, ma un evento di grazia che rinvigorisca la nostra Chiesa Locale nel suo intimo. Tra le varie iniziative occorrerà prepararci per tempo all’accoglienza dei giovani di altre nazioni in occasione del Giubileo dei Giovani: abbiamo ricevuto una straordinaria accoglienza in Portogallo come in tutte le GMG. È tempo di ricambiare quanto abbiamo ricevuto.
3) Giova ricordare che la prossima GMG si terrà nel 2027 in Corea del Sud: la partecipazione sarà alquanto dispendiosa in termini economici, soprattutto per via del viaggio. È bene cominciare per tempo a trovare risorse per i nostri gruppi giovanili per favorire la loro partecipazione in Corea. Dal momento che le GMG sono un’esperienza straordinaria di cattolicità della Chiesa e anche un’esperienza spirituale, sarà importante che ogni unità pastorale abbia il maggior numero possibile di giovani che partecipano alla GMG.